Le Libere professioni, fra valenza economica e utilità sociale
La società irrazionale. È il quadro a tinte contrastanti che gli italiani hanno dipinto, inconsapevolmente, nel 2021, sulla tela intrecciata dal Censis con la Ricerca che annualmente interpreta i più significativi fenomeni socioeconomici dell’attualità. Lo ha portato alla luce all’inizio di dicembre il “ 55° Rapporto Annuale sulla situazione sociale del Paese” con il quale, attraverso il riscontro della platea rappresentativa selezionata per l’indagine, il Centro Studi Investimenti Sociali analizza le principali sfaccettature di cui è contraddistinta la struttura della realtà italiana nel suo complesso.
Una rassegna di elementi di matrice statistica alquanto nutrita di dati raccolti e risultati delle analisi condotte, che si configurano in una rappresentazione sistematica dei fenomeni e delle tendenze che li hanno determinati, da cui emergono contenuti conoscitivi che potremmo ritenere uno spaccato della società reale, nelle sue diverse forme. Come in un graffito, la ricerca scopre i Capitoli assegnati ai settori d’interesse contenuti nelle quattro Parti della Ricerca. Le “Considerazioni Generali”, nella prima, sono seguite nella Parte II dall’indagine su “La società italiana al 2021”, mentre “Settori e soggetti del sociale”, nella terza, sono articolati nei Capitoli: – Processi formativi – Lavoro, professionalità, rappresentanze – Il sistema di welfare – Territori e reti – I soggetti economici dello sviluppo. Conclude il Rapporto la Parte IV “Mezzi e processi” con i Capitoli: – Comunicazione e media - Sicurezza e cittadinanza.
Da decenni il Rapporto Censis è lo specchio discreto della condizione italica, mai come quest’anno, però, ha raggiunto un grado di diffusione tanto elevato e un riverbero dei media che potremmo definire virale, indubbiamente grazie all’aspetto curioso del nostro immaginario e all’abilità comunicativa nella selezione dei temi più accattivanti che lo riguardano. E così, nella Parte II, “La società italiana al 2021” è balzata all’attenzione del pubblico, declinata, appunto, con l’aggettivo irrazionale; in un’alternanza di interessi e stupori che fa emergere la natura composita di una società; che, peraltro, non necessariamente deve essere considerata diversa da qualunque altra. Ma tant’è.
La Ricerca si caratterizza per uno sfondo imprevedibile, da cui traspare una società, oggi a tutti nota come irrazionale, ma fino a ieri niente affatto immaginabile fosse tale, persino in una ipotetica ricostruzione filmica spiccatamente orwelliana. Non può essere sfuggita la lista accurata delle fantasiose pensate su notizie e avvenimenti oggetto della ricerca, sapientemente centellinate che, per questo, maggiormente hanno catturato l’attenzione del pubblico. Nel nostro paese, infatti, si scopre quanto siano diffuse diverse “tecno- fobie”, si passa “ dal 19,9% degli italiani che considera la tecnologia 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone” e si arriva “ al negazionismo scientifico, con il 10% della popolazione convinta che l’uomo non sia mai sbarcato sulla luna e il 5,8% sicuro che la Terra sia piatta”. A questa irrazionalità diffusa, al perché l’irrazionale abbia “infiltrato il tessuto sociale”, viene data una spiegazione: “è la spia di qualcosa di più profondo, delle aspettative soggettive tradite che provocano la fuga nel pensiero magico. Siamo nel ciclo dei rendimenti decrescenti degli investimenti sociali” (fonte: Rapporto Censis 2021).
Senz’altro. Ma, essendo lontana da noi l’idea di interferire nel mestiere dei sociologi, spostiamo l’attenzione sul Capitolo che riguarda il nostro status professionale, quello libero, che nel fitto indice del Rapporto Censis potrebbe essere sfuggito al grande pubblico e non ci sorprenderebbe.
