I 60 anni di Inarcassa

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Cresce la presenza femminile e il numero degli architetti

Il 4 marzo 1958 fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge n. 179 che istituiva la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri e Architetti: nasce, così, Inarcassa. Sei decenni che hanno visto l’ente crescere sia per numero di iscritti, sia per il patrimonio gestito. Ripercorriamo brevemente le tappe più importanti della sua storia.
 
 
 
 

1958 - La legge n. 179 istituisce la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri e Architetti.

1971 - Legge n. 1046: la Cassa diventa l’ente di previdenza dei soli liberi professionisti.

1981  - Legge n. 6: riforma del sistema pensionistico basato su contribuzione e prestazioni proporzionate al reddito e non più a importo fisso e “simbolico”.

1995 - Privatizzazione della Cassa che diviene Inarcassa, con un nuovo statuto, aumento del numero dei delegati: precedentemente il Comitato nazionale dei delegati era composto da rappresentanti provinciali per gli ingegneri e regionali per gli architetti, ora i delegati sono un ingegnere e un architetto per ogni provincia, in considerazione dell’aumento progressivo del numero degli architetti iscritti.

2012 - Riforma del sistema pensionistico: viene approvato il nuovo statuto e il nuovo regolamento generale di previdenza che prevede il passaggio dal sistema retributivo al contributivo.

 
Ma come è cambiata Inarcassa negli anni? Come è variata la platea degli iscritti dal 1958 ad oggi?
 

1960 - Gli iscritti erano 33.293, così suddivisi: ingegneri 29.211 (13.595 liberi professionisti, 12.380 dipendenti, 2.786 ultra 65enni); architetti 4.082 (2.980 liberi professionisti, 3.767 dipendenti, 315 ultra 65enni).

1970 - Gli iscritti erano 42.529, ma nel 1971 le cose cambiano in seguito alla legge 1046 che comporta la cancellazione dalla Cassa dei lavoratori dipendenti.

1972 - Gli iscritti sono 15.171 (circa 2/3 ingegneri e 1/3 architetti).

1980 - Gli iscritti sono 31.025 (ingegneri 17.663, architetti 13.362: gli architetti aumentano proporzionalmente rispetto agli ingegneri).

1987 - Gli iscritti sono 37.370, gli architetti, per la prima volta, superano gli ingegneri.

1990 - Gli iscritti sono 42.089 (ingegneri 18.871, architetti 23.207).

2000 - Gli iscritti sono 86.608 (ingegneri 38.301, architetti 48.308).

2010 - Gli iscritti sono 155.208 (ingegneri 70.295, architetti 84.913).

Oggi - Gli iscritti sono 168.109 (ingegneri 79.264, architetti 88.845 che rappresentano il 53% degli iscritti).
 
Nei decenni dal 1990 al 2000 e dal 2000 al 2010 il numero degli associati raddoppia. Dal 2013 ad oggi si nota una sostanziale stabilità, che, dopo i continui aumenti, tende a stabilizzarsi sulle 168 mila unità. Nel contempo aumenta la componente femminile: all’atto della costituzione gli iscritti sono quasi esclusivamente uomini. Nel 1970 le donne rappresentano ancora una piccola percentuale, ma da quel momento in poi inizia una progressiva crescita. Nel 2000 le donne sono il 18,5% degli iscritti, nel 2010 il 25%, nel 2016 il 26%.
Anche il rapporto tra iscritti e pensionati è ovviamente variato. Nel 1962, all’erogazione delle prime pensioni, il valore era di 16 attivi per un pensionato, nel 1970 di 6 a 1. Un brusco calo si registra nel 1972 dopo la cancellazione dei dipendenti quando si registra un rapporto insostenibile, pari a un pensionato ogni due lavoratori. Poi negli anni Ottanta la forchetta torna ad allargarsi. Nel 1990 il rapporto è di 4 a 1, nel 2000 di 6 a 1, nel 2017 di 5,3 a 1 (quest’ultimo dato è da intendersi provvisorio in attesa del Bilancio Consuntivo 2017).
Negli anni cambiano anche le classi di età degli iscritti. Nel periodo 2000-2007, in merito alla composizione percentuale per fasce di età, il 48,1% degli architetti e quasi il 47,5% degli ingegneri hanno meno di 40 anni.
Per gli ingegneri, la percentuale più elevata si colloca nella fascia di età 31-35 anni (21,4%), mentre per gli architetti in quella immediatamente successiva, compresa fra 36 e 40 anni (23,0%). Nelle fasce di età più elevate gli iscritti evidenziano un trend decrescente fino ai 65 anni, per risalire lievemente in corrispondenza di età superiori (4,8% sul totale). Rispetto al 2000, si osserva un lieve aumento degli iscritti nelle classi di età fra i 51 e i 65 anni (dal 17% nel 2000 al 21,4% nel 2007). Nel 2010 gli iscritti dichiaranti sono per il 44% con età fino a 40 anni, per il 27% con età tra 40 e 50 anni, il 16% tra 50 e 60 anni, il 7% tra 60 a 65 anni, il rimanente 6% oltre 65 anni. Nel 2016, a fronte di un numero di associati pari a 168.402, un terzo è composto da professionisti di età inferiore a 40 anni, un terzo di età tra 41 e 50 anni, un altro terzo oltre i 51 anni.
Cosa è successo al patrimonio di Inarcassa, partito da zero all’atto della sua costituzione? In 60 anni è passato da zero a 1 miliardo di euro nel 1993, a più di 2 miliardi nel 2001.
 

