Bock: costruire con la robotica
ThomasBock è professore di costruzioni e robotica presso la Technische Universität di Monaco di Baviera (TUM). Dopo gli studi in ingegneria civile e architettura presso l’Università di Stoccarda e di specializzazione presso l’Illinois Institute of Technology di Chicago, ha conseguito il dottorato presso l’Università di Tokyo. La sua ricerca è incentrata da 35 anni su automazione e robotica in edilizia, comprese progettazione, prefabbricazione, fasi di produzione e utilizzazione in sito per la riorganizzazione e la scomposizione di un edificio. È membro di numerosi consigli direttivi di associazioni internazionali e di diverse accademie internazionali in Europa, nelle Americhe e in Asia. È consulente di ministeri di diversi Paesi e offre la propria competenza per la valutazione di progetti di ricerca per diverse istituzioni finanziarie internazionali. Ha conseguito dottorati, assegni e cattedre onorarie nonché cattedre come professore invitato. È responsabile di diversi progetti di robotizzazione nelle costruzioni. Collabora con diversi comitati editoriali, dirige varie commissioni e gruppi di lavoro di organizzazioni di ricerca internazionali ed è autore e co-autore di una serie di manuali della Cambridge University sulla robotica nelle costruzioni–The Cambridge Handbooks on Construction Robotics Series–nonché di oltre 400 articoli.
Ciò premesso, i primi robot per il settore delle costruzioni sono stati progettati negli anni Settanta al fine di aumentare la qualità della prefabbricazione di case modulari in Giappone e alla fine degli anni ’70 è iniziata la pianificazione per l’uso di robot nei cantieri edili. Negli anni ’80 i primi robot di costruzione sono apparsi nei cantieri e negli anni ’90 è stata sviluppata e implementata per circa 20 volte la costruzione integrata in sito di edifici automatizzati. Inoltre, sono stati sviluppati anche i robot da manutenzione per la pulizia e l’ispezione di edifici, e i robot per i settori infrastrutture e immobiliare nonché di sicurezza, a protezione di edifici. Nel primo decennio di questo secolo sono stati testati i robot umanoidi da costruzione. In futuro i robot di servizio costituiranno un grande mercato nell’ambiente costruito
Costruire con la robotica comporta un aumento dei costi ma nel contempo si ha certezza dell’eliminazione degli errori e della enorme contrazione dei tempi di esecuzione con il vantaggio dell’utilizzazione molto anticipata della costruzione.
Pertanto, la riduzione dei tempi di costruzione comporterebbe un miglioramento dell’analisi costi-benefici relativa al progetto della costruzione con un maggiore ritorno sugli investimenti del settore immobiliare.
Infine, questa rivoluzione porterà certamente a rilevanti sinergie tra i diversi progettisti interessati alla costruzione nel suo complesso anche al fine di migliorare la qualità della vita degli utenti degli edifici, siano esse persone normali o diversamente abili.
Intervistiamo il Prof.Bock in occasione dell’inaugurazione della nuova sede degli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti della Provincia di Lecco,nel corso della quale è stato invitato a tenere una conferenza sul tema “Urbis et Orbis: nuovi scenari nel mondo delle costruzioni e della robotica”.
Prof.Bock da dove nasce il suo interesse per la robotica nelle costruzioni?
Quando ero studente–avevo circa 22-23 anni–ho deciso di costruire la mia casa in seguito al divorzio dei miei genitori. Avevo trovato un’area, dove c’era una casa che era stata demolita, che avevo comprato da un contadino a poco prezzo e che, non avendo figli, non voleva neanche i soldi subito. Ero studente, non avevo soldi, così ho iniziato a pensare a come ricostruire la casa, organizzando tutti i materiali necessari. È stato un lavoro molto difficile maneggiare cemento, armature, mattoni e la struttura del tetto, perché non potevo pagare altre persone che potessero farlo al posto mio. E così, per guadagnare un po’ di soldi e potermi mantenere, ho iniziato a lavorare in una fabbrica della Daimler Benz a Stoccarda dove stavano testando alcuni robot ed è così che è nato il mio interesse per la robotica. Ed è allora che ho iniziato a pensare che, se i robot potevano costruire una macchina, potevano anche costruire una casa.