Lavoro, professionalità, rappresentanze. Il nostro è uno scenario d’indagine più circoscritto e omogeneo, infatti, e trova spazio all’interno del Capitolo “Lavoro, professionalità, rappresentanze” dove, tra le componenti che caratterizzano questo vitale ambito della società, è trattata anche la parte dedicata alle libere professioni.
L’analisi del comparto che appare in questo strato del graffito, ci è sembrata interessante e meritevole di essere portata all’attenzione dei colleghi, per guardare da vicino quale sia la percezione del servizio offerto dalle libere professioni che emerge nell’esperienza quotidiana e, perché no, nell’immaginario collettivo.
E ci è parso utile anche verificare come venga valutato il loro ruolo, quanto sia elevato il grado di soddisfazione delle attività svolte nei diversi ambiti della società. Il quadro che viene rappresentato in riferimento al periodo dal 2008 al 2020, tuttavia, riguarda l’intero comparto del lavoro indipendente, che in Italia comprende poco più di 5 milioni di occupati, avendo subito una contrazione di 719.000 unità, pari a -12,5%; mentre, nello stesso periodo, il lavoro dipendente è aumentato di oltre mezzo milione di occupati: 532.000 (+3,1%), nonostante le ripetute crisi economiche succedutesi dal 2008 (fonte: Rapporto Censis 2021).
L’utilità sociale delle competenze espresse dai liberi professionisti. Entrando nel nostro ambito “ancora più ristretto” il Rapporto indica un aumento nell’accesso alle libere professioni del 20,9% (241.000 occupati) nel periodo considerato, anche se questo dato tra il 2019 e il 2020 riporta un segno negativo per 38.000 occupati. Ma si mantiene intatta l’attrazione che continua ad esercitare la libera professione: “è un’attività prestigiosa per il 40,0% degli italiani”, “valorizza le competenze acquisite e l’impegno dedicato allo studio”, oltre ad essere “per il 34,1% degli intervistati un lavoro utile, importante per la collettività”. Cresce l’aspettativa sul futuro: “il 27,8% della popolazione confida nelle risorse europee ed ha fiducia nell’attuazione del Pnrr, elementi in grado di garantire occupazione e sicurezza per i lavoratori e le famiglie” (fonte: Rapporto Censis 2021).
La tematica è stata oggetto del Rapporto di ricerca “ Il primato dell’utilità sociale. Il valore delle competenze delle libere professioni ”, elaborato dal Censis, in collaborazione con AdEPP, dell’ottobre 2021. L’Associazione degli Enti Previdenziali Privati al suo attivo vanta tra gli altri la raccolta dei Rapporti annuali sulla Previdenza Privata, elaborati dal proprio Centro Studi, in cui sono raccolti i risultati sullo stato delle professioni, di sicuro interesse per la nostra categoria.
L’inclusione dell’ utilità sociale delle libere professioni, negli argomenti trattati dal 55° Rapporto Censis ci offre l’opportunità di accennare i contenuti del Rapporto di ricerca Censis-Adepp in una sintesi informativa, rimandando ogni approfondimento al documento (fonte da cui sono tratti i dati riportati nel seguito).
Il Contesto della Ricerca è ristretto a una Demografia Under 30 e Over 60; il mondo delle libere professioni è rappresentato in segmenti distinti dalla cronologia del percorso formativo: immatricolati, iscritti e laureati nelle università italiane; il parametro di osservazione è il tasso di occupazione dei laureati.
Età media della popolazione residente. Il contesto italiano degli ultimi 40 anni, a partire dal 1982 ad oggi, preso a riferimento nel Rapporto, evidenzia un aumento dell’età media della popolazione residente considerata, variabile dai 35,9 al 45,7 anni e una previsione al 2050 relativa a uno scenario mediano che raggiunge i 50,1 anni.
