Amare l’architettura amare Gio Ponti: La mostra al MAXXI di Roma

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L’esposizione è allestita nella Galleria 5 del museo capitolino fino al 13 aprile. Un vero e proprio viaggio nella sua arte

Architetto, designer, scrittore, poeta. Gio Ponti è stato un artista a 360 gradi che ha attraversato quasi integralmente il XX secolo, segnandone profondamente il gusto, rispecchiandone le istanze più significative e anticipando molti temi dell’architettura contemporanea. A quarant’anni dalla sua scomparsa, il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, dedica a questa figura d’eccezione una grande retrospettiva, che ne studia e ne comunica, a partire dal racconto della sua architettura, la poliedrica attività, sintesi unica e originale di tradizione e modernità, storia e progetto, cultura d’élite e vivere quotidiano. La mostra, il cui titolo GIO PONTI. Amare l’architettura echeggia quello del suo libro più noto, “Amate l’architettura”, si tiene nella scenografica Galleria 5 del MAXXI fino al 13 aprile.
 

Gio Ponti. Amare l’architettura. Foto © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI
 
La mostra è il frutto di un attento lavoro di ricerca, che mira ad aggiornare la conoscenza sulla figura di Ponti architetto, mettendo in evidenza alcuni dei temi guida della sua lunga attività e la sua straordinaria capacità di prefigurare spazi e motivi della ricerca architettonica contemporanea: l’aspirazione alla verticalità e alla leggerezza attraverso la smaterializzazione delle facciate, la concezione di una città verde in cui la Natura rientri a pieno titolo nell’agenda dell’urbanistica e dell’architettura, la flessibilità di spazi domestici capaci di adattarsi alle esigenze del proprio fruitore, sono senz’altro temi che più di mezzo secolo fa hanno anticipato, con inedita chiarezza, i toni della sensibilità odierna. L’allestimento è immersivo e scenografico e suggerisce l’idea dello spazio del maestro: fluido, dinamico, colorato. Già nella lobby del museo, il visitatore viene accolto da una potente installazione di grandi stendardi in alcantara, sospesi negli spazi a tutta altezza di Zaha Hadid, che riproducono facciate stilizzate di grattacieli ed evocano lo skyline di una mai vista città pontiana.

Gio Ponti. Amare l’architettura. Foto © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI


Uscendo dagli ascensori che conducono alla Galleria 5, al terzo piano, la riproduzione del giallo fantastico usato per la pavimentazione della rampa trasporta subito il visitatore all’interno del suo grattacielo più famoso: il Pirellone di Milano. Prima dell’ingresso in Galleria, il progetto fotografico di Thomas Demand racconta gli eccezionali modelli di edifici verticali conservati all’archivio CSAC e presenti in mostra. All’interno della Galleria, la sezione Verso la casa esatta ripercorre il tema della casa, centrale nella ricerca di Ponti per la definizione di uno spazio consono alla vita moderna: le prime domus tipiche milanesi, i progetti per La casa adatta esposti a Eurdomus nel 1970 e, soprattutto, la sintesi di tante riflessioni portate avanti nel tempo dall’architetto: il suo appartamento in via Dezza a Milano. Il percorso continua con un focus sui classicismi progettuali che Ponti ha avuto nel corso degli anni Trenta, quando importanti committenze hanno dato vita a progetti imponenti a scala urbana, come la Scuola di Matematica di Roma, 1934, o i due Palazzi Montecatini a Milano, del 1936 e del 1951. La relazione osmotica tra architettura e natura è esplorata in Abitare la Natura, dove trovano posto i progetti realizzati lungo le coste del Mediterraneo (Villa Marchesano a Bordighera, 1938, l’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, 1959) per arrivare a progetti più organici e quasi intimi, come la casa detta Scarabeo sotto la foglia e la villa per Daniel Koo in California. Si arriva poi agli edifici più noti – documentati nella sezione Architettura della superficie – che sono espressione compiuta di un pensiero progettuale che ragiona per piani piuttosto che per volumi, dove le facciate diventano superfici bidimensionali da bucare e piegare come fogli di carta. Tra questi, la notissima Villa Planchart a Caracas (1953-1957) o l’Istituto italiano di cultura di Stoccolma del 1958, lavori che attestano anche la caratura internazionale ormai raggiunta dall’opera di Ponti. Leggerezza e smaterializzazione degli alzati caratterizzano la sezione Facciate leggere, con la Concattedrale di Taranto (1970), il Grande magazzino de Bijenkorf a Eindhoven, i Palazzi per i Ministeri di Islamabad. La mostra si chiude con quella stessa suggestione inedita con cui si è aperta, ossia la città pontiana, fatta di grattacieli che si sviluppano in altezza e riducono l’occupazione di suolo per lasciare spazio al verde. Questa immagine emerge con forza nelle sezioni Apparizioni di grattacieli e Lo Spettacolo delle Città, ospitate proprio laddove il MAXXI di Zaha Hadid più si riavvicina alla sua città, ovvero a ridosso della grande vetrata che chiude la Galleria 5 del Museo per aprirsi verso il panorama della Roma del Novecento. Accanto ai grattacieli e alla città, a dimostrazione di un pensiero che spazia senza soluzione di continuità dal contesto urbano all’ambiente domestico, si trova la reading room, che richiama l’interno della casa in via Dezza, con la riproduzione del pavimento ceramico realizzato per l’occasione da Ceramica De Maio e la presenza degli arredi disegnati da Ponti e prodotti da Molteni. L’esposizione si arricchisce di una sorta di mostra nella mostra grazie a un progetto di committenza fotografica ideato e curato da Paolo Rosselli che, insieme ad altri sette autori da lui scelti, ha dato vita a una serie di sguardi contemporanei su altrettante opere pontiane, mostrandone la vita odierna. Delfino Sisto Legnani si è confrontato con la Concattedrale di Taranto; Allegra Martin con l’Hotel Parco dei Principi a Sorrento; Giovanni Chiaramonte con Villa Planchart a Caracas; Filippo Romano con i Grandi magazzini de Bijenkorf a Eindhoven; Giovanna Silva con Il Liviano (Facoltà di Lettere) e Palazzo del Bo (Rettorato), Università di Padova; Michele Nastasi con il primo e il secondo palazzo Montecatini a Milano; Stefano Graziani con la Scuola di Matematica a Roma; Paolo Rosselli con il Grattacielo Pirelli a Milano.
 
Gio Ponti. Amare l’architettura. Foto © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI
 
“Celebrare la grandezza di Gio Ponti significa immergersi in un’eredità che non ha eguali in versatilità, estro, applicazione”, spiega Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI. “Edifici privati e committenza pubblica, aziende e luoghi di studio, oggetti di uso quotidiano e arredamento di uffici e di navi, cattedrali e musei, si alternano in una ricerca, mai dogmatica o ideologica, in cui dialogano classicità e modernità, paesaggio naturale e orizzonte urbano, vocazione sociale dello spazio e salvaguardia della bellezza”.
 
Gio Ponti. Amare l’architettura. Foto © Musacchio, Ianniello & Pasqualini, courtesy Fondazione MAXXI
 
La mostra è curata da Maristella Casciato (Senior Curator of Architectural Collections al Getty Research Institute di Los Angeles) e Fulvio Irace (critico e storico dell’architettura) con Margherita Guccione (Direttore MAXXI Architettura), Salvatore Licitra (Responsabile Gio Ponti Archives), Francesca Zanella (Presidente CSAC) ed è realizzata dal MAXXI in collaborazione con CSAC (Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma) – che conserva l’archivio professionale dell’architetto – e Gio Ponti Archives.

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