Verso un piano d’azione per le città sostenibiliIdee dal Congresso degli Architetti
L’orgoglio di far parte di una grande comunità professionale portatrice di un ambizioso progetto per il Paese. È stato questo il sentimento forte che ha accompagnato il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori nei tre giorni dei lavori dell’VIII Congresso Nazionale e che – a dire la verità – da quelle giornate di luglio caratterizza ormai la nostra quotidianità.
La soddisfazione più grande è quella di avere costruito insieme ai colleghi di questa formidabile comunità un grande progetto professionale che ha attraversato, con un percorso di 14 tappe realizzato dal Consiglio Nazionale insieme agli Ordini territoriali, tutto il territorio del nostro Paese. Un percorso fatto di confronti con nuove e stimolanti esperienze, ascoltando i bisogni e le aspettative dei cittadini, delle comunità, delle associazioni, dei professionisti e ovviamente degli stessi nostri colleghi.Questa “immersione” a tutto campo nei territori ha poi fatto sì che al Congresso partecipasse – sempre grazie all’impegno degli Ordini territoriali – una platea di tremila professionisti, attenti, entusiasti, calorosamente interessati, e non quella fredda platea di delegati che di solito contraddistingue le assise congressuali. Ciò ha permesso che i contenuti del Congresso siano un volume scritto da migliaia di mani, una grande piattaforma di partecipazione e di testimonianza. A dimostrazione del fatto – se mai ce ne fosse bisogno – che gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, sono una categoria pensante, creativa, propositiva, che “pro-getta”, cioè che guarda al futuro anche quando si occupa del passato e dell’esistente. Ma il nostro – voglio ribadirlo – non ha voluto essere un Congresso corporativo e destinato alla sola comunità degli architetti, bensì – e questa è stata la vera sua forza – un Congresso-proposta rivolto al Paese per far emergere, tra l’altro, la necessità, non più rinviabile, di una nuova stagione di pianificazione strategica che approcci lo spazio edificato da un punto di vista olistico e centrato sul ruolo della cultura della costruzione di qualità a tutti i livelli territoriali, e cioè non solo con riferimento alle città e agli spazi urbani, ma anche a quelli periferici e rurali e alle relative interconnessioni. Un Congresso-proposta in linea, dunque, con gli impegni per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda Urbana 2030 dell’ONU e del Patto di Amsterdam, nonché con la dichiarazione di Davos sottoscritta, lo scorso 22 gennaio, dai ministri europei della Cultura. Tutto questo presuppone, ovviamente, un eccezionale progetto politico che ci auguriamo il Governo voglia promuovere e realizzare, perché una politica senza progetto, senza una visione strategica del futuro delle città e del Paese, porta con sé la grande responsabilità della dispersione urbana, dello sviluppo di periferie spersonalizzate, isolate, mal pianificate, delle città dell’automobile, delle case appaiate senza personalità, dell’inquinamento, dei tempi di spostamento eccezionalmente lunghi, della relazione conflittuale con l’ambiente naturale. Dal Congresso è partita al Governo la richiesta – condivisa in una logica interdisciplinare e interprofessionale molto apprezzata anche dagli altri attori del sistema della progettazione e delle costruzioni – di realizzare un “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili” che, partendo dall’esigenza strategica di “costruire sul costruito” e di trasformare le periferie degradate in pezzi di città policentrica, sia accompagnato da un programma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione e l’attuazione di interventi che, in forma coerente e integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale e a migliorare la qualità abitativa. Tutto ciò portandosi anche dietro positive ricadute occupazionali – sia in termini qualitativi che quantitativi – per gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori italiani e per tutta la filiera delle costruzioni.
Un Piano d’Azione che, anziché disperdere risorse a pioggia e in mille rivoli, le concentri in progetti urbani integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale e innovazione, riproducibili in diversi contesti. A questo deve necessariamente accompagnarsi l’approvazione di una normativa organica che riconosca l’architettura e il paesaggio come patrimonio comune di interesse pubblico individuando linee politiche di indirizzo, valorizzazione, promozione, diffusione e miglioramento dell’architettura e dell’educazione alla cultura architettonica, anche prevedendo concrete azioni di trasformazione dello spazio naturale antropizzato. Cultura, qualità, trasparenza, legalità sono state le parole chiave del Congresso, in nome delle quali abbiamo chiesto e chiediamo con forza che i progetti delle opere pubbliche non vengano più assegnati sulla scorta del fatturato degli studi, escludendo, per i progetti più importanti quasi tutti gli architetti, bensì attraverso concorsi di progettazione in due gradi, aperti, in quanto unica modalità che risponde ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e che permette di selezionare il progetto migliore. Voglio soffermarmi anche su un altro fondamentale aspetto che ha caratterizzato il Congresso e che è quello della necessità di promuovere la cultura della domanda di architettura, che non riguarda solo la cultura della costruzione quanto piuttosto un processo partecipato cui concorrono, insieme, i cittadini, i committenti, pubblici e privati, i progettisti e il settore delle costruzioni. Ognuno dovrebbe poter acquisire sin dall’infanzia e in contesti differenti una sensibilità verso la cultura della architettura, in modo da divenire, con il tempo, non solo cittadini o committenti qualificati e competenti, ma anche capaci di prendere decisioni in piena conoscenza. La cultura della costruzione – ovviamente di qualità – presuppone, infatti, la capacità della società di giudicarla ed esige quindi un grande impegno nel settore dell’educazione e della sensibilizzazione sociale proprio sul ruolo dell’architettura. Si pone, dunque, il tema generale dell’educazione e della formazione culturale all’architettura: le città diventeranno intelligenti quando riusciranno a valorizzare in modo sempre nuovo, diverso e sostenibile le risorse ambientali, culturali e soprattutto umane che le compongono, quando troveranno le modalità perché tutti possano godere dei diritti previsti, per ridurre le distanze tra gli ultimi e i primi, quando sanno progettate con e per i bambini, i disabili, gli anziani.
