Lavorare durante l’epidemia: Lo smart working per architetti e ingegneri

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Così i professionisti riorganizzano tempi, spazi e operatività in attesa di ritornare “in contatto” con colleghi e clienti

Le misure adottate con il Decreto legge del 23 febbraio 2020 hanno determinato da subito l’attivazione dello smart working in molte aziende italiane.
Con l’emanazione dei due decreti successivi, questa opportunità, inizialmente riservata ai soli residenti delle cosiddette “zone rosse” in isolamento, è stata via via estesa a tutto il territorio nazionale. Lo smart working, che in condizioni normali era un’opportunità in più, con l’avvento dell’emergenza sanitaria causata dal nuovo Coronavirus si è velocemente trasformato in una necessità e ha sensibilmente cambiato il modo di lavorare.
Il “lavoro agile” è un modo di gestire i processi produttivi al quale sicuramente non si era preparati, soprattutto in merito alla continuità e quotidianità che hanno modificato in modo significativo l’approccio e la gestione della professione con maggior autonomia e flessibilità. Un passaggio che si è svolto in gran velocità bypassando, per far fronte all’emergenza pandemica, le fasi previste dalla Legge 81/2007 sul lavoro agile. Per una miglior gestione del processo l’organizzazione del lavoro dovrebbe ruotare attorno a tre elementi: spazio, tempo e interazione.
 
Spazio Se con lo smart working possiamo decidere da dove lavorare e quali attività dedicare alle giornate fuori ufficio, ora siamo costretti a vivere lo spazio domestico in una soluzione di continuità e adattarlo perché risponda nel corso della giornata a molteplici funzioni, condividendolo anche con altre persone che possono avere bisogni diversi. Se il lavoro viene svolto da casa il proprio spazio operativo, anche se non si vuole organizzare un vero e proprio ufficio, deve essere ben definito, dotato delle attrezzature indispensabili e ubicato in luogo distante da fonti di disturbo.
 

 
I modelli di open space, di spazi a pianta libera, che hanno imperversato negli ultimi anni con scelte progettuali di zona living a discapito di quella più privata, sono ora messi in discussione. Sebbene sia una situazione temporanea è pur vero che in futuro lo smart working sarà sempre più diffuso, ma è indispensabile ricordare che lo spazio abitativo è pensato per funzioni diverse dal lavoro perché perderebbe la sua funziona principale: quella di accogliere le famiglie nei momenti informali, di relax, di vita domestica condivisa.
 
Tempo Per una migliore resa operativa, inoltre, è opportuno scandire i tempi. In caso contrario si correrebbe il rischio di dilatare l’impegno e perdere concentrazione. Lavorare anche in orari insoliti non significa necessariamente che si debba essere operativi e “connessi” a tutte le ore in quanto lo smart working richiede attenzione e concentrazione, oltre che causare affaticamento visivo, posturale, psicologico. Richiede inoltre pause e interruzioni con altre attività, come peraltro previsto dalle norme in materia. La garanzia della “disconnessione” è infatti fondamentale nei periodi prolungati di utilizzo del lavoro agile anche per consentire di definire i tempi di lavoro e di vita.
 

 
Interazione La casa non può sostituire completamente un ufficio o uno spazio di smart working, ciò per ragioni tecnologiche, ma soprattutto per la mancanza del fattore umano. Gli uffici sono infatti spazi relazionali, luoghi di incontri, opportunità e scambi di idee, sono fonti di relazioni. Mantenere il contatto con colleghi e clienti, comunicando a voce, organizzare videochiamate o web conference, si traduce in uno stimolo al confronto. Le diverse categorie affrontano e utilizzano lo smart working in modo diverso. Tuttavia per alcune non si può pensare che possa sostituire completamente la modalità operativa e gestionale del lavoro. Se da un lato si è rivelata un’opportunità interessante, dall’altra l’attività professionale di un architetto o ingegnere non può essere gestita a lungo e totalmente in questa modalità, in quanto necessita di confronti diretti, rapporti con il cliente con il quale si illustra un progetto, sulle soluzioni proposte, sugli aspetti economici. Si interagisce, inoltre, sulle scelte, si suggerisce, si scambiano informazioni tecniche (materiali, dimensioni, tipologie, finiture, costi, tempistiche, preventivi) e personali (esigenze del committente, aspettative, abitudini, scelte personali, budget). Questa parte di socialità e interazione diretta con lo smart working viene a mancare.
Il professionista è rapidamente passato da un ritmo frenetico fatto di impegni, riunioni, sopralluoghi, visite in cantiere, appuntamenti, incontri con clienti, ditte, imprese, enti, progettazione in studio, tutte fasi che se anche caotiche, sovrapposte, incastrate le une sulle altre sono in grado di generare creatività, impulso, idee e proposte innovative per poi ritrovarsi catapultato, senza alcun preavviso nel blocco totale, silenzioso e immobile determinato dall’attuale situazione di calamità.
Se alcune categorie professionali hanno dovuto riorganizzare il lavoro anche per far fronte ai picchi di richieste, la situazione invece è molto diversa per gli studi professionali di architetti e ingegneri. Per le pratiche edilizie e urbanistiche semplici si continua grazie all’invio telematico della documentazione. Per le attività più complesse si lavora da casa con la difficoltà di non avere strumentazione e software adeguati. Ma il problema più grande riguarda sicuramente i cantieri, poiché per il Dpcm possono continuare le lavorazioni, ma rispettare tutte le misure di sicurezza risulta comunque molto difficile.
Seppure forzato lo smart working ha sicuramente ricreato e recuperato scenari interessanti, tra i quali la possibilità di trascorrere più tempo a casa per gestire la famiglia, aspetti di cui probabilmente dovremmo riflettere e far tesoro terminata questa fase di criticità. Forse ci aiuterà a pensare a una riorganizzazione delle modalità lavorative e dei tempi operativi assorbiti dallo studio professionale, per consentire di migliorare la gestione del tempo e della socialità delle persone.
Un tema sicuramente da ricordare alla ripresa e su cui indirizzare l’attenzione per la vita che scorre ed è indispensabile viverla al meglio nel rispetto dei propri impegni, tutti.
 

