Il Ponte Musmeci la straordinaria opera da mettere in sicurezza
presenta evidenti segni di incuria
A breve il restauro per la candidatura
a bene Unesco
“L’ aderenza fra forma e contenuto statico diviene un’esigenza più impellente quando si progettano i ponti”, affermava Sergio Musmeci. Ingegnere civile e aeronautico, nacque a Roma nel 1926 e divenne noto con il progetto del ponte sul fiume Basento in Basilicata, infrastruttura dove architettura e ingegneria si fondono in una combinazione più unica che rara. Simbolo della città di Potenza, questo ponte che, purtroppo, continua a perdere pezzi, presenta preoccupanti segni di degrado. Fortunatamente, già da alcuni anni, sono in corso studi ed eventi per la promozione di interventi di manutenzione e conservazione e sono stati già stanziati dei fondi per il restauro. Dichiarato, nel 2003, dal Ministero per i Beni e le Attività culturali “Monumento di Interesse Culturale”, questo ponte è il primo ad aggiudicarsi un vincolo del genere, a livello nazionale, apposto a un’opera del Novecento. Ora il suo obiettivo più alto è quello di ricevere il riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Questa struttura è caratterizzata da un’unica membrana in cemento armato e modellata a tal punto da sembrare una mano aperta che, con le sue dita, sorregge l’impalcato. Questa forma deriva dagli studi effettuati da Musmeci su modelli realizzati con membrane di gomma e film di sapone. Durante i suoi trent’anni di attività, Musmeci progetta numerose opere infrastrutturali che rappresentano il frutto delle sue ricerche, iniziate nel 1950 con il ponte sull’Autostrada del Sole (concorso di progettazione a cui partecipò appena laureatosi) finalizzato alla ricerca dell’arco limite, il Ponte sul Lao in Calabria, basato su un traliccio formato da elementi tutti in compressione e il Ponte Tor di Quinto a Roma, le cui membrane a “V” preludono al successivo progetto realizzato, il Ponte sul Basento a Potenza. Non meno straordinario, il progetto per il Ponte sullo Stretto di Messina, molto apprezzato da Bruno Zevi e che valse, a Musmeci, il primo premio ex-equo per il sistema strutturale progettato.
Nel periodo di ricostruzione postbellico c’è grande fermento in Italia per le infrastrutture che diventano delle vere e proprie opere d’arte di ingegneria e di architettura, capaci di attirare l’attenzione internazionale e di permettere ai nostri progettisti di portare nel mondo la cultura del cemento armato che caratterizzava l’Italia in quel periodo. Nel 1964 viene inaugurata l’Autostrada del Sole che collega Milano a Napoli. Il tratto Napoli-Pompei-Salerno, invece, era già stato completato tre anni prima. Nel 1962 partono i lavori della Salerno-Reggio Calabria e, contemporaneamente, la progettazione e la realizzazione di altre straordinarie infrastrutture in calcestruzzo, icone della Scuola Italiana di Ingegneria. In questo frangente si colloca il ponte Musmeci che sfrutta al massimo le potenzialità del calcestruzzo armato, un materiale potentissimo, generosissimo e che si presta a tutte le forme.
“Non c’era mai stata una struttura in cui lo spazio entrasse in ogni punto, producendo in ogni punto una curvatura, una tensione continua. La volta di Potenza - afferma Musmeci - è una specie di generalizzazione, nello spazio tridimensionale, di un concetto che per secoli è rimasto piano.” Il ponte ha resistito bene anche al terremoto del 1980 in Irpinia, ma oggi richiede un intervento di restauro adeguato e un piano di manutenzione periodica prima che accada l’irreparabile. Strutturalmente il Ponte sul Basento è costituito da una membrana in calcestruzzo armato di 30 cm e presenta quattro archi contigui a interasse di 69,20 metri con luce libera fra gli appoggi di 58,80 metri. Ognuno di questi archi assorbe le forze dell’impalcato superiore in corrispondenza di quattro coppie di appoggi. Due campate contigue sono collegate da una struttura a volta che poggia, in quattro punti, sulle fondazioni. Queste sono state costruite su pali di un metro di diametro, mentre, alle due estremità, gli archi terminali trasmettono i carichi al terreno di sedime. L’impalcato principale, costituito da una soletta superiore di 16 centimetri e una inferiore di 14 centimetri, è una struttura a cassone composta da una sequenza di travi continue su quattro appoggi. La volta, invece, è stata costruita cominciando dalle parti situate direttamente sulle fondazioni, successivamente sono state eseguite le singole campate con reimpiego dei casseri. La campata sul Basento ha richiesto un banchinaggio particolare e così pure quella sul fascio dei binari della stazione ferroviaria per evitare interruzioni al traffico.
