L’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita

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Il quadro normativo di riferimento in Inarcassa e un confronto con altri sistemi previdenziali.

In tutte le economie avanzate, la demografia rappresenta uno dei maggiori rischi per i rispettivi sistemi previdenziali. Natalità in progressiva riduzione (salvo lodevoli eccezioni) e aumento continuo della speranza di vita stanno infatti determinando un progressivo invecchiamento della popolazione, con effetti negativi sulla sostenibilità di lungo periodo dei sistemi di welfare. In questo contesto, l’indicazione dei principali organismi internazionali, come ad esempio l’Ocse, è a favore di un posticipo dell’età di pensionamento per attenuare l’impatto delle variabili demografiche, migliorando, al contempo, la sostenibilità finanziaria e l’adeguatezza delle prestazioni future. L’aumento dei requisiti di accesso alla pensione può essere regolamentato dal quadro normativo oppure essere affidato a meccanismi automatici di riequilibrio come, l’’aggancio’ dell’età alla speranza di vita. L’articolo, dopo una breve analisi comparata del contesto europeo (paragrafo 1), esamina il meccanismo di adeguamento automatico dell’età pensionabile adottato dal sistema pensionistico italiano (paragrafo 2). Nell’ambito delle Casse di previdenza, questa scelta è stata effettuata da Inarcassa, come da altre due Casse (Ragionieri e Farmacisti); il meccanismo di Inarcassa, che si basa sulla mortalità specifica della propria popolazione di riferimento per il calcolo della speranza di vita media, viene messo a confronto con quello del sistema pubblico (paragrafo 3).

1. Invecchiamento e meccanismi automatici di riequilibrio finanziario: l’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita nei regimi previdenziali europei
Tutti i sistemi previdenziali sono soggetti a rischi di varia natura, che manifestano effetti significativi sia sulla sostenibilità finanziaria di medio-lungo periodo sia sull’adeguatezza delle future pensioni.
Diversi sono i fattori che interagiscono tra loro: i) il funzionamento del mercato del lavoro, caratterizzato da precarietà e variabilità dei redditi; ii) i rischi di natura economico-finanziaria, legati a sfavorevoli prospettive di crescita economica; iii) i rischi demografici, che derivano dal processo di invecchiamento della popolazione, caratterizzato da aumenti attesi della speranza di vita media a fronte di bassi tassi di fecondità; iv) il rischio settoriale, tipico delle Casse di previdenza che si rivolgono a categorie circoscritte di lavoratori; v) i rischi normativi.

 

Fonte: Italia (Istat, 2022); Paesi UE (Eurostat, 2022); UK (Ocse, 2020); Giappone (Ocse, 2021)

La transizione demografica determinerà nei prossimi decenni, per tutte le maggiori economie, un calo della popolazione e un forte processo di invecchiamento, che, unitamente alla fuoriuscita dal mercato del lavoro dei baby boomers, manifesteranno effetti negativi sulla sostenibilità dei sistemi di welfare e, in particolare, su quelli previdenziali. In Italia, la transizione demografica è attesa in misura ancora più consistente, per il basso tasso di fecondità e l’elevata speranza di vita media nel confronto con le altre economie europee (cfr. fig. 1).
In questo contesto, assumono un ruolo centrale i meccanismi automatici di riequilibrio finanziario per la tenuta dei regimi previdenziali, come ad esempio l’età pensionabile “agganciata” alla speranza di vita media per attenuare gli effetti delle variabili demografiche.

Fonte: Italia (Istat, 2022); Paesi UE (Eurostat, 2022); UK (Ocse, 2020); Giappone (Ocse, 2021)
1) L’età pensionabile non si riduce, ma è previsto il recupero in occasione dei successivi adeguamenti.
Fonte: Ocse, Pensions at a glance (dicembre 2021)