Residenti di età fino a 34 anni. Per contro, la variazione percentuale dei giovani fino a 34 anni è caratterizzata da una regressione dal 47,1% registrato nel 1991 al 33,3% del 2021 e una previsione del 30,1% nel 2050. Una regressione che, dopo il primo ventennio caratterizzato da una discesa più accentuata, dal 2011 fa rilevare una riduzione pressoché costante, che dovrebbe mantenersi tale fino al 2050.
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Under 30 e Over 60. Per quanto riguarda la popolazione ricompresa nelle fasce d’età under 30 e over 60, l’analisi del periodo 1995- 2021 rileva, per la fascia d’età under 30, una riduzione da 21,1 a 16,5 mln e a 14,5 mln nella proiezione al 2050; mentre, per la fascia over 60, registra un aumento da 12,7 a 17,8 mln nel 2021 che si prevede raggiungano i 23,1 mln nel 2050. Ciò si traduce in un invecchiamento della popolazione, con uno scarto fra over 60 e under 30 di -8,4 mln nel 1995, di -2,0 mln nel 2010 e di +1,4 nel 2021, che in previsione dovrebbe addirittura essere di +8,6 mln nel 2050.
Immatricolati all’università per anno accademico e area geografica di residenza 2013/14 – 2020/21. In questo contesto, per quanto riguarda il campione che accede al percorso formativo universitario, suddiviso in: immatricolati, iscritti e laureati, i dati dell’indagine risentono notevolmente della localizzazione geografica dell’Ateneo di immatricolazione, che nel periodo considerato oscillano dai 58.824 del Centro, ai 112.793 del Mezzogiorno ed ai 113.635 del Nord nell’anno accademico 2013/14 e dai 68.485 del Centro, ai 118.920 del Mezzogiorno ed ai 137.095 del Nord, cui corrisponde una crescita media di immatricolazioni nel Paese da 288.876 a 330.898 nel periodo considerato.
Iscritti all’università per anno accademico e area geografica di residenza 2010/11 e 2020/21 (v.a.)
Fonte: Rapporto Censis - Adepp, ottobre 2021.
Iscritti all’università per anno accademico e area geografica di residenza 2010/11 – 2020/21. Gli iscritti fanno registrare nel periodo considerato una diminuzione nel Paese dell’1,6% - da 1.821.818 a 1.793.210 -, mentre il numero cresce o diminuisce in funzione dell’area geografica di residenza.
Laureati all’università nell’anno per area geografica di residenza, 2010 e 2020. Il numero dei laureati è variabile con l’area geografica di residenza e nel decennio 2010-2020 fa registrare un incremento nel Paese del 20,5%, da 286.174 a 344.850; l’incremento maggiore per area geografica al Centro-Nord 19,6%, da 172.482 a 206.207.
Laureati nelle università italiane per gruppi disciplinari, 2010 e 2020. Il gruppo disciplinare Economico fa rilevare la maggiore percentuale di laureati e in crescita, con una variazione dal 15,4% al 17,2 %, quello Medico-Sanitario- Farmaceutico invece subisce una riduzione dal 13,1% al 12,1%, appena sotto, troviamo Ingegneria Industriale e dell’Informazione che salgono dal 9,5% al 12,0%, mentre, più staccato e con una flessione dal 7,0% al 5,0 %, il gruppo delle discipline di Architettura e Ingegneria Civile.
Tasso di occupazione dei laureati di 30-34 anni per area disciplinare, genere e ripartizione geografica, 2019. L’area disciplinare prevalente nel Paese, per aree geografiche e nella distinzione di genere è rappresentata dall’area Medico-Sanitaria-Farmaceutica fra l’80,3% e il 90,2%; a seguire la Scientifica e Tecnologica variabile fra 71,7% e 88,4%, la Socioeconomica e giuridica fra 69,7% e 87,0%, infine l’area umanistica e servizi con una forbice fra 68,0% e 81,5%.
