La manovra di bilancio con l’ombra della recessione
L'economia mondiale ha attraversato negli ultimi anni una fase di espansione forte e diffusa che ha portato il tasso di disoccupazione globale vicino ai minimi del 5%. A partire da metà anno, tuttavia, sono aumentati i segnali di un rallentamento del ciclo, anche per effetto della frenata del commercio internazionale e della guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti. Rispetto al 2017, la crescita appare adesso più disomogenea: rimane robusta negli Stati Uniti, dove l’economia beneficia di stimoli fiscali aggiuntivi e del prolungato rialzo delle quotazioni azionarie, rallenta invece nell’area Euro. La frenata coinvolge la Francia e soprattutto la Germania. In Italia, nonostante un incremento, anche se modesto, delle esportazioni, le stime del III trimestre 2018 indicano una flessione del Pil causata da un netto calo degli investimenti; il calo degli ordinativi delle imprese anticipa poi una probabile flessione del Pil anche nel IV trimestre dell’anno. Tutti questi indicatori sono il segnale di una crescente incertezza e di un indebolimento del clima di fiducia di famiglie e imprese sulle prospettive di sviluppo anche a breve termine dell’economia italiana. È l’incertezza, ad esempio, a spingere le famiglie verso i mutui a tasso fisso, che a fine 2018 hanno toccato il picco del 90% delle nuove erogazioni, nonostante il variabile sia ai minimi storici, o a lasciare in parte invenduta l’ultima emissione di BTP.
I principali previsori italiani e internazionali ipotizzano per il 2019-2020 una crescita dell’economia italiana inferiore all’1%, in calo rispetto all’1,6% del 2017 e inferiore alle stime del governo che, per effetto delle misure di stimolo contenute nella manovra di bilancio (cfr. riquadro), prevede un +1,5% nel biennio.
Questo è anche dovuto al fatto che il settore delle costruzioni rimane fermo sui minimi toccati dopo la lunga crisi degli anni precedenti. Il crollo degli investimenti si è infatti arrestato ma la ripresa appare ancora incerta. La continua revisione al ribasso della spesa pubblica per investimenti è un problema per la crescita perché i ritardi cumulati su questo fronte hanno conseguenze sulla dotazione infrastrutturale del Paese e quindi sul potenziale produttivo dell’economia. Il mancato rilancio degli investimenti pubblici non dipende solo dai tagli alle risorse; diverse indagini hanno negli anni messo in evidenza soprattutto i limiti nella capacità progettuale di molte amministrazioni locali ma anche i mutamenti delle regole legati all’attività di regolamentazione degli appalti. Il rallentamento della crescita dell’area euro ha effetti pesanti per l’economia italiana che, a differenza delle altre maggiori economie, non ha ancora recuperato i livelli di prodotto pre-crisi. Il quadro è più preoccupante per il Sud del Paese: le regioni meridionali hanno infatti accusato in misura maggiore della doppia recessione dell’economia italiana (cfr. riquadro).
Rischi potenziali provengono anche dalle borse mondiali. Dopo anni di crescita, i mercati azionari internazionali hanno rallentato a partire dalla metà di maggio, anche a causa dell’intensificarsi delle tensioni commerciali a livello globale. Le quotazioni azionarie Usa sono ai massimi storici, e negli ultimi mesi hanno registrato una flessione; rimane da capire se si tratta di una fase di assestamento o se è iniziata un’inversione di tendenza destinata ad accentuarsi. In Italia, le incertezze sulla formazione del nuovo governo e i timori da parte degli investitori sulla politica economica e sui contorni della manovra hanno spinto al rialzo i differenziali di rendimento fra i titoli di Stato italiani a 10 anni e i corrispondenti titoli tedeschi.
La manovra di bilancio La manovra di bilancio si compone di due provvedimenti: il disegno di legge di bilancio per il 2019 (ddl bilancio) e il D.L. fiscale. Questa manovra presenta un orientamento espansivo, con l’obiettivo di favorire la crescita economica, ridurre i divari territoriali e sostenere l’occupazione, soprattutto quella giovanile. Dal lato dei conti pubblici, le misure del ddl bilancio comportano, rispetto al quadro tendenziale, un peggioramento dei saldi di finanza pubblica. Le misure “espansive”, pari a circa il 2% del Pil, non hanno infatti piena “copertura”, con la conseguenza di aumentare l’indebitamento netto programmatico e di rimandare agli anni successivi il pareggio di bilancio.
