Pubblici o privati, basta ambiguità

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Sono molti i dilemmi che, come amministratori di previdenza, dobbiamo affrontare. Tra tutti, una gestione efficace della Cassa, che deve garantire la sicurezza finanziaria dei liberi professionisti nel tempo. Elemento chiave che contribuisce a questa gestione è la certezza del quadro giuridico di riferimento. Stabilità e chiarezza sono doveri dello Stato ed influiscono sul buon governo degli enti privatizzati come il nostro, sottolineando l’importanza di un ambiente normativo affidabile per assicurare solidità e sostenibilità.
Facile a dirsi, meno facile a farsi. Gestire bene una Cassa di previdenza richiede molte responsabilità e competenze, tra cui la capacità di investire in modo prudente e l’efficace amministrazione delle risorse finanziarie. Non solo. Un elemento centrale è l’essere in grado di pianificare a lungo termine, anticipando le sfide future per consegnare agli associati una pensione garantita e dignitosa. Ma questo non può avvenire senza un perimetro legislativo sicuro, in grado di offrire le condizioni necessarie per sviluppare e attuare strategie di ampio respiro, riducendo i rischi e consentendo a noi amministratori di prendere decisioni importanti che avranno impatto sulla tutela di molte famiglie.
Il concetto, che sembra sfuggire ai più, è l’interconnessione cruciale tra una gestione efficace ed efficiente e la certezza normativa, che illumina il percorso decisionale permettendoci di camminare con determinazione e consapevolezza anche nel solco delle scelte più articolate, per assumere provvedimenti coerenti e sostenibili. Un contesto dai confini instabili e non ben definiti limita di fatto la capacità di pianificare in modo adeguato e di ottimizzare l’impiego delle risorse a servizio del futuro previdenziale degli associati. E questo è quello che sta accadendo.
Nel 1994 la nostra identità era univocamente qualificata e declinata all’interno di regole consolidate. Oggi, dopo trent’anni, ci vengono imposti provvedimenti dai termini sempre più labili, giustificati da regole europee che pure non hanno mai teso a travalicare il rispetto delle sovranità nazionali. Ecco, una delle istanze che abbiamo il dovere di portare avanti è quella di essere chiamati “per nome e cognome” non solo quando Governo e istituzioni richiedono impegni finanziari importanti a sostegno del Paese, ma anche quando, a torto o a ragione, siamo ritenuti destinatari di adempimenti diversi dalla missione istituzionale assegnataci dal Legislatore.
La natura giuridica delle Casse professionali è quella che deriva dalla norma sulla privatizzazione e rimane un punto fermo. Questo a prescindere dal fatto che, per scopi specifici, ci vogliano attrarre in un perimetro che non è il nostro. L’ho detto più volte: siamo soggetti privati senza ambiguità. Siamo un ente virtuoso che produce welfare, amministrando e garantendo la previdenza e l’assistenza dei nostri associati. Siamo civil servant nello sviluppo del Paese, ma non possiamo distoglierci dai doveri che abbiamo nei confronti delle nostre categorie e delle prossime generazioni. Nulla di tutto questo sarebbe possibile senza regole certe e senza la nostra autonomia.

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