A Parma il grande archivio della progettazione italiana

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Incontro Francesca Zanella, dal 2015 nuovo presidente del CSAC (il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma), all’Abbazia di Paradigna, antica struttura cistercense a nord di Parma. Fondato nel 1968 da Arturo Carlo Quintavalle, diretto da Gloria Bianchino e oggi presieduto da Francesca Zanella, il CSAC occupa i grandi spazi dell'abbazia, tornati fruibili al termine (2015) di un lungo e complesso intervento di recupero promosso e sostenuto dall’Ateneo parmense. Ripercorrere la storia di questo antico luogo ci aiuta a meglio comprendere le scelte progettuali così come il nuovo percorso espositivo, che ci viene illustrato da Francesca Zanella.

 

Il luogo e la storia: l’abbazia cistercense

La prestigiosa identità storico architettonica delle preesistenze, costruite nei secoli a partire dalla fine del XIII secolo e, per quanto attiene alla Certosa, tra il 1314 e il 1324 da maestranze benedettine, rappresenta uno dei più qualificati esempi della cultura cistercense in area padana che ora, unitamente al CSAC, costituisce un complesso monumentale di rilevante valore culturale esteso su una superficie di circa 7.800 mq. La chiesa è a tre navate con terminazioni absidali quadrate, voltata a crociera, e tiburio poligonale all'incrocio della navata col transetto. Numerose però sono state le modifiche apportate nel corso dei secoli a questo importante insediamento monastico, come ci conferma la ricca documentazione iconografica che dal XVIII secolo alla fine dell’Ottocento e poco oltre ne documenta le trasformazioni. L’attuale facciata della chiesa risale infatti all'inizio del XVIII secolo, epoca nella quale sono state risagomate le finestre lungo il fianco sinistro; lungo il fianco destro, invece, si scorgono ancora i resti di una costruzione quattrocentesca; nell'abside sono rimasti alcuni lacerti d'affreschi cinquecenteschi, mentre quelli presenti sulla volta sono stati eseguiti nel 1580 da Cesare Baglione, artista attivo anche per la corte dei Farnese. Un ricco apparato plastico di esecuzione barocca connota la seconda cappella del transetto occidentale; tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento inoltre sono state collocate sui pilastri grandi statue di santi in stucco. Anche la grande abbazia, sorta a ridosso della chiesa secondo un impianto consueto negli edifici cistercensi, ha subìto interventi e manomissioni nel corso dei secoli XVI e XVIII.

 

Le soppressioni decretate dalle leggi napoleoniche investirono anche la Certosa di Paradigna (che a quell’epoca si chiamava Convento di S. Martino de’ Bocci), ma i successivi passaggi di proprietà attestati fra la fine dell’800 e il primo ’900 non hanno fortunatamente compromesso la qualità dell’intero complesso. La chiesa, pervenuta in proprietà privata, nel 1967 fu donata allo Stato e consegnata alla allora Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia; successivamente lo Stato acquistò (1976) anche parte dell’ex complesso abbaziale. Dopo alterne vicende, nel 1984 l’intero complesso immobiliare, noto come Certosa di Paradigna e convento di Valserena, fu ceduto in uso gratuito all’Università degli Studi di Parma che ne assegnò una parte in uso gratuito e provvisorio alla Soprintendenza ai Monumenti di Bologna (1985). A quell’epoca l’antica struttura, ma soprattutto l’abbazia, necessitava di impegnativi e indifferibili interventi di consolidamento alle strutture portanti e al tetto. I lavori di restauro sono stati finanziati a partire dagli anni ’80 del Novecento dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, quindi dall’Università di Parma.

