#SEVALGO1EURO: equità senza compenso
Sono le 13.30 del 30 novembre quando il tabellone di Montecitorio scandisce la definitiva conversione in legge delDecreto fiscale 2017. Con 237 voti favorevoli, 156 contrari e 3 astenuti, le misure sull’equo compenso vengono messe in sicurezza all’interno di una norma che si estende a tutti i liberi professionisti, anche a coloro non iscritti agli Ordini. Di equo dunque qualcosa rimane. Ma del compenso no, non resta nulla. A decretarne la fine ci ha pensato il Consiglio di Stato con una brutta sentenza, che resterà agli annali della storia per aver bruscamente riportato il Paese a un’epoca buia.
È di alcuni giorni fa un nuovo scandaloso bando, che permette a un Comune d’Italia di mettere a gara la progettazione per l'efficientamento energetico di due scuole, al valore di 1 euro. Puntualmente la nostra Fondazione li ha diffidati, ma il fatto resta grave. Grave perché uno Stato che disconosce la moneta offrendo corrispettivi evanescenti per retribuire il lavoro, è uno Stato che ha tradito la sua Carta Costituzionale e si è arreso per mancanza di liquidità.
Una prestazione professionale remunerata in pubblicità e non in denaro, riporta a un’economia arcaica, di gran lunga antecedente lo scambio monetario. Riaffiora, il Medio Evo en travestì da new economy. E ripropone, come unica via di sopravvivenza, l’antica formula del baratto. Del denaro, quello vero, resta il ricordo racchiuso in 1 euro a valore simbolico e non certo di mercato.
Chissà cosa ne penserà l’Agenzia delle Entrate, che potrebbe aver titolo ad attendersi che tali corrispettivi siano sottoposti a tassazione. Giacché è quello stesso Stato che, in veste di soggetto impositore, stabilisce che le tasse vadano pagate – e pagate, quelle sì, in moneta sonante – anche sui valori percepiti sotto forma di beni e servizi. Un baratto dunque neanche indolore.
Non solo. In un sistema di scambio senza denaro, non è possibile risparmiare una parte del reddito, dal momento che il risparmio può avvenire solo acquistando beni non deperibili, il cui valore non si riduca nel corso del tempo. Di questo passo non ci resterà che accettare il versamento dei contributi obbligatori per le pensioni dei nostri iscritti in sale e grano. Beni deperibili quanto la notorietà, con buona pace della sostenibilità a 50 anni.
Se si consente alle pubbliche amministrazioni di bandire gare con compensi pari a un euro, come si potranno pagare i contributi previdenziali o investire parte del proprio fatturato in aggiornamento e formazione? È la contribuzione che rende concreta la tutela previdenziale. Una contribuzione basata su versamenti obbligatori, calcolati in ragione dei redditi prodotti.
Inarcassa non può e non intende accettare distorsioni, perché è la Cassa di Previdenza di noi Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti e porta la responsabilità di 170.000 associati; lavora per tutelare i più anziani e per far crescere i colleghi più giovani; per sostenere i tanti in difficoltà, garantendo pensioni e assistenza certe non soltanto a noi, ma alle nostre famiglie e ai nostri figli.
Abbiamo lanciato #sevalgo1euro per unire i liberi professionisti in una campagna di tutti, voluta per sollecitare il rispetto da parte delle istituzioni dei principi sanciti dalla Costituzione: il diritto a una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato, così come il diritto alla tutela previdenziale. Siamo alle porte delle elezioni politiche e #sevalgo1euro deve continuare ad essere la nostra voce. Il voto dei liberi professionisti vale molto più di un euro. E chi lo vorrà, dovrà meritarselo. ■
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