L'architettura nella natura
Il rapporto tra architettura e natura ha origini antichissime. I villaggi e le città sono sorte nei luoghi più favorevoli: sulle sponde di un fiume o in un golfo sulla costa per poter utilizzare l’acqua come strada per i commerci e per il sostentamento. Oppure in cima a una collina per difendersi dai nemici e controllare il territorio. Inoltre, i materiali necessari alla costruzione degli edifici erano quasi sempre reperiti in loco, cioè quello che la natura metteva a disposizione, dal legno delle Alpi alle pietre dell’Appennino.
Attraverso il progresso tecnico e alla facilità di reperire materiale anche a centinaia di chilometri, l’uomo ha iniziato a pensare di poter costruire senza dover “rendere conto” alla natura. Così dal modernismo nasce un’architettura universale per la quale il progetto diventa astratto e la sua realizzazione possibile in qualunque luogo e con qualsiasi materiale. Strutture che potrebbero essere ovunque, ma sempre estranee al paesaggio. Così abbiamo visto sorgere palazzi di sei o sette piani in villaggi di montagna, enormi caserme tra dolci colline o giganteschi condomini in riva al mare. Nel linguaggio giornalistico edifici completamente avulsi dalla realtà circostante vengono spesso chiamati “ecomostri”.
Secondo Vittorio Gregotti, al quale è dedicato un ampio articolo su questo numero, l’architettura deve entrare in vibrazione con il contesto o non è. Per Frank Lloyd Wright, fondatore dell’architettura organica, va rifiutata la mera ricerca estetica o il semplice gusto superficiale. Per l’architetto americano la progettazione architettonica dovrebbe creare un’armonia tra l’uomo e la natura, costruire un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale attraverso l’integrazione dei vari elementi artificiali e naturali. Ne è l’esempio più lampante la sua Casa sulla cascata (Casa Kaufmann) del 1936 dove l’edificio appare come la sorgente dell’acqua che scende giù per un breve salto.
Attraverso il progresso tecnico e alla facilità di reperire materiale anche a centinaia di chilometri, l’uomo ha iniziato a pensare di poter costruire senza dover “rendere conto” alla natura. Così dal modernismo nasce un’architettura universale per la quale il progetto diventa astratto e la sua realizzazione possibile in qualunque luogo e con qualsiasi materiale. Strutture che potrebbero essere ovunque, ma sempre estranee al paesaggio. Così abbiamo visto sorgere palazzi di sei o sette piani in villaggi di montagna, enormi caserme tra dolci colline o giganteschi condomini in riva al mare. Nel linguaggio giornalistico edifici completamente avulsi dalla realtà circostante vengono spesso chiamati “ecomostri”.
Secondo Vittorio Gregotti, al quale è dedicato un ampio articolo su questo numero, l’architettura deve entrare in vibrazione con il contesto o non è. Per Frank Lloyd Wright, fondatore dell’architettura organica, va rifiutata la mera ricerca estetica o il semplice gusto superficiale. Per l’architetto americano la progettazione architettonica dovrebbe creare un’armonia tra l’uomo e la natura, costruire un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito e ambiente naturale attraverso l’integrazione dei vari elementi artificiali e naturali. Ne è l’esempio più lampante la sua Casa sulla cascata (Casa Kaufmann) del 1936 dove l’edificio appare come la sorgente dell’acqua che scende giù per un breve salto.
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