La metodologia e il campione. La metodologia adottata è basata su interviste di rilevazione con questionario somministrato a un campione (vedi tabella) della popolazione italiana.
Laureati all’università nell’anno per area geografica di residenza, 2010 e 2020 (v.a.)
Fonte: Rapporto Censis - Adepp, ottobre 2021.
Laureati nelle università italiane per gruppi disciplinari, 2010 e 2020 (v.a.)
Fonte: Rapporto Censis - Adepp, ottobre 2021.
Tasso di occupazione dei laureati di 30-34 anni per area disciplinare, genere e ripartizione geografica, 2019 (%)
Fonte: Rapporto Censis - Adepp, ottobre 2021.
I temi dell’indagine. L’indagine ha l’obiettivo di valutare l’utilità sociale delle competenze espresse dai liberi professionisti nell’esercizio delle attività che, per la loro peculiarità, rappresentano un valore sociale ed economico per il Paese. In ogni ambito in cui esse si esplicitano, attraverso i servizi altamente qualificati, messi a disposizione della collettività, emerge il ruolo esclusivo di una componente sociale ed economica di rilievo. Così, i contenuti che danno corpo alla Ricerca si articolano lungo un percorso conoscitivo attraverso 8 temi che ne mettano in luce il grado (in %) di affidabilità e utilità (fonte: Rapporto Censis-Adepp ottobre 2021).
- L’approccio analizza gli aspetti su cui si basa la richiesta di una prestazione professionale; tra i quali emerge che: il 30,0 degli intervistati indica il livello di competenza, titolo di studio e specializzazione conseguita; il 21,8 l’anzianità professionale e l’esperienza riconosciuta; il 19,8 il prestigio personale e la reputazione nel settore professionale; il 16,5 il grado di organizzazione dell’attività e il 9,3 la presenta su internet e i commenti sui social e nella propria rete di contatti; il 2,6 non sa/non risponde.
- La seconda valutazione riguarda situazioni e circostanze che condizionano negativamente l’attività del libero professionista in Italia e le risposte segnalano: l’assenza di un’adeguata strumentazione tecnologica 32,9; nessuno di quelli indicati 25; essere un professionista giovane 16,2; essere una professionista donna 12,3; esercitare la professione in una regione del sud 11,3.
- Alla richiesta di indicare quale sia la fonte di informazione più affidabile nella scelta di un libero porofessionista, il 47,1 risponde la segnalazione o il suggerimento di altri professionisti o persone conosciute; il 22,2 il consiglio di amici, parenti, conoscenti; il 15 l’esperienza e l’intuito personale; l’11,9 internet e il 3,8 non sa, non risponde.
- Il quesito 4 ricerca gli elementi più importanti per valutare una prestazione professionale di qualità e i riscontri si riferiscono a: correttezza e trasparenza di comportamento per il 58,3 dei soggetti intervistati; il rapporto qualità/prezzo della consulenza, per il 35,8; il risultato raggiunto in tempi brevi, per il 21,3; il risultato raggiunto al costo più basso per l’11,4; non risponde lo 0,5.
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- Nella scelta di dissuadere o incoraggiare il figlio/nipote/amico che volesse intraprendere gli studi per diventare libero professionista, oltre a dirgli di fare quello che gli piace, il 15,1 cercherebbe di dissuaderlo e l’84,9 lo incoraggerebbe.
- La percezione della libera professione: motivi per incoraggiare (A) o non (B) la scelta di studi per diventare libero professionista, fattori a favore o contro: A) Attività prestigiosa, che fa valere le competenze e l’impegno nello studio per il 40,0; lavoro utile, perché svolge un’attività importante per la collettività per il 34,1; ormai ultima scelta per fare un lavoro dignitoso per il 15,3; attività di sicuro ritorno in termini di reddito, per il 10,6 B) non vale la pena, dati i tempi necessari per conseguire i titoli per esercitare la professione per il 10,5; attività troppo faticosa, difficile da gestire e complicata per i troppi adempimenti, per il 19,9; tipo di scelta che non garantisce più dai rischi di precarietà, per il 37,8; tipo di scelta che non garantisce più livelli di reddito adeguati, per il 31,% degli intervistati.
