Società tra professionisti e società d'ingegneria e d'architettura

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È assai attuale il tema delle società tra professionisti (STP) che si vorrebbero disciplinare nell'ambito dello statuto del lavoro autonomo. Una formula che dovrebbe aderire meglio dello studio associato alle esigenze della professione ma che, pur esistente da tempo, non ha ottenuto successo tra gli architetti e gli ingegneri perché, a nostro avviso, implica la responsabilità patrimoniale solidale e illimitata dei soci. I medesimi invece hanno sviluppato numerose piccole società d'ingegneria in forma di S.r.l., di proprietà dei soci professionisti e da decenni operano nel pubblico e nel privato, in base alle originarie prescrizioni della “Merloni”. Le S.r.l. sono strutture che consentono una stabile organizzazione di risorse umane e strumentali e il regime fiscale di competenza, quasi indispensabile quando gli incarichi richiedono investimenti significativi e sono destinati a protrarsi per più esercizi fiscali.

È evidente che non si devono confondere con queste le grandi società d'ingegneria, di proprietà di soci di capitale, che sono una minoranza in termini numerici, se non di fatturato, e che possiedono una forza propositiva e d'interdizione che ha loro consentito d'operare nel tempo, malgrado i divieti, in tutti i regimi giuridici.

Infatti anche gli architetti e gli ingegneri necessitano di strumenti societari di capitale – magari con proprietà prevalente in capo a liberi professionisti iscritti agli albi professionali – per competere a livello nazionale e internazionale, sul mercato interno ed estero, con le forti organizzazioni che si contendono i medi e grandi lavori, con le loro capacità organizzative, finanziarie e di marketing.

In particolare, i giovani professionisti e gli studi che hanno intenzione di crescere e d'internazionalizzarsi difficilmente possono farlo senza soci di capitale che permettano d'effettuare gli investimenti e d'affrontare i relativi rischi. In alternativa vi sono le banche che, quand'anche disponibili, rappresentano debiti difficilmente estinguibili con le attuali prospettive di lavoro.

Invece il problema urgente è che l'abolizione delle tariffe minime ha cancellato ogni limitazione alle offerte al ribasso e alle prestazioni sotto costo e che il concetto di corretta concorrenza rimarrà sempre ambiguo, se non si riuscirà a identificarlo proprio con il divieto di svolgere prestazioni sotto costi standard, verificati e condivisi dalle categorie professionali.

Per sviluppare e rendere praticamente applicabile nel breve questo ragionamento si può già partire dalla definizione dei costi di pura “produzione” del servizio intellettuale, facendo riferimento all’applicativo web sviluppato dal CRESME, di concerto con il CNAPPC, (http://www.awn.it/servizi/costi-studio-professionale). Uno strumento che appare del tutto idoneo a costituire l'ossatura di una più completa casistica, che l'insieme degli attori del mondo delle professioni potrebbe espandere e promuovere congiuntamente.

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