Le principali misure di stimolo alla crescita sono riconducibili all’aumento degli investimenti pubblici, agli interventi per l’efficienza energetica, all’introduzione della prima fase della cosiddetta flat tax e della “mini Ires” sugli utili reinvestiti. Le imprese hanno espresso la loro contrarietà all’abolizione dell’ACE perché potrebbe determinare un disincentivo alla patrimonializzazione delle società a favore di forme di finanziamento di debito, e hanno chiesto un maggior impegno dal lato degli investimenti. Oltre due terzi delle risorse sono costituiti da misure socio-assistenziali, come il reddito di cittadinanza e la revisione dei requisiti di pensionamento, per le quali la legge di bilancio si limita a stanziare le risorse, demandandone l’attuazione ad “appositi provvedimenti”. L’introduzione di “quota 100”, oltre ai risvolti di carattere sociale, favorirebbe, nelle previsioni del governo, un turn over delle risorse umane e il ricambio della forza lavoro.
Al momento in cui scriviamo (dicembre 2018), la Commissione europea ha “bocciato” il disegno di Legge di bilancio per la “significativa deviazione” dagli accordi del Patto di stabilità e crescita. La Commissione considera inoltre troppo ottimistiche le stime di crescita del Pil. Per i tecnici europei, se si dovessero concretizzare i rischi al ribasso sull’andamento dell’economia per il 2019, i conti pubblici italiani potrebbero registrare un ulteriore peggioramento. La Commissione ha chiesto dunque un’azione più incisiva sulla correzione del deficit e un riequilibrio delle misure a favore degli investimenti, annunciando l’apertura di una procedura d’infrazione prevista dai Trattati europei nel caso in cui l’Italia non dovesse rivedere la sua politica di bilancio. Il Governo ha aperto il confronto con le istituzioni europee e sembra intenzionato a rivedere le stime del deficit del 2019 dal 2,4% al 2%. I “ritocchi” alla manovra riguarderebbero le dismissioni immobiliari e un ulteriore intervento sulla spending review. ■
APPROFONDIMENTO 1 - LE PRINCIPALI MISURE PER LA LIBERA PROFESSIONE E LE CASSE
Il Governo, con la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF) di settembre, ha corretto i principali saldi di finanza pubblica in seguito alla revisione al ribasso delle stime sulla crescita. Nel quadro tendenziale, l’indebitamento netto viene stimato in peggioramento all’1,2% del Pil nel 2019, rispetto allo 0,8% previsto ad aprile 2018. Questo dato sconta il maggior gettito IVA derivante dall’attivazione della “clausola di salvaguardia”, al netto del quale l’indebitamento aumenterebbe dall’1,2% all’1,9%. Nel programmatico, che tiene conto della manovra, il Consiglio dei ministri ha adottato un percorso diverso di rientro del saldo strutturale, con un indebitamento netto più elevato e pari al 2,4% del Pil nel 2019.
Sempre nel quadro programmatico, il debito pubblico dovrebbe evidenziare un profilo lievemente decrescente, passando dal 131,2% del Pil nel 2017 al 126,7% nel 2021. Nello scorso decennio, il debito sul Pil è aumentato in tutte le maggiori economie europee a seguito della recessione. In alcuni paesi, come Germania e Spagna, il ritorno della crescita economica (più elevata rispetto all’Italia) ha già consentito la riduzione del debito sul Pil. In Francia, il rapporto ha invece continuato ad aumentare fino al 2017. In Italia il picco è stato raggiunto nel 2014; nel triennio successivo la riduzione è stata di 0,6 punti.
