La rinascita dopo il Coronavirus: rimedi e programmazione per salvare le professioni

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Negli ultimi anni l’Italia, nonostante i timidi segnali di ripresa, ha faticato a uscire dalla lunga crisi economica che l’ha colpita. Una situazione che ha avuto inevitabili e gravi ricadute sulla professione degli architetti e degli ingegneri liberi professionisti. Ora con l’emergenza Coronavirus la crisi per le due categorie diventa più grave. Prima dell’emergenza, tutte le preoccupazioni dei professionisti trovavano conferma nei monitoraggi costanti eseguiti da Inarcassa sull’andamento dei redditi di ingegneri e architetti negli ultimi anni. Alla fine del 2019 i dati evidenziavano un reddito medio di poco superiore alla soglia della povertà, con lieve miglioramento nel nord Italia rispetto al meridione e con una perdita generale di circa il 17% del reddito negli ultimi cinque anni.
La situazione già grave è precipitata a causa dell’emergenza sanitaria che ha bloccato completamente l’economia italiana, portando nello sconforto i liberi professionisti italiani, molti dei quali soffrivano già enormi difficoltà nel pagare i costi fissi che la professione comporta. Oggi gli stessi si trovano nella condizione di non aver più alcuna capacità economica per affrontare spese relative alla partecipazione a gare, mettendo a rischio la sopravvivenza dei propri studi tecnici e il futuro professionale dell’intera nazione. Il lavoro autonomo non segue le regole del lavoro dipendente: non esiste un orario di lavoro prestabilito, ferie retribuite, indennità di malattia; non esiste per i liberi professionisti lo strumento della Cassa integrazione o quello dei congedi parentali. Non sono previsti, inoltre, sussidi o liquidazioni; non è contemplato un Trattamento di Fine Rapporto. In altre parole, non ci sono “garanzie” che in questo momento rappresenterebbero misure di sostegno anche per ingegneri e architetti liberi professionisti.
In questo quadro desolante si innestano le decisioni governative: al di là del sussidio erogato (600 euro, inferiore al reddito di cittadinanza), il governo al momento ha previsto solo varie tipologie di “prestito” per i tecnici, di fatto adottando un’ipotesi di “indebitamento agevolato”. Si tratta di uno strumento, però, che non può essere utile a professionisti che in buona parte sono già indebitati per sostenere l’autonomia del proprio lavoro, per pagare le tasse e in difficoltà nell’affrontare un impianto legislativo penalizzante per la realizzazione di qualsivoglia opera, pubblica o privata, e una burocrazia talvolta illogica. A ciò si aggiungono gli annosi ritardi nei pagamenti dalla committenza. Ciò che viene proposto ai liberi professionisti sono contributi in “conto garanzia” che non fanno altro che spostare di qualche mese i problemi economici senza immettere liquidità effettiva sul mercato del lavoro. Si tratta, infatti, di una facilitazione all’accesso al credito, già disponibile per le aziende con buon rating bancario: ciò non può bastare. Sono, infatti, necessari e indispensabili interventi strutturali con contributi in conto esercizio, un vero e proprio “bagno” di finanza agevolata e a fondo perduto e quindi di nuova reale liquidità, per integrare i redditi dilaniati dalla crisi sanitaria e dal blocco imposto dallo Stato alle attività, come peraltro già fatto due decenni fa per supportare le attività delle aree in obiettivo 1, 2 e zona di transizione.
Questa manovra di espansione della spesa pubblica deve essere supportata anche da interventi relativi ai contributi fiscali, con dilazione dei pagamenti e trasformando il prelievo in credito d’imposta immediatamente utilizzabile, restituendo allo Stato una reale capacità decisionale e di governo sull’economia nazionale.
Pertanto, al di là dei problemi di “conservazione dello status attuale”, occorre una sostanziale modifica dell’approccio alle esigenze dei liberi professionisti, per poterne garantire la sopravvivenza nello scenario futuro, immediatamente successivo all’uscita dall’emergenza sanitaria.
