Pensioni ai superstiti tendenze e prospettive Le proposte dell’Ocse

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Tutti i paesi avanzati prevedono l’erogazione di prestazioni economiche a favore del coniuge superstite. Gli assetti normativi, tuttavia, evidenziano una situazione piuttosto variegata. È possibile infatti classificare i paesi in due grandi gruppi, in base al tipo di “copertura” prevista: di natura previdenziale oppure di natura assistenziale. La maggior parte dei paesi europei adotta il “modello classico”, cioè la copertura previdenziale: si tratta di prestazioni che rientrano nelle cosiddette Pensioni IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti), generalmente determinate in percentuale della pensione spettante al coniuge defunto. La fonte di finanziamento è data dai contributi sociali sui redditi da lavoro. In altri paesi (Regno Unito, Olanda, Danimarca e Svezia), la copertura è assicurata da prestazioni assistenziali, garantite a tutti i cittadini in base alle loro condizioni socio-economiche e/o familiari. In questi casi, il finanziamento avviene tramite la fiscalità generale. Questa distinzione segna anche uno spartiacque nella dimensione del fenomeno. La copertura di natura assistenziale comporta oneri molto contenuti, intorno all’1% del Pil. Le “classiche” pensioni ai superstiti presentano invece livelli di spesa più elevati: in Francia e Germania la spesa è pari a poco meno del 2% del Pil; si arriva al 2,3% in Spagna e al 2,6% in Italia che, unitamente alla Grecia (2,7%), presenta i livelli più elevati. Le dinamiche di spesa riflettono anche il numero di beneficiari, piuttosto alto in Italia, Germania e Spagna e contenuto in Regno Unito, Svezia e Olanda, dove ci sono meno di 20 pensionati superstiti ogni 100 pensionati di vecchiaia. Questo dipende da una disciplina meno favorevole e da più elevati tassi di attività femminili; dipende anche dal fatto che, soprattutto in Olanda, i superstiti sono destinatari di sussidi assistenziali che non vengono quindi classificati come pensioni.

 
 

Tra i beneficiari delle pensioni ai superstiti, la maggior parte, come noto, sono donne, con percentuali superiori all’85%. Le donne presentano infatti una speranza di vita più lunga degli uomini, hanno in genere un’età più bassa del coniuge e, in alcuni casi, non percepiscono alcuna pensione diretta. I requisiti di accesso delle prestazioni ai superstiti richiedono generalmente un’anzianità minima del coniuge deceduto. Francia e Germania hanno introdotto anche un’età minima per il coniuge superstite rispettivamente di 55 e 47 anni.

 

Spesa per i superstiti in % del PIL 


Fonte: Eurostat (2019)

 
 

In sostanza, la maggior parte dei paesi riconosce al coniuge superstite pensioni permanenti, garantite cioè a vita, a partire da età anche molto basse, ossia quando si è ancora in età da lavoro. Questa previsione normativa, argomenta l’OCSE nel suo recente Rapporto (Pension Outlook 2018), può costituire un disincentivo per la ricerca di un’occupazione e potrebbe dar luogo a comportamenti “opportunistici”, con effetti distorsivi sul mercato del lavoro.

 

Beneficiari delle pensioni ai superstiti (per ogni 100 Pensionati di Vecchiaia)

Fonte Ocse Pensioni Outlook (2018)

 
 

Ammontare della pensione ai superstiti. In Italia la prestazione è pari al 60% della pensione diretta del coniuge deceduto; in Germania, in seguito alla riforma delle pensioni del 2001, è stata ridotta dal 60% al 55%. In Francia e Spagna la quota è pari, rispettivamente, al 54% e al 52%, ma arriva al 60% o oltre al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria da parte del coniuge superstite. Per il figlio superstite, Spagna e Italia prevedono il 20% della pensione del coniuge deceduto, mentre la Germania il 10%.