Per alcune istituzioni internazionali, come l’Ocse e la Commissione Europea un aspetto fondamentale, in presenza di una popolazione che invecchia, è l’aumento dell’età pensionabile sia ai fini della sostenibilità dei regimi previdenziali sia in un’ottica di adeguatezza delle prestazioni, anche se non attenua le iniquità tra generazioni.
Questo aumento deve essere accompagnato, sottolinea l’Ocse, da politiche attive del lavoro e interventi per la formazione continua, capaci di “mantenere” occupati i lavoratori anziani (over55 o più) ed evitare, in questo modo, il pension gap. Le categorie più a rischio sono i lavoratori più deboli contrattualmente e/o meno qualificati, per i quali l’aumento dell’età pensionabile può tradursi in periodi di inoccupazione e dunque in un aumento della povertà.
Programmi di pensionamento anticipato possono essere previsti, ma senza generare costi per le future generazioni e, dunque, con correzioni di natura attuariale della pensione (o quota di pensione) di natura retributiva, in un’ottica di equità intergenerazionale. Nelle principali economie europee, l’età pensionabile ordinaria si colloca sui 66-67 anni, con possibilità di anticipare il pensionamento (cfr. fig. 2).
Dal confronto tra sistemi previdenziali basati sul sistema finanziario della ripartizione (pay-as- you-go), emerge che solo alcuni paesi hanno adottato meccanismi automatici di riequilibrio finanziario per contrastare gli effetti negativi delle variabili demografiche sulla sostenibilità.
I principali meccanismi automatici individuati dall’Ocse riguardano:
- l’adozione del metodo di calcolo contributivo, previsto in 5 paesi: Italia, Svezia, Norvegia, Polonia, Lettonia;
- l’adeguamento dell’età pensionabile all’evoluzione della speranza di vita media attesa, adottato da 6 paesi: Italia, Olanda, Finlandia, Portogallo, Grecia, Estonia (cfr. tab. 1).
In altri paesi europei, come Germania e Francia, l’aumento dei requisiti pensionistici non è affidato a meccanismi automatici, ma opera mediante interventi normativi volti ad assicurare l’equilibrio di lungo periodo del sistema previdenziale.

Fonte: Istat (2022)                                                                                                                                                     Fonte: Istat (2015)                                                                                                                                                                         
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La cadenza dell’adeguamento automatico è annuale in Portogallo, Olanda, Finlandia e Estonia, biennale in Italia, triennale in Grecia (tab. 1).
Inoltre, a seguito di una riduzione della speranza di vita, alcuni paesi riducono l’età pensionabile, mentre altri (Italia e Olanda) la mantengono inalterata, salvo però, nei successivi adeguamenti, non aumentare l’età finché la riduzione non viene del tutto recuperata.


2. Sistema previdenziale pubblico in Italia
2.1 Il meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici
In Italia, il processo in atto di invecchiamento della popolazione in atto è più consistente che in altre economie europee; negli ultimi decenni, è proseguito il forte aumento della speranza di vita, a fronte di un tasso di fecondità molto basso (fig. 3 e 4). Questo processo è previsto accelerare nei prossimi decenni. La speranza di vita media della popolazione italiana è stata di 82,6 anni nel 2022, anche se emergono differenze per genere, area geografica e titolo di studio (cfr. fig. 5).
Nel sistema previdenziale pubblico, l’adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla speranza di vita non è stato introdotto all’epoca della Riforma Dini (L.335/1995), ma successivamente, nell’ambito della manovra 2009 (D.L.78/2009), che aveva previsto la decorrenza del primo adeguamento dal 2015, poi anticipata al 2013. Inizialmente la cadenza era triennale, poi è diventata biennale dal 2019 (cioè dopo l’ultimo adeguamento triennale effettuato l’1/1/2019).
La cadenza è allineata a quella dei Coefficienti di trasformazione del metodo contributivo, introdotti con la L.335/1995 e per i quali l’aggiornamento era all’inizio decennale, poi triennale dal 2013 e, infine, biennale dal 2019. Il meccanismo di adeguamento dell’età è stato oggetto, fino al 2017, di ripetuti interventi normativi, che ne hanno meglio disciplinato il funzionamento (cfr. Allegato 1).
L’adeguamento riguarda: i) la Pensione di vecchiaia, in particolare il requisito di età, mentre l’anzianità minima (di 20 anni) non è soggetta ad alcun adeguamento; ii) la Pensione anticipata, ossia il requisito di anzianità (non è previsto un requisito di età per questa tipologia di pensione). Il quadro normativo disciplina, inoltre, come evidenziato nella tab. 2, il funzionamento del meccanismo:
- le modalità di calcolo della variazione della speranza di vita media;
- la misura dell’adeguamento dei requisiti. Ad esempio, in caso di aumento della speranza di vita, è previsto un aumento massimo dell’età/anzianità pensionabile di 3 mesi. Se la speranza di vita diminuisce, non si procede ad alcun adeguamento; pertanto, il requisito di età/anzianità non si riduce ma rimane invariato. In sede di adeguamenti successivi, si procederà al recupero della variazione negativa della speranza di vita.

 

(1) La variazione della speranza di vita media è calcolata come differenza tra la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento e la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente.
(2) Recupero da effettuare in sede degli aggiornamenti successivi.