Principali misure di interesse per libera professione e Casse
Libera professione • “Centrale progettazione opere pubbliche” • “resto al sud”: estesione ai professionisti • “regime forfetario”: estensione per ricavi fino a 65.000€ • imposta sostitutiva: introdotta aliq. 20% per ricavi tra 65.001 e 100.000€ Casse di previdenza • “investimenti qualificati”: in aumento dal 5% all’8% dell’attivo patrimoniale
• Centrale progettazione opere pubbliche e InvestItalia
La “Centrale” si configura come una struttura dotata di autonomia amministrativa e organizzativa, di cui potrebbero avvalersi le amministrazioni pubbliche centrali e locali per la progettazione di opere pubbliche. Dovrebbe offrire servizi di assistenza tecnica e assicurare standard di qualità per la preparazione e valutazione dei progetti. L’impostazione fortemente dirigista del provvedimento ha attirato critiche da parte di tutti gli operatori e gli addetti ai lavori. L’istituzione di un organismo centralizzato sottrarrebbe al mercato quote rilevanti di attività economica. Inoltre, non garantirebbe una chiara distinzione tra controllori (PA) e controllati (liberi professionisti), con il rischio di aumentare le inefficienze e generare conflitti di interesse. Bisognerebbe invece agire sulla chiarezza dei ruoli e sullacomplementarietà tra pubblico e privato, senza penalizzare la libera professione. Il progetto prevede anche la creazione di InvestItalia, una struttura di missione alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, per valutare i programmi di investimento infrastrutturali e le esigenze di riammodernamento, verificare gli stati di avanzamento ed elaborare studi di fattibilità economico-giuridico di progetti di investimento. • “Resto al sud” La misura introdotta dal D.L. 91/2017 è stata estesa ai liberiprofessionisti e la platea è stata ampliata agli under 45, in luogo degli under 35. L’agevolazione consiste nella copertura dei costi di avvio di nuove iniziative imprenditoriali, con una doppia forma di finanziamento: una quota è erogataa fondo perduto e l’altra tramite un prestito a tasso zero. • Regime “forfettario” Il regime agevolato, che prevede attualmente un’aliquota proporzionale del 15% (sostitutiva di Irpef e Irap) applicata ad una base imponibile forfetaria, interesserà chi ha conseguito ricavi/compensi fino a 65.000 €. Restano invariati i coefficienti di redditività differenziati per attività economica da applicare ai ricavi per determinare l’imponibile, pari al 78% per i professionisti. La soglia dei 65.000 € costituisce l’unico requisito di accesso:vengono eliminati i limiti relativi al costo dei beni strumentali (20.000€) e delle prestazioni di lavoro (5.000€). • Imposta sostitutiva del 20% Dal 2020, le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che conseguono ricavi/compensi compresi tra 65.001 e 100.000 euro possono optare per un’imposta sostitutiva del 20%. Altre misure di natura fiscale riguardano l’introduzione di un regime agevolato per gli utili reinvestiti in beni strumentali o destinati a nuove assunzioni, che consistono in una riduzione dell’imposta di 9 punti percentuali, una proroga del cosiddetto iper ammortamento, e una proroga delle detrazioni per interventi di efficienza energetica e ristrutturazione edilizia. Per le Casse di previdenza, viene aumentata all’8% la quota dell’attivo patrimoniale che può essere destinata ad “investimenti qualificati” per poter usufruire dell’esenzione sui relativi proventi finanziari.
APPROFONDIMENTO 2 - CRESCE IL DIVARIO TRA NORD E SUD, UN FENOMENO “EUROPEO”
Le regioni meridionali hanno risentito in misura maggiore della doppia recessione registrata dall’economia italiana nel corso degli ultimi 10 anni: non hanno tratto beneficio della lieve ripresa del 2010 mentre hanno accusato in misura marcata del forte calo della domanda interna nel successivo biennio senza avvantaggiarsi, come nel resto del Paese, dello straordinario aumento delle esportazioni che ha fatto seguito all’espansione dell’economia mondiale. Rispetto al periodo pre-crisi, il Pil risulta più basso di circa il 9% al Sud, meno della metà del Centro Nord.
Queste divergenze si riducono in termini di Pil pro capite per effetto delle migrazioni esterne ma anche di quelle interne. L’aumento della dispersione è un fenomeno comune ad altri paesi, in particolare Regno Unito e Spagna. Le differenze si sono invece ridotte in Germania dove è proseguito il percorso di convergenza Est-Ovest iniziato con la riunificazione del 1990. Queste divergenze in aumento possono offrire un contributo anche alla lettura dei risultati politici e referendari nei diversi paesi.
In Italia, la riduzione di queste divergenze riflette un fenomeno che, in prospettiva, rischia di allargare ulteriormente i divari territoriali perché incide sul potenziale di lungo periodo. Nel Mezzogiorno, infatti, le migrazioni verso il Nord hanno interessato in misura crescente individui istruiti e giovani studenti universitari, impoverendo in pratica la dotazione di capitale umano e le prospettive di sviluppo del territorio. In dieci anni questi flussi hanno coinvolto circa 700 mila individui, di cui il 20% laureati.
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