Il Giappone è molto avanti rispetto all’uso della robotica, come mai esiste questo divario con l’Europa?
Spesso nelle mie presentazioni mostro un’antica bambola giapponese che serve il tè. In Giappone ci sono tantissime bambole come questa che si muovono, e anche per esempio un’altra bambola che lancia frecce: ogni volta ne prende una e la lancia, ma non colpisce mai nulla, un movimento stereotipato. Ho chiesto a un professore giapponese, esperto di questo tipo di bambole–che sono molto diverse dagli automata francesi che si possono osservare al Museo di Arti e Mestieri di Parigi–per quale motivo fossero state prodotte. Gli automata francesi si muovono con movimenti perfetti, regolari, ed erano stati realizzati per il re. Le bambole giapponesi, invece, non si muovono in modo perfetto, loro non erano state fatte per un re, ma per il divertimento delle persone comuni. Ho parlato con diverse persone in Francia e in Giappone e ho scoperto che i giapponesi sostengono la teoria che ogni cosa fatta dagli esseri umani non è perfetta; per cui, se sono gli esseri umani a costruire queste bambole o robot, questi non sono perfetti. Sono oggetti che hanno un’anima, qualcosa che ha a che fare con la religione shintoista per la quale l’anima è in ogni cosa. I giapponesi non hanno paura dei robot semplicemente perché i robot sono fatti dagli esseri umani e quindi non sono perfetti. Per questo motivo non hanno paura di perdere il proprio lavoro ed effettivamente non lo perdono, perché gli esseri umani fanno delle cose diverse e le industrie per cui lavorano lo capiscono e loro non si sentono minacciati. Nella cultura più recente, se guardiamo al significato della parola robot, questa deriva dal termine ceco robota che significa lavoro pesante e il robot è diventato sinonimo di qualcosa che ti porta via il lavoro pesante e i lavoratori si sentono minacciati. Per questo motivo, gli operai in Europa, come negli Stati Uniti, sono contro la robotica. I giapponesi sono più aperti a questo tipo di tecnologia, loro non ne vedono la parte cattiva, ne hanno una visione positiva. Proprio i giapponesi hanno creato nuove industrie che producono ogni cosa dai computer ai televisori, frigoriferi,fino alle case. In Germania le società hanno solo un settore di attività: la Daimler Benz fa solo automobili, mentre la Toyota produce case come elettrodomestici, la Panasonic, analogamente produce frigoriferi, computer e case. I giapponesi hanno un approccio differente e sono in grado di creare nuovi business. Credo che anche noi in Europa dovremmo pensare a questo, per creare nuove opportunità per il futuro, nuove industrie, altrimenti i nostri obiettivi diminuiranno. Secondo le curve di sviluppo storico tecnologico e sociale, noi sappiamo cosa è successo prima e dobbiamo essere pronti per il futuro, per la prossima rivoluzione tecnologica, perché altrimenti possono verificarsi conflitti civili, guerre. Se si è preparati è possibile evitare qualunque tipo di conflitto.
Quali possono essere in Europa i primi passi per l’implementazione delle tecnologie robotiche nel settore delle costruzioni ed essa può avere un impatto negativo sul lavoro dell’uomo?
In Europa, poiché non abbiamo queste grandi società come in Giappone, forse si potrebbe iniziare con la prefabbricazione di componenti e solo successivamente continuare con altre tipologie di industrie. In Europa il mercato delle nuove costruzioni si riduce sempre di più anche perché la società invecchia. Molti anziani non vogliono andare in case di cura per cui vogliono restare e continuare a vivere nelle loro case. Per questo motivo possiamo produrre a costi accessibili delle unità per gli interni che integrano sensori e robot che possono fornire loro assistenza, come ad esempio nel mettere e togliere le scarpe. Adesso stiamo sviluppando a Monaco di Baviera un robot che può aiutare a infilare e togliere la giacca, perché comportano movimenti difficili per molte persone anziane. Nel futuro abbiamo bisogno di molte soluzioni come queste. Si tratta di componenti che possono essere collocati all’interno degli appartamenti esistenti dove vivono le persone anziane e questo può generare un nuovo tipo di industria, un nuovo sviluppo, un nuovo mercato.
