Opportunità e svantaggi della deroga al contributo minimo

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Si tratta di un’opzione per i professionisti in difficoltà fino a un massimo di cinque anni anche non consecutivi

Dal 2014 Inarcassa offre la possibilità ai propri iscritti, che prevedono di conseguire nell’anno in corso un reddito professionale inferiore a 15.931 euro¹, di non versare il contributo soggettivo minimo e pagare il 14,5% del solo reddito effettivamente prodotto entro dicembre dell’anno successivo, dopo la presentazione della dichiarazione on line. Sul sito di Inarcassa sono spiegati nel dettaglio i termini dell’opportunità con l’ausilio di esempi che permettono di comprenderne sia i vantaggi sia la limitazione nella maturazione dell’anzianità contributiva ai fini pensionistici. Nel caso in cui un iscritto si dovesse trovare ad avere un reddito particolarmente basso, e quindi impossibilitato a sostenere il pagamento del contributo minimo di 3.055 euro, richiedendo la deroga può più che dimezzare il dovuto che altrimenti è necessario comunque versare indipendentemente dal reddito dichiarato. Facciamo un esempio. Presumiamo che il reddito di un iscritto per l’anno in corso si aggiri intorno ai 5.000 euro e che questo decida di avvalersi della possibilità della Deroga ai minimi. A seguito della sua domanda, che deve essere fatta entro e non oltre il 31 maggio, è comunque tenuto a pagare il contributo minimo integrativo e il contributo di maternità/paternità che, sommati, danno l’importo complessivo di 745 euro, da pagare in due rate, la prima entro il 30 giugno e la seconda entro il 30 settembre. Cosa succede l’anno successivo? Dopo aver pagato i minimi contributivi di 3.055 euro in due soluzioni a giugno e settembre e dopo la dichiarazione online, da effettuare entro il 31 ottobre dell’anno successivo, che attesterà il reddito effettivo dell’iscritto, ipotizziamo appunto 5.000 euro, lo stesso sarà chiamato a pagare, come contributo soggettivo, 725 euro (5.000 x 14,5%) attraverso un MAV che il professionista dovrà generare autonomamente tramite la procedura di dichiarazione on line e versare alla scadenza del 31 dicembre. Bisogna fare attenzione quindi. Il primo anno ci sarà sì l’opportunità di pagare solo 745 euro ma l’anno successivo il professionista sarà chiamato a pagare i consueti minimi, 3.055 euro, più il 14,5% del reddito dell’anno precedente. Nel caso di particolari difficoltà lavorative è possibile usufruire comunque della deroga fino a cinque anni, anche non consecutivi. In questo caso, e ipotizzando di avere sempre per questi cinque anni un reddito di 5.000 euro, l’iscritto dovrà pagare il primo anno 745 euro (come indicato sopra) e gli anni successivi 1.470 (cioè 745 euro alle quali si somma il 14,5% del contributo soggettivo dell’anno precedente). Il sesto anno, non potendo più usufruire della Deroga ai minimi, l’iscritto dovrà versare sempre 3.055 euro da sommare al 14,5% del reddito dell’anno precedente. Invitiamo quindi gli iscritti Inarcassa che pensano di avvalersi della possibilità di derogare i minimi a gestire con attenzione l’anno successivo a quello della deroga. Può essere utile dotarsi di Inarcassa-card e diluire in più rate il pagamento dei contributi da affrontare nell’anno in cui si rientra nel regime ordinario. Nei cinque anni successivi si può riscattare l’annualità oggetto della deroga versando la differenza tra contributo minimo soggettivo dovuto per l’anno di riferimento (2.310 euro) e quello versato effettivamente (nel nostro esempio si trattava di 725 euro). È facoltà dell’iscritto pagare gli interessi di rivalutazione oltre la quota di capitale che, in riferimento all’esempio esposto precedentemente, si aggira intorno ai 25 euro per ogni anno da rivalutare. In pratica, se l’iscritto si è avvalso della deroga nel 2017, entro il 2022 può reintegrare i contributi mancanti per avere l’annualità piena ai fini pensionistici. Passati i cinque anni non sarà più possibile recuperare l’anzianità contributiva perdendo le mensilità corrispondenti. Per quanto riguarda l’anzianità che l’iscritto andrà a perdere, nel caso in cui lo stesso abbia effettuato la deroga ai minimi con un reddito di 5.000 euro, il contributo soggettivo dovuto sarà 5.000 x 14,50% = 725 euro. L’anzianità maturata sarà, quindi, pari a 115 giorni anziché 365: .Nel caso in cui la deroga venga esercitata per un solo anno la riduzione dell’anzianità previdenziale corrisponde a circa otto mesi. Nel caso in cui ci si avvalga della deroga per cinque anni, l’iscritto perde quasi tre anni e mezzo di anzianità previdenziale. Per chi inizia a lavorare molto giovane, per esempio a 25 anni, senza interruzione nella carriera professionale, l’esercizio della deroga non condiziona in modo significativo l’ingresso in pensionamento previsto a 66 anni e tre mesi, potendo contare su un’anzianità comunque superiore a quella minima prevista di 35 anni. Nel caso in cui si inizi la professione intorno all’età di trent’anni, il professionista dovrà ritardare il pensionamento di ulteriori tre anni e mezzo circa qualora non avesse riscattato i periodi oggetto di deroga (nel caso di deroga a cinque anni). Bisogna fare attenzione, però. Se un iscritto volesse riscattare i cinque anni, il costo complessivo dell’operazione si aggirerà intorno agli 8.000 euro, sempre in riferimento all’ipotesi fatta. L’onere del riscatto può essere corrisposto in un’unica soluzione o in rate semestrali pari al numero dei semestri ricompresi nel periodo riscattato. Anche in questo caso si potrà utilizzare l’Inarcassa-Card per gestire al meglio la rateizzazione. Si consiglia comunque di vedere nel dettaglio le possibilità di rateizzazione previste dalla carta. Infine, è importante sottolineare come la deroga al pagamento del contributo soggettivo minimo possa essere considerata una concreta opportunità per chi si dovesse trovare in seria difficoltà e comunque non voglia chiudere la partita Iva per non interrompere, anche sotto il profilo psicologico, l’attività lavorativa professionale. 
 
Ha collaborato alla realizzazione dell’articolo Sergio Ricci.
 



1. I valori indicati sono riferiti all’anno 2018.
 

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