Attrazione fatale
Ci risiamo. In questa torrida estate, tra stucchevoli promesse, inutili proclami, capricci e piagnistei, dispetti e dispettucci, è ripartita l’ennesima e, va detto, quantomai indesiderata campagna elettorale. Stavolta, a farla da padrone non è la politica, ma il più becero dei populismi che, nel suo vuoto cosmico, rigurgita – tra un Calippo e un drink – l’arduo tema delle pensioni, per mancanza di idee. Chi conosce la materia, come le Casse di previdenza dei liberi professionisti, sa che è solo fumo negli occhi degli elettori, perché i problemi sono altri e dovranno essere affrontati in sedi assai più adeguate. Volendo a tutti i costi cimentarsi su questi argomenti, i molti partiti in corsa dovrebbero impegnarsi a rendere meno incompatibili i rapporti tra versamenti contributivi, tra domanda di previdenza e assistenza, capacità di assorbimento del mercato del lavoro e invecchiamento della popolazione.
Un cerchio difficile da far quadrare se pensiamo che ogni governo tende sempre a riformare le riforme. Una tela di Penelope che ci costringe a rivedere funzioni, competenze e impegni per contrastare bizzarrie normative previdenziali e rottamazioni estemporanee di tutele sociali nella sanità e nella sicurezza del lavoro.
Lo sa bene il prof. Cassese che, qualche settimana fa, ha ripercorso la storia legislativa della nostra privatizzazione mettendo in luce, una volta per tutte, i molteplici tentativi dello Stato di attrarre le Casse nel sistema pubblico, rosicchiandone l’autonomia per aggredirne i patrimoni, “costituiti con i contributi di privati professionisti e destinati a uno scopo specifico, senza incidere sui saldi di finanza pubblica”.
Le Casse di previdenza – ha spiegato il giurista – sono tra gli esempi più significativi di quei corpi intermedi, come le fondazioni, le banche e le assicurazioni, il cui ruolo istituzionale e sociale è consacrato nei principi costituzionali. Come tali, avremmo dovuto essere sostenuti nella nostra autonomia, non osteggiati e ridimensionati come invece è avvenuto con gli interventi normativi degli ultimi trent’anni. Siamo stati ritenuti “organismi di diritto pubblico” senza tuttavia esserlo. E siamo stati assimilati alla pubblica amministrazione applicando, ad esempio, le norme sulla spending review e sulle procedure di evidenza pubblica. Come se non bastasse, ora rischia di aggiungersi il nuovo Regolamento sugli Investimenti, che il prof. Cassese ha definito “pericoloso” poiché, non tenendo conto della specificità dei singoli enti, potrebbe compromettere l’efficienza gestionale a esclusivo beneficio di una traboccante e tentacolare burocrazia capace solo di generare immobilismo.
“Fesserie” diranno i baldi candidati responsabili di questa folle e improvvida tornata elettorale, per liquidare impegni troppo seri da affrontare, optando, col ciuffo al vento, per la rincorsa a ben più facili consensi. Per noi, invece, la gestione della previdenza è cosa seria, anzi serissima. Dobbiamo e vogliamo uscire dal guado, avendo da un lato la sponda pubblica e dall’altro l’impossibilità di raggiungere quella privata. E faremo sentire forte la nostra voce per recuperare quella piena autonomia che fu appositamente voluta dal legislatore. Perché, come ha ricordato il prof. Cassese, “la gestione della previdenza dei liberi professionisti oltre a essere di rilievo costituzionale, è di importanza primaria per lo Stato e per questo non può comportare la conseguenza di rendere le Casse enti pubblici, così come non sono pubbliche le banche, che gestiscono il credito e il risparmio dei cittadini”.
Siamo investitori di lungo periodo e, in quanto tali, non vogliamo vivere di regole contingenti. Siamo soggetti privati e la nostra autonomia decisionale è il più importante presidio della bontà delle nostre politiche. Siamo un ente che produce welfare, che amministra e garantisce la previdenza e l’assistenza dei nostri associati. La garanzia di questa funzione e degli asset che la presidiano non potrà essere subordinata a iniziative non compatibili con le nostre finalità. Regole certe, una governance fondata su trasparenza e correttezza, sani e prudenti investimenti con adeguati criteri di rischio e remunerazione.
Solo su queste basi e a queste condizioni Inarcassa offrirà in dote al prossimo governo il proprio know how e sarà pronta a concorrere con rinnovata determinazione, al raggiungimento dei migliori obiettivi in tutti i settori della politica, dell’economia e della cultura.■
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