Inoltre, a proposito dell’impatto delle tecnologie robotiche nel settore delle costruzioni sul lavoro dell’uomo, io credo che vi sarà un grande cambiamento, una grande rivoluzione, come è avvenuta in agricoltura. Molti secoli fa tutti erano agricoltori e ognuno produceva da sé il proprio cibo, ma adesso solo l’1-3% della popolazione lavora in agricoltura.
Quale percorso formativo dovrebbero seguire ingegneri e architetti per conseguire una specializzazione in questo ambito della tecnologia?
Credo che ci sia bisogno di un nuovo approccio di tipo orizzontale, comune a tutte le facoltà tradizionali. Si tratta di un ambito che non va bene per un solo tipo di facoltà–architettura, ingegneria civile, ingegneria meccanica, informatica, ingegneria elettronica–ma comprende un po’ di tutti questi ambiti. C’è bisogno di una nuova facoltà orizzontale che possa includere tutte queste discipline, oltre alla bio-ingegneria se pensiamo ai componenti di cui ho parlato prima per le persone anziane, e anche l’ecologia. Per cui o si può pensare a una nuova struttura universitaria o si può fondare una nuova facoltà di tipo orizzontale rispetto alle facoltà esistenti perché è necessario combinare in modo nuovo i moduli didattici esistenti.
La robotica riduce di molto i tempi ma fa lievitare i costi, anche se sembra che i costi si recuperano comunque in altro modo. Il rapporto costo/tempo è sempre favorevole?
Forse in Europa è più facile perché noi non abbiamo così tanti terremoti come in Giappone. In Giappone hanno circa duemila terremoti ogni anno, trenta/quaranta tifoni, frane, molte piogge. Le condizioni in Giappone sono pessime, per questo motivo di base i costi di costruzione sono molto alti e, in aggiunta a questo, la costruzione che fa uso della robotica è ancora più costosa, circa il 20-30% in più. Per questo motivo, l’unico vantaggio che si ha è se la realizzazione è più veloce e la qualità è buona, così non ci sono costi aggiuntivi per rifare il lavoro. In Germania per le costruzioni convenzionali abbiamo attualmente circa il 15% di costi aggiuntivi per rifare il lavoro e in alcuni progetti la situazione è ancora più critica come nel caso dell’aeroporto di Berlino che è costato 5 volte di più (circa 6 miliardi di euro di costi aggiuntivi) con 5 anni di ritardo. Per questo motivo penso che i costi aggiuntivi per la robotica possano comportare all’inizio una spesa maggiore di circa il 20-30%, ma questi si tratta di costi sicuri, non soggetti a ulteriore aumento, perché nelle costruzioni convenzionali i costi aumenteranno comunque, per questo motivo non penso che sia un grande problema; inoltre la qualità sarebbe migliore e i tempi in cui l’immobile viene reso disponibile più rapidi. Ad esempio, nel caso di un progetto convenzionale, la sua realizzazione potrebbe richiedere tre anni, un arco temporale in cui il mercato può cambiare e si rischia di non riuscire a vendere o ad affittare gli appartamenti o gli uffici realizzati. Ma se si costruisce in modo veloce,come i grattacieli in Giappone, in soli tre mesi, il mercato non riesce a cambiare così velocemente. La realizzazione può costare un po’ di più perché i macchinari sono più costosi, ma si hanno maggiori garanzie e non c’è bisogno di rifare il lavoro; alla fine la costruzione viene ad essere comunque sempre più costosa per cui non credo che questo rappresenti un problema. In Germania la crisi del settore delle costruzioni sta diventando sempre più grave e molte delle grandi società di costruzione o sono andate in bancarotta o sono state comprate da altre industrie. Le società tedesche hanno fatto dei grandi errori strategici. Io penso che l’unica alternativa possibile sia quella di andare incontro al futuro e fare come l’industria automobilistica o come le industrie più innovative, quella aerospaziale o navale, che hanno più successo e sono più automatizzate rispetto all’industria delle costruzioni convenzionali. ■
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