 

 

Riforme dei sistemi previdenziali. Le riforme che hanno interessato negli ultimi decenni tutte le maggiori economie sono intervenute anche sulla disciplina delle pensioni di reversibilità in un’ottica più restrittiva. Molti paesi, tra cui l’Italia, hanno introdotto la prova dei mezzi (means-tested), subordinando il riconoscimento e l’importo della pensione alla verifica della condizione economica del coniuge superstite. Nel nostro Paese, la prova dei mezzi è stata introdotta nel corso del processo di riforma degli anni ’90, mentre in Francia e Germania è intervenuta agli inizi del 2000. In Italia, ad esempio, la pensione viene riconosciuta in misura piena (ossia al 60%) per redditi del coniuge superstite fino a 20.000 euro lordi annui. La pensione si riduce poi gradualmente; per redditi superiori ai 33.346 euro è prevista una riduzione massima del 50%, con una pensione pari al 30% di quella del dante causa. L’introduzione della prova dei mezzi avvicina, anche se solo in parte, questi paesi al “modello assistenziale”, in quanto la prestazione, pur fondandosi su un diritto pensionistico, viene concessa in base a una situazione di effettivo bisogno.

 
 

 

I mutamenti socio-economici in atto: ruolo e prospettive delle pensioni ai superstiti

I significativi mutamenti socio-economici intervenuti negli ultimi decenni hanno portato a un “ripensamento” del ruolo delle prestazioni ai superstiti.

 

Presenza delle donne nel mercato del lavoro. I tassi femminili di partecipazione al mercato del lavoro, pur con rilevanti differenze tra paesi, sono aumentati in tutte le maggiori economie europee. Alcuni paesi, come Svezia, Danimarca e Finlandia, registrano da sempre tassi di attività per le donne molto elevati, dell’ordine del 75-80%. Negli ultimi 30 anni, Olanda, Germania e, soprattutto, Spagna hanno registrato un consistente aumento fino ad arrivare a livelli del 70%. In Italia il tasso di attività femminile è aumentato dal 2000 di 10 punti percentuali, portandosi nel 2017 al 57%, ma rimane ancora su valori relativamente bassi. Il diverso ruolo della donna nella società è stato accompagnato anche da profondi cambiamenti nella struttura familiare, con l’aumento delle unioni di fatto e dei nuclei familiari composti da una sola persona. Nel periodo 2010-2016, nella media dei paesi OCSE, il 38% delle donne in età compresa tra 30 e 34 anni non vive in coppia (unioni legali o unioni di fatto), a fronte del 19% nel periodo 1990- 1996 e del 12% nei primi anni ’60. In Francia e Svezia questa percentuale supera il 50%, ma anche nelle altre principali economie europee si colloca su livelli piuttosto elevati, di poco inferiori al 50%. Si è registrata una progressiva diminuzione della quota di coniugi superstiti, cioè della platea potenziale degli aventi diritto alla pensione di reversibilità. Tra la popolazione compresa tra 65 e 69 anni questa quota rappresenta circa il 20% in Germania, Italia e Spagna, a fronte di livelli sopra il 30% nella media del periodo 1990-1996. In Olanda, Francia e Regno Unito è pari a circa il 15% e si riduce ad appena il 10% in Svezia.

 

Sviluppo delle prestazioni assistenziali. Negli ultimi decenni, diversi paesi hanno sviluppato una serie di prestazioni assistenziali di contrasto a fenomeni di povertà e di bisogno economico. Si tratta di prestazioni di tipo universale, non legate a un evento specifico (come appunto la morte del coniuge) che sono rivolte a tutti i cittadini in situazioni di disagio economico. Per le madri lavoratrici si è anche diffusa una serie di servizi socio-assistenziali ed educativi per l’infanzia, pur con significative differenze tra i vari paesi. Questi cambiamenti sociali, secondo l’OCSE, ridisegnano lo scenario di riferimento e le finalità che dovrebbero perseguire le pensioni ai superstiti; richiedono dunque una revisione della disciplina di questo istituto per poter meglio rispondere alle nuove esigenze e per evitare effetti distorsivi sul mercato del lavoro e iniquità.

