Il regime forfettario. Come cambia e chi rimane escluso

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Giro di vite per i professionisti che hanno anche redditi da lavoro dipendente. Introdotto anche un credito d’imposta

Sono circa 10 mila i professionisti che quest’anno dovranno rinunciare al regime forfettario a causa del giro di vite imposto dalla maggioranza nell’ultima Legge di bilancio. Una parte di coloro che solo un anno fa avevano ottenuto i requisiti per entrare nel regime forfettario grazie all’ampliamento dei parametri, da gennaio 2020 si trova ora fuori dai parametri ed è costretto a rinunciare alla partita Iva perché non più conveniente. Il cambiamento più rilevante riguarda coloro che sono entrati nel regime forfettario avendo contemporaneamente un reddito da lavoro dipendente o assimilato. La legge di bilancio per il 2020 prevede, infatti, l’introduzione di nuovi requisiti di accesso, da possedere l’anno precedente all’applicazione del regime. Con la riforma del 2020 chi già ha redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati, superiori ai 30 mila euro, è escluso dal regime. Questa condizione svantaggia, in particolare, i titolari di partita Iva con un’età compresa tra i 51 e i 65 anni e i pensionati over 65. È quanto risulta da uno studio dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro. Circa 10 mila contribuenti non avranno più convenienza a proseguire la propria attività professionale: rinunceranno 3.500 over 65 in pensione e 4mila lavoratori dipendenti over 50. Start up, giovani alla prima esperienza lavorativa, ultracinquantenni espulsi dal mercato del lavoro dipendente sono i contribuenti che - secondo l’Istat - generalmente utilizzano il regime forfettario. Si tratta delle fasce più deboli del mercato del lavoro. Proprio il regime forfettario è diventato, negli ultimi anni, lo strumento attraverso il quale - in condizioni di crisi - si rimane agganciati al mercato del lavoro.
 
 
 
Oggi può usufruire del regime forfettario il contribuente che abbia un volume d’affari non superiore ai 65 mila euro. Al momento chi non supera questa soglia, applica un’imposta sostitutiva all’Irpef del 15% (5% per i primi cinque anni di attività se da considerarsi attività di start-up) su un reddito abbattuto forfettariamente a seconda della tipologia di attività. La Legge di bilancio 2020 introduce novità penalizzanti per il regime forfettario, come ad esempio il limite di 20mila euro di spese sostenute per dipendenti e collaboratori, limite comunque più ampio rispetto a due anni fa. Inoltre, non saranno più cumulabili redditi di lavoro dipendente e assimilati superiori a 30 mila euro. Ritorna, quindi, ad essere sostanzialmente un regime destinato a fasce deboli di imprenditori e professionisti.
(Ha collaborato Catia Pascucci)
 
 

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Dalla foresta alle abitazioni La casa di sughero sostenibile ed ecologica
Chi l’ha visitata sostiene che all’interno si senta l’odore della foresta. Sicuramente si percepisce subito di esser circondati da pareti completamente naturali. È la Cork House, una piccola abitazione realizzata interamente in sughero sull’isola Eton, dove il Tamigi entra a Londra. Si tratta di un progetto di tre architetti britannici: Matthew Barnett Howland, Dido Milne e Oliver Wilton. È la prima casa al mondo realizzata con l’impiego di mattoni e pannelli esclusivamente in sughero riciclato che si fissano tra loro senza dover utilizzare malta o colla. Il progetto è simile a una costruzione fatta con i famosi mattoncini Lego, con due importanti differenze: la Cork House è in scala 1:1 e i “mattoncini” non sono di plastica. Il sughero è utilizzato già da qualche anno in edilizia soprattutto per i rivestimenti esterni e per isolare le abitazioni sotto il profilo termico e quello acustico.      Ma con il progetto Cork House, per la prima volta è stato utilizzato per realizzare strutture portanti. L’intera sezione della casa è fatta quindi di sughero naturale che vanta numerose proprietà: leggerezza, flessibilità, elasticità, resistenza al fuoco, traspirabilità, impermeabilità e riciclabilità. La casa di sughero è composta da un totale di 1.268 blocchi, per un totale di 44 metri quadri di superficie coperta. Un salotto con cucina a vista, una camera da letto, un bagno e una piccola mansarda. Ogni ambiente presenta un tetto piramidale con tanto di lucernario che garantisce molta luce naturale. I tre progettisti hanno condotto uno studio durato sei anni sull’impiego del sughero nelle costruzioni, studio che ha avuto anche il supporto degli ingegneri dello studio ARUP e della Bartlett School of Architecture di Londra. L’obiettivo della ricerca era quello di immaginare una tecnica costruttiva completamente sostenibile, sia in fase realizzativa sia in fase di demolizione. Ciò ha consentito di realizzare un’abitazione con un’emissione di anidride carbonica decisamente inferiore alla media. I “mattoncini” di sughero sono stati modellati da robot e sono stati poi uniti come se fossero muri a secco. Le pareti e i gradini ricordano le piramidi maya. La differenza si può percepire, però, al tatto. La struttura è lievemente spugnosa e morbida. Quando arriverà poi il momento di demolire la struttura, l’impatto ambientale sarà quasi nullo. Questo perché i “mattoncini” di sughero potranno essere nuovamente riciclati oppure trasformati in compost. Inoltre, la provenienza e la lavorazione del sughero sono certificate dalla Fsc (Forest stewardship council), una ong che ha dato vita a un sistema riconosciuto a livello internazionale. Lo scorso anno, questo progetto edilizio ha vinto il premio Manser Medal 2019 come “Casa dell’anno” ed è candidato a divenire il prototipo di un nuovo modello di costruzioni.  

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