Occorre sostanza e coraggio da parte delle istituzioni per l’adozione di forti e urgenti misure economiche e legislative a sostegno delle libere professioni. Dal punto di vista economico è necessaria la sospensione delle scadenze e dei ratei di tutti i finanziamenti e mutui in corso, con proporzionale prolungamento dei piani di ammortamento con franchigia di interessi per il periodo sospeso e possibilità di allungamento fino a 60 rate con minimo aggravio di interessi. È inoltre indispensabile la riapertura incondizionata dei termini per accedere al cosiddetto “saldo e stralcio dei carichi fiscali pendenti”, ricomprendendo tutti gli atti notificati, anche dalle pubbliche amministrazioni, senza limiti di reddito per l’accesso all’agevolazione e scadenze dei pagamenti non inferiori a 120 mesi. Infine, servono misure straordinarie a sostegno delle partite IVA iscritte alle Casse di Previdenza private, con contributi a fondo perduto, come già fatto in passato, ad esempio come previsto dalla legge 488/92 e dalla legge 215/92. A ciò si dovrebbe aggiungere un contributo una tantum per sostenere le necessità immediate delle partite IVA, l’abbattimento generalizzato dell’Irpef al 15% per tutti i redditi prodotti nel corso dell’anno 2020 e fino al 2022 incluso, al fine di consentire di affrontare meglio le conseguenze della crisi che manifesterà i suoi effetti negli anni a venire, l’abbattimento di interessi e sanzioni per ritardato pagamento delle imposte, il rinvio di un anno della scadenza delle cartelle emesse dall’Agenzia delle Entrate, degli adempimenti e dei versamenti tributari, degli avvisi di addebito presso gli agenti della riscossione, delle rate da rottamazione ter e saldo e stralcio di tutte le procedure cautelari in corso da parte dell’Agenzia delle entrate e dalle Agenzie di riscossione, rateizzazione straordinaria per le situazioni debitorie spalmata su almeno 60 mesi, congelamento immediato dei fidi bancari per tutto il 2020. È importante poi sospendere gli atti impositivi in materia tributaria, con il rinvio di ogni termine sostanziale, di pagamento o di impugnazione nonché processuale, comprese tutte le altre scadenze di contenzioso o contraddittorio con gli uffici, e tutti i termini legali e amministrativi.
Per i titolari di studi professionali che non possono accedere agli strumenti di sostegno al reddito già individuati dal Decreto legislativo n. 148/2015, è anche importante la possibilità di usufruire della Cassa Integrazione in Deroga, indispensabile per il prosieguo delle loro attività, attualmente a rischio di chiusura. Per questi casi occorre prevedere la cassa integrazione in deroga con percorsi veloci senza preventivo accordo sindacale.
Sotto il profilo fiscale, è necessaria la sospensione immediata delle ritenute alla fonte di cui agli artt. 23, 24 e 29 D.P.R. 600/73 per i professionisti, la sospensione delle limitazioni introdotte, con Decreto fiscale 2020, alle compensazioni, la possibilità di utilizzare i crediti erariali in compensazione senza attendere la dichiarazione dei redditi e per tutte le tipologie di pagamenti alle P.A. compresi bolli auto, multe e quant’altro. Inoltre, è importante individuare un sostegno alle madri e la possibilità – retribuita – di usufruire di congedo/sospensione dell’attività per chi ha figli fino a 12 anni. Inoltre, per chi non può lavorare in questo periodo, si può immaginare l’equiparazione all’Inabilità temporanea, corrispondendo ai liberi professionisti un’indennità giornaliera, oltre che l’annullamento delle utenze dello studio per il periodo di inattività.
Dal punto di vista legislativo è essenziale avere la sospensione immediata del codice degli appalti, l’affidamento diretto prioritario dei SIA per importi inferiori a 100 mila euro, una procedura negoziata per l’affidamento dei SIA per importi pari a 100 mila euro e inferiori alla soglia di cui all’articolo 35 con invito di almeno cinque operatori e l’esclusione automatica dell’offerta anomala. Si deve limitare al 10 il ribasso massimo sui corrispettivi delle prestazioni svolte. Vanno standardizzate le procedure per le lavorazioni comuni e eliminati i pareri nelle zone vincolate (vincolo ambientale, paesaggistico, archeologico, idrogeologico, vulcanico ecc.), tranne che per le grandi opere del valore superiore a 5 milioni di euro. Inoltre è importante ridurre il termine per ottenere parere da parte degli Enti fino a un massimo di 10 giorni, con l’obbligo di una dettagliata motivazione in caso di parere negativo. Possono aiutare anche le tutele assicurative per i professionisti soprattutto nell’ambito della sicurezza in cantiere e in azienda, e la creazione di un Fondo di Rotazione per la progettazione con la costituzione di una apposita cabina di regia per la programmazione e il monitoraggio della gestione delle risorse. Infine è importante anche immaginare un incentivo all’occupazione per i disoccupati che rappresentano oltre il 40% dei liberi professionisti italiani.
Inarcassa ha intrapreso un corretto cammino “economico”, nei rigidi limiti delle funzioni istituzionali, attraverso iniziative straordinarie quanto a forma, sostanza e tempestività, ottenendo dalle istituzioni in primis la rivendicata uguaglianza dei diritti degli ingegneri e architetti con tutte le altre categorie produttive del Paese. È infine da rimarcare l’indipendenza e la sollecitudine della nostra Cassa, unica ad adottare provvedimenti coerenti e significativi in questo difficile momento. È necessario far tornare le professioni di architetto e ingegnere al giusto “status” dando la possibilità all’edilizia di ripartire, anche se sarà sicuramente tutto diverso. Diversa sarà la nuova visione dell’organizzazione del lavoro professionale, delle società tra professionisti e dello sviluppo degli studi professionali, ma in questo cammino sarà necessario essere accompagnati dalle istituzioni. Solamente così ci sarà la speranza di poter far ripartire l’economia italiana e di riuscire a intravedere la luce alla fine del tunnel.

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