 

Il progetto e il percorso espositivo

Oltre al restauro dell’antico complesso, il progetto (inteso come completamento insediativo del complesso abbaziale) tuttora in corso, riguarda l’ampliamento degli spazi di archivio, previsti in una nuova ala che costituirebbe anche un completamento dell’offerta museale corredata di spazi per mostre temporanee con materiali provenienti dall’Archivio del CSAC; la creazione di nuovi spazi per laboratori e ricerca, con un conseguente miglioramento degli spazi di gestione. La nuova ala di progetto è prevista nell’ala settecentesca, a ricoprire parte del sedime dei corpi di fabbrica insistenti fra i due chiostri dei monaci testimoniati dalla cartografia di età napoleonica. Nuove aule e spazi didattici sono previsti nella corte secondaria.

 

Il percorso espositivo del nuovo Archivio-Museo, che inizia dalla corte esterna e attraverso gli spazi della grande chiesa cistercense prosegue nella sala delle Colonne, nella sala Ipogea, bene testimonia la complessità e la ricchezza delle collezioni dell’archivio. Sono oltre 600 le opere in mostra, un’esposizione permanente, ma che si rinnova attingendo allo straordinario repertorio visivo dell’Archivio i cui materiali saranno esposti a rotazione.

 

All’interno della chiesa sono collocate 16 sezioni che rappresentano l’articolata natura dell’Archivio-Museo: dall’Arte alla Moda, dal Design alla Fotografia, dall’Architettura alla Pubblicità fino al Disegno della satira, con opere e progetti di Lucio Fontana, Giorgio Armani, Gianfranco Ferré, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Nizzoli e Bellini per Olivetti, Man Ray, Luigi Ghirri, Dorothea Lange, Giò Ponti, Pier Luigi Nervi, Giuseppe Samonà, Armando Testa, Tullio Pericoli, Vincino. Chiude il percorso la mostra monografica dedicata alla cultura figurativa e progettuale degli anni ’60 e ’70 con opere di artisti entrate nelle collezioni del CSAC sin dai primi anni di attività, come quelle di Enrico Baj, Mario Ceroli, Luciano Fabro, Emilio Isgrò, Enzo Mari, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Mario Schifano, Ettore Sottsass, Emilio Tadini.

 

Nella sala delle Colonne è esposto il lavoro di raccolta e di studio delle opere conservate nell’archivio della Sezione Arte con un percorso cronologico che parte dai disegni di Mario Sironi alla Poesia Visiva, insieme a documenti progettuali e di lavoro. Il Sentimento della Rivoluzione di Fausto Melotti accoglie il visitatore nella sala Ipogea, integrando l’itinerario della scultura avviato nella corte dell’Abbazia, ove invece sono presenti le sculture di grandi dimensioni.

 

L’origine di questa straordinaria collezione, la sua consistenza e, soprattutto, i programmi espositivi e di studio futuri ci sono illustrati sinteticamente dalla professoressa Zanella.

 

Professoressa Zanella, come è nata la collezione del CSAC?

L’archivio che oggi raccoglie 12.000.000 tra opere d’arte, documenti di progetto (architettura, design, grafica, moda), fotografie e abiti, ha le sue origini nelle prime mostre che, a partire da quella dedicata a Concetto Pozzati nel 1968 nei Saloni della Pilotta, sono state l’occasione, attraverso l’indagine sulle ricerche contemporanee, della donazione da parte degli artisti di alcune fra le opere esposte in mostre. Era l’inizio di un progetto di un museo universitario che nel corso degli anni ’70 si è esteso progressivamente anche agli ambiti della illustrazione, della grafica pubblicitaria e della fotografia, sino alla data della istituzione del Dipartimento progetto: 1979/80. Da questo momento ha avuto inizio il programma di acquisizione di archivi di designer, disegnatori di moda e architetti italiani con l’obiettivo di salvaguardare un patrimonio importantissimo, il più possibile integralmente per potere documentare la storia del progetto italiano”.

 

Quali sono i programmi per il prossimo triennio?

Devo sottolineare che il lavoro intrapreso a partire dal 2014 con l'istituzione di un nuovo regolamento per il CSAC che prevede un Consiglio, un Presidente e un Comitato scientifico consultivo, è stato improntato a due esigenze: rendere fruibile un luogo storicamente importante come l’abbazia di Valserena e l’archivio ivi raccolto, e riflettere sul ruolo che collezioni di tale entità e natura possono avere per un contesto di ricerca e didattica quale è l’Università, ma anche per un pubblico non necessariamente specialistico.