 

A livello procedurale, vi sono due passaggi:
i) l’Istat rende disponibile il dato sulla variazione della speranza di vita media;
ii) il Decreto MEF, di concerto con Ministero del lavoro, stabilisce l’adeguamento dei requisiti, almeno un anno prima della decorrenza di ogni aggiornamento.
A partire dal 1° adeguamento del 2013, sono stati finora effettuati 5 adeguamenti (cfr. tab. 3).

I primi tre, effettuati con cadenza triennale, hanno determinato un aumento dei requisiti pensionabili di 3 mesi dal 2013, e di ulteriori 4 e 5 mesi a decorrere, rispettivamente dal 2016 e 2019.
In occasione dei successivi due adeguamenti (2021 e 2023), effettuati su base biennale, non ci sono stati incrementi dei requisiti pensionabili, in quanto la speranza di vita media non è aumentata.

1) Per le donne l’età pensionabile è più bassa fino al 2017.
(2) Il disegno di Legge di Bilancio per il 2024, all’esame del Parlamento per la conversione in legge, prevede che l’adeguamento sia “bloccato” fino al 2024.


In particolare, per l’adeguamento del 2021 la speranza di vita è rimasta invariata; nel passaggio dalla cadenza triennale a biennale, in sede di prima applicazione, la differenza è stata calcolata tra la media del biennio 2017- 2018 e il valore del 2016 (perché il 2015 era stato già utilizzato nel calcolo del precedente adeguamento del 2019).
Per l’adeguamento del 2023, per effetto della più alta mortalità del 2020 dovuta al Covid, la variazione della speranza di vita (differenza tra la media dei valori del 2019 e 2020 e la media di quelli del 2017 e 2018) è risultata negativa (-3 mesi, cfr. Decreto MEF 10/11/2021); in base alla normativa, non si procede ad una riduzione dell’età, ma il calo della speranza di vita verrà recuperato.
Anche per il prossimo adeguamento biennale 2025-2026, come previsto dal recente Decreto MEF (GU 17/10/2023), l’età rimarrà invariata, in quanto la speranza di vita è risultata in calo di 1 mese.
La riduzione cumulata della speranza di vita media si porta quindi a 4 mesi che, in base alla normativa attuale, dovranno essere recuperati in occasione dei successivi adeguamenti. Va evidenziato che i dati sulla speranza di vita utilizzati per ogni adeguamento non sono molto recenti e fanno riferimento a un periodo di almeno 2 anni prima la decorrenza dell’aggiornamento. Questo dipende anche dal fatto che il Decreto MEF deve essere pubblicato almeno un anno prima dell’entrata in vigore dell’adeguamento.


2.2 Pensione di vecchiaia ordinaria e anticipata: l’evoluzione dei requisiti di pensionamento
Per effetto dell’adeguamento automatico, a partire dal 2013, sono aumentati i requisiti della Pensione di vecchiaia ordinaria e della Pensione anticipata (cfr. tab. 4).
Per la Pensione di vecchiaia, il requisito di età è aumentato di un anno, passando da 66 anni nel 2012 a 67 anni nel 2019; successivamente, considerando che la speranza di vita non è ulteriormente aumentata, l’età è rimasta stabile. Il requisito minimo di 20 anni di anzianità contributiva, non soggetto ad adeguamento, è rimasto invariato.
Per la Pensione anticipata, il requisito di anzianità, previsto indipendentemente dall’età, è aumentato in occasione degli adeguamenti del 2013 e 2016, passando da 42 anni e 3 mesi (41a+3m per le donne) del 2012 a 42 anni e 10 mesi (41a+10m per le donne) dal 2016; successivamente, l’adeguamento automatico è stato bloccato fino al 2026.
Oltre alla Pensione anticipata, il nostro ordinamento prevede altri canali per favorire la flessibilità in uscita, quali Quota 103 e Opzione donna (cfr. Allegato 2).


3. I requisiti di pensionamento nelle Casse di previdenza
Nell’ambito delle Casse di previdenza, oltre ad Inarcassa, solo due Casse prevedono l’adeguamento automatico dei requisiti di pensionamento: Cassa Ragionieri ed Enpaf.

(1) Per la pensione anticipata il calcolo è interamente contributivo.
(2) In alternativa, è prevista la pensione di anzianità con 62 anni e 40 di anzianità e con obbligo di cessazione dell’attività.
(3) A fronte di una contribuzione forfetaria (ossia non rapportata al reddito e stabilita ogni anno dal CND, 4.627€ nel 2023), l’Enpaf riconosce una prestazione flat, calcolata in base ai contributi forfetari versati ogni anno.