Smart working e telelavoro, quali differenze?

Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato per il quale non è previsto né orario né luogo per lo svolgimento. Si tratta di una modalità di lavoro che è organizzata per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro con l’obiettivo di favorire il lavoratore a conciliare il lavoro con le esigenze della vita quotidiana e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, prevede per il lavoratore un’ampia flessibilità organizzativa, che sceglie volontariamente con il datore di lavoro questa modalità attraverso un accordo individuale. Le parti definiscono anche la tipologia e l’uso degli strumenti (per esempio il pc) che consentano di lavorare da remoto. Ai lavoratori “agili” viene garantita la parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità tradizionali. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’Inail nella Circolare n. 48/2017. A partire dal 15 novembre 2017, le aziende che hanno sottoscritto accordi individuali di smart working potranno procedere al loro invio attraverso l’apposita piattaforma informatica messa a disposizione sul portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per accedervi, sarà necessario possedere SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale); per tutti i soggetti già in possesso delle credenziali di accesso al portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si potrà utilizzare l’applicativo anche senza SPID. Nell’invio dell’accordo individuale dovranno essere indicati i dati del datore di lavoro, del lavoratore, della tipologia di lavoro agile (tempo determinato o indeterminato) e della sua durata. Sarà, inoltre, possibile modificare i dati già inseriti a sistema o procedere all’annullamento dell’invio.
Altra modalità di lavoro a distanza è il cosiddetto telelavoro. Si tratta di una formula simile allo smart working per quanto riguarda gli strumenti utilizzati, ma segue regole ben diverse. La prima differenza riguarda il luogo. Il dipendente che opera in tele-lavoro svolge i suoi compiti da una sede fissa, di solito dalla propria abitazione. Quindi, il luogo in cui si svolge il tele-lavoro diventa a tutti gli effetti una proiezione esterna dell’ufficio. Per questo l’azienda diventa responsabile della sicurezza del luogo stesso, dovendo garantire la salubrità degli spazi e la qualità degli strumenti. Per questo, con l’Accordo Quadro del 2004, il telelavoro deve seguire normative precise, come l’obbligo da parte del datore di eseguire ispezioni per assicurarsi regolarità nello svolgimento del lavoro, un adeguato isolamento dell’attività lavorativa da quella quotidiana e sicurezza, per il dipendente e per le apparecchiature tecnologiche utilizzate. Per quanto riguarda l’orario, il riposo è obbligatorio per 11 ore consecutive ogni 24 con astensione lavorativa obbligatoria dalla mezzanotte alle 5 di mattina.
Il telelavoro può essere concordato al momento dell’assunzione o successivamente. L’accordo sul telelavoro dipende esclusivamente da una scelta volontaria del datore di lavoro e del lavoratore. L’eventuale rifiuto da parte del lavoratore di optare, nel corso del rapporto, per il telelavoro non può costituire motivo di sanzione disciplinare. Qualora il telelavoro non sia ricompreso nella descrizione iniziale della prestazione lavorativa, la decisione di passare al telelavoro è reversibile per effetto di accordo individuale e/o collettivo. La reversibilità può comportare il ritorno all’attività lavorativa nei locali del datore di lavoro su richiesta di quest’ultimo o del lavoratore. Il “telelavoratore” fruisce dei medesimi diritti, garantiti dalla legislazione e dal contratto collettivo applicato a chi svolge attività nei locali dell’impresa, incluso il carico di lavoro, la formazione e la possibilità di carriera.
di Paolo Ribichini
 

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