 

Per questo motivo, alla fine di maggio 2015, è stato inaugurato un nuovo percorso espositivo aperto al pubblico, che costituisce una dimensione nuova rispetto alla storia del CSAC. La dimensione del museo, generato dall’archivio, per la quale sono state messe in atto tutte le azioni proprie di un museo: apertura regolare, attività didattiche, programmi speciali di visita, ecc. Questo ha anche reso possibile una fruizione di un monumento così importante anche per la storia dei Cistercensi. Tutti i programmi di divulgazione rientrano pertanto a pieno titolo nel piano triennale definito all’inizio del 2016.

 

Sul piano della didattica il CSAC collabora con i dipartimenti di Ateneo organizzando corsi brevi destinati a studenti internazionali, laboratori didattici, conferenze e ha presentato il progetto di un Master di I livello PROART teso a formare professionisti della progettazione di attività culturali, spazi e progetti espositivi, ecc.

 

Per quanto concerne l’attività di ricerca ha avuto inizio il piano di tre anni di indagine e valorizzazione del patrimonio che, a partire dalla catalogazione, porterà all'organizzazione di convegni, workshop e anche esposizioni, tutte incentrate sulle collezioni. Per ognuna delle sezioni dell’archivio sono stati individuati alcuni fondi come oggetto di indagine: dall’architettura, al design, all’arte, alla fotografia, alla grafica.

 

Quale sarà il programma espositivo del CSAC?

L’ultima mostra curata da Arturo Carlo Quintavalle per lo CSAC è stata Fuoco Nero (2014/15) dedicata ad Alberto Burri. Dalla chiusura di quella esposizione le attività si sono concentrate sulla progettazione del nuovo percorso espositivo, concepito come una narrazione della natura di questo archivio e come un percorso destinato a rinnovarsi. Abbiamo in progetto per il 2017 una mostra dedicata alla collezione di Mario Sironi e una dedicata a Ettore Sottsass.

 

Per il 2016 il Centro ha accolto l’invito a partecipare alla edizione di Fotografia Europea che è stata inaugurata il 6 maggio 2016, dedicata alla Via Emilia, con una esposizione del fotografo americano Walker Evans allestita a palazzo Magnani a Reggio Emilia e ha partecipato anche, come istituzione partner, con una esposizione a Valserena intitolata Esplorazioni dell’archivio. Fotografie della Via Emilia, dal 7 maggio al 2 ottobre 2016. Tra gli eventi collaterali, dialoghi interdisciplinari sul tema del paesaggio e, in particolare, sulla via Emilia.

 

Che cos’è il CSAC/ Scheda
Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) è un centro di ricerca dell’Università di Parma fondato dal professor Arturo Carlo Quintavalle nel 1968. Fin dai suoi primi anni l’attività è volta alla costituzione di una raccolta di arte, fotografie, disegni di architettura, design, moda e grafica, e all’organizzazione di numerose esposizioni e alla pubblicazione dei cataloghi.
Dal 2007 ha sede presso l’Abbazia di Valserena, conosciuta anche come “Certosa di Paradigna”, a pochi chilometri da Parma. È strutturato in cinque sezioni – Arte, Fotografia, Media, Progetto, Spettacolo – nelle quali sono conservati circa 12 milioni di pezzi. Il suo compito istituzionale è la raccolta, conservazione, catalogazione e promozione del patrimonio culturale. Svolge anche un’attività di consulenza scientifica, di supporto alla didattica, di ricerca e progetta e organizza mostre: al suo attivo ha oltre 100 esposizioni e altrettante pubblicazioni.
Da maggio 2015 l’Archivio-Museo dello CSAC si presenta come uno spazio multifunzionale, dove le aree del Museo si integrano a quelle già esistenti dell’Archivio e del Centro di Ricerca e Didattica.
 
 
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