L’architettura deve entrare anche nelle scuole per generare una cultura della domanda di architettura, puntando decisamente a ridurre l’assuefazione all’ordinarietà di un’edilizia mediocre e scardinare l’idea che all’architetto ci si debba rivolgere solo quando si voglia l’effetto stupefacente di una costruzione ardita o una sequenza armonica di grigi nel design di un interno all’ultima moda. Ed è per questi motivi che nella giornata conclusiva del Congresso abbiamo lanciato e presentato una iniziativa frutto della collaborazione tra il Consiglio Nazionale e la Fondazione Reggio Children – Centro Loris Malaguzzi che riguarda un’azione di co-progettazione territoriale partendo dall’idea che le persone, e tra queste, per primi, i bambini e i ragazzi, debbano essere al centro di ogni “progetto città”. Le politiche delle città amiche dell’infanzia devono, infatti, destinare una quota degli interventi generali da esse programmati ad iniziative destinate alle bambine e ai bambini sia per ripensare i servizi per l’infanzia che per utilizzare al meglio tutti gli spazi destinati all’educazione così come organizzare aree di gioco più sicure, più colorate, aperte alla progettazione partecipata istituendo consigli di ragazzi o forme analoghe di consultazione e di discussione e prevedendo piani urbani del traffico e della mobilità con aree protette pedonali. L’iniziativa prevede l’attivazione di trenta scuole in tutta Italia con il coinvolgimento di oltre 2mila bambini e ragazzi tra i 3 e i 13 anni e i loro insegnanti attraverso l’attivazione di tavoli di co-progettazione territoriale cui saranno invitati a far parte progettisti dei territori individuati. Ai progettisti e agli insegnanti sarà chiesto di raccogliere le idee e i suggerimenti dei bambini e farsi interpreti dei concetti e delle possibilità che nasceranno da questi incontri: idee e suggerimenti che confluiranno in una mostra itinerante a partire da giugno 2019. L’imperativo per tutti gli architetti, paesaggisti, pianificatori e conservatori italiani, a partire da questo Congresso, è quello di esprimere pubblicamente la propria cultura, fondata sulla coscienza storica, sull’ancoraggio alla scienza, sulla coniugazione di etica ed estetica, sulla capacità di interpretare i luoghi ed i contesti, sulla capacità di assumere, tramite l’ideazione architettonica e in virtù di queste conoscenze, il coordinamento interdisciplinare lungo tutto l’iter di un progetto e di dirigerlo, dai rilievi e dalle analisi preliminari all’esecuzione dell’opera. È questa la sfida che abbiamo lanciato, tanto più impegnativa in un’epoca, la nostra, caratterizzata dalla frammentazione dei saperi e delle responsabilità, dell’estremizzazione burocratica e dell’esautoramento delle competenze. In gioco c’è la qualità della vita e il futuro delle nostre città e dei nostri territori, con l’intenzione di rimettere l’uomo al centro di ogni trasformazione, alimentando il potere del suo desiderio di comunità; in gioco c’è il futuro della nostra professione di architetto, pianificatore, paesaggista e conservatore, e della nostra stessa identità. Il Congresso è stato anche un punto di partenza, con l’obiettivo di una rinascita culturale, senza sottrarci, ovviamente, ad un’analisi attenta in un ambito più strettamente disciplinare. Da questo Congresso la nostra professione esce rinforzata e rinvigorita con una consapevolezza nuova: siamo – e lo saremo sempre di più – solo noi gli artefici delle nostre fortune, di quel riconoscimento del nostro ruolo e della nostra funzione in una società in rapido e continuo mutamento. E tutto ciò potrà avvenire con la forza delle nostre idee e delle nostre proposte sempre tutte saldamente ancorate ai valori ed ai principi che da sempre ci caratterizzano. ■
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