Il tirocinio professionale dei giovani architetti e ingegneri con archistar e studi strutturati

Aggregatore Risorse

Neo architetti e ingegneri possono evitare la prova scritta dell’esame di Stato, con un tirocinio di sei mesi in uno studio professionale, che sostituisce il tradizionale test teorico. Il sistema non è ancora a punto nel collegamento con il mondo del lavoro, poiché non consente ai tirocinanti di rimanere negli studi di architettura o ingegneria, tra la conclusione del tirocinio e la prova orale. Una norma più attenta consentirebbe il radicamento dei laureati negli studi, evitando che tirocini interrotti si trasformino in una esperienza “usa e getta”, che ignora i talenti e le competenze.
 

 
Però con qualche correttivo, si potranno avere buoni risultati e quella trasmissione diretta delle esperienze che è determinante nella formazione dei colleghi più giovani. Anzi, la frequentazione dei tirocinanti negli studi dovrebbe essere incentivata durante tutto il percorso accademico, come avviene in tutto il mondo, dove i giovani ambiscono alla pratica negli studi. Soprattutto quelli dei grandi nomi, le cosiddette archistar. I giovani hanno ben compreso l’utilità del tirocinio svolto presso gli studi più famosi: un tirocinante presso un celebre architetto, per essere ammesso ha sottoscritto un contratto, che lo obbliga per tre anni a frequentare l’ atelier e a versare un migliaio di euro al mese. Sembra sia una normale prassi internazionale, giustificata sia dalla qualità della formazione ricevuta, sia dalle relazioni che indirettamente ne possono nascere, oltre che dal prestigio che gliene deriverà, quando presenterà il curriculum. Il costo, in ogni caso, è inferiore a quello di un master svolto presso un’università.
 

 
Questo fenomeno conferma che non sono più solo le università a trasformare studi ed elaborazioni svolti gratuitamente in prodotti professionali, utilizzati dai docenti e dai loro studi, né soltanto i numerosi altri soggetti che forniscono prestazioni svolte con manodopera sottocosto. Ed è retorico domandarsi la fonte di questa degenerazione, che è ovviamente nella composizione ibrida degli albi professionali: il medesimo vizio d’origine, che rende impossibile perseguire qualsiasi politica di tutela della professione in Italia. È chiaro che l’interesse pubblico, al contrario, vorrebbe che ciascuno svolgesse il proprio ruolo, che i docenti facessero i docenti, i funzionari pubblici s’occupassero dei loro uffici, le imprese di costruzione costruissero e che i progettisti progettassero, evitando che tutti facciano, in qualche modo, anche il lavoro degli altri. Quanto alle archistar, sensibili ai temi sociali e ambientali, farebbero ancor miglior figura se proporzionassero il compenso da attribuire ai giovani, alla loro maturazione, evitando una selezione perversa, che privilegia ancora una volta chi è dotato di mezzi economici. Infatti, questa formula finisce per configurarsi in una duplice scorretta concorrenza: verso gli studi, che non possono competere con chi utilizza mano d’opera che, anziché essere pagata, presta una vera “servitù del progetto”, e anche verso i giovani laureati capaci e meno abbienti, scavalcati da chi ha i mezzi economici per pagare formazione e titoli, anche oltre la laurea.

Tagcloud

#tagCloud
Seleziona un argomento
tra quelli più cercati