Bruno Zevi afferma che il ponte sul Basento rappresenta una vittoria “sull’inerzia mentale, l’assopimento della fantasia, gli ostacoli burocratici sempre interposti a qualsiasi gesto sperimentale”. L’opera di Musmeci, però, ancora oggi, non è completa secondo le disposizioni progettuali. La volta del ponte, infatti, doveva essere attrezzata come passaggio pedonale, mentre l’area sottostante doveva essere sistemata a parco. Questi interventi, affermava Musmeci, “sono molto importanti per conseguire la completa fruibilità dell’oggetto architettonico, per ottenere cioè il suo definitivo inserimento, come presenza caratterizzante, nel tessuto territoriale”. Il ponte è stato progettato, infatti, per inserirsi nel paesaggio fluviale, quasi per confondersi con questo, seguendone le forme e diventandone parte. Ma facciamo qualche passo indietro per capire la grandiosità di quest’opera già nella fase progettuale e sperimentale e l’importanza di tutelarla e restaurarla. Siamo negli anni Sessanta e il presidente del Consorzio industriale di Potenza e dirigente del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Gino Viggiani, individua l’importanza di realizzare un ponte che, sorpassando il fiume Basento e la linea ferroviaria, colleghi l’area industriale con la città, con l’obiettivo di trasformarne il suo assetto urbanistico. Nella successiva fase esecutiva, dopo le approvazioni dei vari enti competenti e prima di procedere alla realizzazione dell’opera, viene effettuata una sperimentazione su un modello in microcalcestruzzo in scala 1:10, per la verifica dell’efficienza raggiunta dalla forma della volta. Viene realizzato, così, un modellino comprendente due campate del ponte che viene sottoposto a carico di diverse tonnellate con l’uso di martinetti idraulici. Anche la fase di realizzazione si rivela di grande interesse in quanto eseguita direttamente in opera, senza far ricorso ad elementi di prefabbricazione. La volta è stata costruita cominciando dalle parti situate direttamente sulle fondazioni, successivamente sono state eseguite le singole campate con reimpiego dei casseri. La campata sul fiume ha richiesto un banchinaggio particolare, come pure quella sul fascio dei binari della stazione ferroviaria per evitare interruzioni al traffico.
Negli ultimi anni a Potenza, grazie all’impegno dell’Amministrazione comunale e all’Università della Basilicata, insieme agli Ordini professionali degli architetti e degli ingegneri di Potenza, sono state organizzate numerose iniziative volte a valorizzare l’opera e a promuoverne la tutela. Anche il filmato “La ricerca della forma”, promosso da Effenove srls, che è stato premiato allo Sci-Doc di Lisbona, ha permesso di far conoscere quest’opera che presto sarà candidata a Patrimonio dell’Unesco. Grazie all’interesse manifestato durante numerosi eventi culturali e alla necessità imminente di ripristinare zone degradate del ponte, l’operazione che si sta portando avanti consiste nel definire un sistema di interventi volti al recupero e al restauro del ponte. Al momento, il Comune di Potenza è in una fase di valutazione, fattibilità economica in particolare, per poi passare all’emanazione dei bandi di concorso che permetteranno anche di intervenire sull’area sottostante e portare a completamento ciò che era già previsto nel progetto di Musmeci. Questo garantirà la completa accessibilità e fruizione dell’opera con un adeguato impianto di illuminazione e riqualificazione dell’area sottostante la struttura, così come definito nell’esistente progetto di “riqualificazione e recupero del Parco Fluviale del Basento”. In questo progetto, infatti, sono previsti interventi di sistemazioni esterne e aree parcheggi sotto il ponte, la strutturazione di un percorso pedonale con la contestuale realizzazione di aree di sosta pedonale, nonché interventi per l’illuminazione interna del ponte fornita da proiettori a led. Ripercorrendo un po’ le varie fasi di questo processo, dobbiamo ricordare che nel 2009 la Direzione Regionale per i beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata (DIREGBAS) e la Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio della Basilicata (SBAP) hanno stipulato due convenzioni con il DiSGG dell’Università della Basilicata per continuare lo studio del Ponte a Potenza e con l’obiettivo del restauro conservativo di quest’opera.
Lo scorso 7 giugno, poi, si è tenuto a Brindisi il Convegno “La ricerca della forma. Sergio Musmeci. Il genio”, organizzato dall’Ordine degli architetti PPC e l’Ordine degli ingegneri di Brindisi, con il patrocinio del CNI, di Fondazione Inarcassa, del Maxxi e del CNAPPC con la proiezione del documentario e un’occasione per interrogarsi sul degrado in cui versa il patrimonio architettonico e artistico italiano. Da qui l’impegno a procedere il prima possibile nell’intervento di manutenzione e restauro del Ponte sul Basento, affinché un’opera così importante possa continuare a vivere e a garantire la funzione per la quale è stata progettata. Ma soprattutto perché vicende gravi come quella di Genova non accadano più. Al momento è in corso la redazione dello studio di fattibilità, come detto, e la data prevista di avvio dei lavori è il 1° gennaio 2020 con data di conclusione prevista per il 31 dicembre 2020. Il costo totale dell’operazione e il piano di copertura finanziario sono pari a 3 milioni di euro. Si pensi che la superficie da recuperare, oltre al ponte stesso, è pari a 9 mila metri quadri che caratterizzano tutta l’area lungo il fiume Basento. Tutto il progetto di questo ponte, compresa la sistemazione esterna, è ben visibile nel materiale custodito presso l’archivio Musmeci Sergio e Zanini Zenaide, moglie di Sergio, presso il Museo Maxxi di Roma. L’intero archivio è stato donato, infatti, dalla famiglia al Maxxi per dare la possibilità a tutti di conoscere questa grande opera e tutti gli altri progetti frutto del genio di Sergio Musmeci che affermava: “L’architettura, e non soltanto quella strutturale, è un campo dove oggi occorre rischiare. Chi non rischia vuol dire che sta imitando oppure ripetendo. Se si vuole invadere un campo nuovo, si deve affrontare l’ignoto”.
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