- Quali, tra i soggetti della classe dirigente del Paese indicati, si ritiene che perseguano in maniera più disinteressata gli obiettivi di crescita economica e sociale dell’Italia – Nessuno di quelli indicati 27,3; Professionisti 19,1; Imprenditori e manager di grandi imprese 19,3; Docenti universitari 11,0; Sindaci e amministratori locali 12,7; Parlamentari 12,6; Alti dirigenti dello Stato, della PA 9; Vertici di parti e movimenti politici 8,7; Opinionisti, editorialisti, esperti, opinion makers 6,5; Vertici dei sindacati e degli organismi di rappresentanza di categoria 7,4; Banchieri 5,6.
- A quali dei soggetti della classe dirigente del Paese si attribuisce la caratteristica di “casta”, cioè élite chiusa, centrata sui propri interessi – Banchieri 24,5; Vertici di parti e movimenti politici 23,7; Alti dirigenti dello Stato, della PA 23,5; Vertici dei sindacati e degli organismi di rappresentanza di categoria 12,2; Docenti universitari 11,0; Imprenditori e manager di grandi imprese 10,8; Sindaci e amministratori locali 7,5; Nessuno di quelli indicati 6,2; Professionisti 4,5; Opinionisti, editorialisti, esperti, opinion makers 4,2.
- Il ruolo delle libere professioni nella soluzione dei principali problemi del Paese: Corruzione 31,8; Evasione fiscale e lavoro sommerso 28,7; Miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza della PA 14,9%; Pressione fiscale 20,2; Disuguaglianze economiche e territoriali 15,7; Manutenzione delle infrastrutture materiali (strade…) Incertezza dei tempi della giustizia civile e penale 19,1; Riduzione di casi di malasanità 14,8; Rischi idrogeologici e ambientali 14.3; Accesso alla sanità delle categorie svantaggiate 11,1; Certezza e chiarezza del quadro normativo 10,1, Consumo di suolo e speculazione edilizia 7,6; Rischi di violazione della riservatezza di dati personali 3,3.
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- Situazione generale e familiare: ottobre 2021, rispetto ai primi mesi dell’anno: Rimasta Stabile - Situazione del nucleo familiare (Snf) 73,9 e Situazione generale Italia (SgI) 40; Peggiorata - (Snf) 18,5 e (SgI) 38,5; Migliorata - (Snf) 7,6 e (SgI) 21,4 - Nel 2022 rispetto al 2021: Rimasta Stabile - (Snf) 61,1 e (SgI) 38,8; Migliorata - (Snf) 20,7 e (SgI) 35,3%; Peggiorata - (Snf) 18,2 e (SgI) 25,9%.
I risultati chiave della ricerca - Declino demografico e invecchiamento. Fattori da non sottovalutare, per gli impatti diretti su università e professioni, indiretti su capitale umano nel lungo periodo. - Domanda di prestazioni professionali: competenza, anzianità ed esperienza guidano la domanda, che identifica la qualità di una prestazione professionale, con la correttezza e la trasparenza. - Fonte d’informazione: altri professionisti o persone competenti - La Percezione degli italiani: utilità per la collettività e prestigio delineano la percezione degli italiani; non attribuiscono ai professionisti l’appartenenza ad una “casta”; concordano sul loro ruolo di “classe dirigente” - Il Contributo: soprattutto se possono, contribuiscono a risolvere problemi come la corruzione, l’evasione fiscale, la pressione fiscale e le disuguaglianze - Le Aspettative: crescono le attese degli Italiani nei confronti del miglioramento della Pubblica Amministrazione e le associamo al contributo che i professionisti possono dare su questa criticità. ■
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