 
Ha superato i 3 miliardi nel 2005 e ha raggiunto i 10 miliardi nel 2017.
Anche la composizione del patrimonio è variata nel tempo. La quota immobiliare rispetto al totale era quasi il 75% nei primi anni: si è stabilizzata tra il 60% e il 45% fino a inizio anni ‘80, per scendere poi a circa il 30%, in seguito all’adozione di una strategia calibrata di investimenti basata su un asset allocation che viene predisposta da uffici, consulenti e Consiglio di Amministrazione e approvata annualmente dal Comitato nazionale dei delegati. Questa strategia ha come obiettivo quello di ottenere la massima redditività possibile nell’ambito di un rischio prestabilito, investendo con grande differenziazione in modo da calibrare rischi e rendimenti. È dunque evidente la grande crescita di Inarcassa, ma anche la sua graduale trasformazione. Nata come ente di previdenza per dare una risposta a una categoria non tutelata dallo Stato, quella dei professionisti ingegneri e architetti, con un sistema basato su contribuzione a quota fissa e prestazioni analogamente bloccate e uguali per tutti, con contribuzione e prestazione di importi molto ridotti, quasi un segno di appartenenza a una categoria più che una risorsa per la vecchiaia all’atto della cessazione dell’attività, si è trasformata in ente previdenziale e di assistenza vero e proprio, con contribuzioni e prestazioni analoghe a quelle del mondo dipendente, con la differenza che l’onere per la contribuzione è totalmente a carico dell’associato.
Come sono variate le prestazioni? Negli anni sono aumentate per importi, tipologie e nu-mero di fruitori. Nel 1980 i pensionati erano 9.655 per un importo totale di 1.080 mila euro, nel 1990 erano 10.740 per un importo totale di 2.444 mila euro, nel 2000, 13.965 per un importo totale di 146.405 mila euro, nel 2010, 16.369 per un importo totale di 301.714 mila euro, nel 2017 (preconsuntivo) 32.060 con un esborso di 616.010 mila euro. Si evidenzia come il numero sia cresciuto nel tempo, ma come sia anche cresciuto il valore medio delle pensioni, da € 10.483 del 2000 agli attuali € 19.214. Attualmente il bilancio di Inarcassa è in attivo: anche quello di previsione per il 2018 indica un avanzo di esercizio di 430 milioni di euro; ciò sta a significare che la totalità delle entrate (contributi, proventi accessori quali canoni di affitto ecc., proventi finanziari) supera il totale delle uscite per prestazioni, costi, imposte, svalutazioni.
 

 

Cosa ci attendiamo dal futuro? Come dovremo affrontarlo? La sfida è grande: nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una riduzione dei redditi medi degli iscritti, legata al periodo di crisi da cui forse si sta lentamente emergendo. Analogamente la resa dei mercati finanziari è stata più contenuta rispetto al passato. Tutti questi elementi invitano alla prudenza e all’attenzione per allontanare sempre più nel tempo il punto in cui il totale delle uscite dovesse pareggiare e poi superare le entrate, dando inizio alla fase di erosione del patrimonio. L’impegno del Comitato nazionale dei delegati, con il Consiglio di amministrazione e con gli uffici, ha come obiettivo il mantenimento dell’equilibrio tra entrate e uscite, per garantire la sostenibilità della nostra Cassa per il futuro, in modo da assicurare agli iscritti il raggiungimento di una pensione proporzionata alla sua contribuzione e continuare ad erogare loro anche servizi e assistenza.
 

 

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