 

Per Cassa Ragionieri, l’adeguamento riguarda solo il requisito di età della Pensione anticipata, mentre per Enpaf il requisito di età della Pensione di vecchiaia (cfr. tab. 5).
Il meccanismo, introdotto da entrambe le Casse a partire dal 2016, è esattamente uguale a quello del sistema pubblico (Inps), è cioè disciplinato dallo stesso quadro normativo sia per la cadenza sia per il calcolo della speranza di vita (tab. 2). Pertanto, l’adeguamento è calcolato tenendo conto della popolazione italiana e non della platea degli iscritti di riferimento di ciascuna Cassa.
Le due Casse, dunque, in analogia all’Inps, applicano gli aumenti stabiliti dal Decreto MEF (in base alla variazione della speranza di vita resa disponibile dall’Istat), senza procedere ad alcun calcolo interno: nel 2016 l’aumento è stato di 4 mesi e nel 2019 di 5 mesi; nel 2021 e 2023 non vi è stato alcun aumento in quanto, come illustrato prima, non si sono registrati aumenti della durata di vita media della popolazione italiana.
Anche per il prossimo adeguamento biennale (2025-2026), l’età rimarrà inalterata (cfr. tab. 6).


3.1 Inarcassa: confronto con Inps e le altre Casse
In Inarcassa il meccanismo automatico di adeguamento dell’età pensionabile è stato introdotto in occasione della Riforma del 2012, con prima applicazione nel 2018: a partire dal 2013, l’età pensionabile è stata, infatti, aumentata di tre mesi su base annua fino ad arrivare a 66 anni nel 2017; dal 2018, ha preso avvio l’adeguamento automatico all’evoluzione della speranza di vita media.
Il meccanismo di Inarcassa presenta alcune differenze rispetto all’Inps.
In Inarcassa la speranza di vita viene calcolata, con cadenza annuale, sulla “popolazione” di riferimento, ossia sulla mortalità specifica della platea degli ingegneri e architetti iscritti alla Cassa.
Per gli ingegneri e architetti iscritti ad Inarcassa, la speranza di vita a 66 anni è più elevata di oltre 2 anni rispetto alla media nazionale (cfr. tab. 7).

  Fonte: Istat (2022) e Inarcassa (Bilancio tecnico 2022)


In Inps, variazione della speranza di vita viene determinata, in Inps, come differenza tra la media del biennio di riferimento e la media del biennio precedente; in Inarcassa, considerato che la popolazione di riferimento non è sufficientemente ampia, la tavola di mortalità è costruita su un periodo più lungo di 4 anni, per avere una base dati statisticamente “più robusta”: con cadenza annuale, si procede dunque con la differenza tra l’ultima tavola di mortalità (di 4 anni) e quella immediatamente precedente (di 4 anni).
Altre differenze riguardano la misura dell’adeguamento (tab. 8): in Inarcassa, si procede all’aumento dell’età pensionabile se la speranza di vita è aumentata di almeno tre mesi (con recupero negli anni successivi), mentre in Inps la soglia minima è di 1 mese; in Inarcassa non è previsto un aumento massimo, mentre in Inps è pari a tre mesi (con recupero).
Nel caso la speranza di vita diminuisca, sia l’Inps sia Inarcassa non procedono ad alcun adeguamento: l’età resta invariata, con recupero della variazione negativa in sede degli adeguamenti successivi.
Inoltre, nel sistema pubblico la speranza di vita è calcolata come media semplice tra maschi e femmine, mentre in Inarcassa è calcolata sulla base di una tavola di mortalità indifferenziata tra maschi e femmine; considerato il processo di femminilizzazione in atto, la speranza di vita calcolata con il metodo di Inarcassa dovrebbe aumentare di più rispetto a quella calcolata come media semplice.

(1) La variazione della speranza di vita media è calcolata come differenza tra la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento e la media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente.
(2) Recupero da effettuare in sede degli aggiornamenti successivi.

 

(1) Per la Pensione anticipata e ordinaria, è richiesta un’anzianità minima (in aumento fino ai 35 anni a regime nel 2023); per la
Pensione posticipata non è previsto il requisito di anzianità minima.

 


Come illustrato nel paragrafo precedente, Cassa Ragionieri e Enpaf seguono esattamente lo stesso meccanismo dell’Inps, per cui le differenze rispetto ad Inarcassa sono le medesime.
A partire dal 2018, da cui prende avvio l’adeguamento automatico con cadenza annuale, l’età pensionabile, come spiegato in dettaglio nel Riquadro 1, è aumentata dal 2019 di tre mesi e di ulteriori tre mesi dal 2022; negli altri anni, infatti, la speranza di vita media ha registrato aumenti inferiori alla soglia minima dei tre mesi.

 

 

 

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