In questo nuovo quadro ha perso importanza una delle principali finalità per le quali le pensioni ai superstiti sono state istituite, ossia quella di fornire un sostegno in situazioni di disagio economico. Le pensioni ai superstiti non si configurano più come uno strumento adatto a questo scopo e finiscono per sovrapporsi, come prima illustrato, ad altre prestazioni assistenziali che si sono sviluppate negli ultimi decenni. La principale finalità delle pensioni ai superstiti rimarrebbe quella di ridurre i divari di genere che si riflettono sugli importi di pensione (gender pension gap). Sarebbe cioè quella di “integrare” il reddito disponibile del coniuge superstite solo nella fase di quiescenza. Le donne, infatti, presentano generalmente pensioni inferiori agli uomini (in media, 20-30% in meno), a causa sostanzialmente della loro situazione “più debole” sul mercato del lavoro. Le donne sono quindi maggiormente esposte a problemi di adeguatezza e al rischio di povertà, anche per la loro più elevata longevità.

 

La “ricetta” OCSE per una riforma delle pensioni ai superstiti L’Ocse argomenta che la disciplina delle prestazioni ai superstiti necessiterebbe di una revisione per due motivi: per i possibili effetti distorsivi sul mercato del lavoro e per le iniquità a sfavore dei single, in quanto le pensioni ai superstiti vengono erogate solo nell’ambito di unioni legalmente riconosciute. La prima delle due motivazioni andrebbe in realtà approfondita meglio, andrebbe cioè ben argomentato perché le prestazioni ai superstiti possono costituire un disincentivo alla ricerca di occupazione. Si può in ogni caso osservare che gli effetti dipenderanno, in concreto, dagli assetti normativi e dal funzionamento del mercato del lavoro nei vari paesi, per esempio dal cd. “salario di riserva” nelle differenti realtà territoriali, e ovviamente dalla natura della prestazione ai superstiti. Le proposte dell’OCSE per attenuare questi effetti negativi si articolano in tre punti.

 

1) Riconoscere le pensioni ai superstiti non prima dell’età pensionabile del superstite

Tra i requisiti di accesso alle pensioni ai superstiti andrebbe introdotta un’età minima per il superstite, uguale o prossima all’ordinaria età pensionabile, così da garantire questo istituto solamente nella fase di quiescenza del superstite. Nella fase attiva, le pensioni di reversibilità andrebbero “sostituite” con prestazioni di natura assistenziale temporanee, ossia di durata limitata, e soggette alla prova dei mezzi, ossia riconosciute in base alla condizione economica e alla composizione del nucleo familiare in relazione alla presenza di figli a carico.

 

2) Pensioni dei single più alte di quelle delle persone che vivono in coppia L’onere delle pensioni ai superstiti dovrebbe essere sostenuto dagli individui che vivono in coppia e non anche dai single; al riguardo, le proposte dell’OCSE sono due:


  • “internalizzazione” tra le coppie dell’onere delle pensioni ai superstiti, con pensioni di vecchiaia, a parità di tutte le altre condizioni, più elevate per i single e meno elevate per gli individui che vivono in coppia. Sulla base dei tassi di mortalità e della speranza di vita media, l’Ocse stima questo fattore di correzione, ossia il gap tra le due pensioni, in circa il 9%;
  • “internalizzazione” nell’ambito di ciascuna coppia dell’onere delle pensioni ai superstiti, attraverso lo splitting dei diritti pensionistici.

Si tratterebbe di “unire” i diritti previdenziali dei due coniugi e poi al momento del pensionamento “ridividerli” in parti uguali o in altre proporzioni. Questo meccanismo sarebbe più facilmente applicabile ai sistemi previdenziali basati sul metodo di calcolo contributivo, mentre risulterebbe di difficile implementazione nei sistemi con metodo retributivo. Nel metodo contributivo, almeno in linea teorica questo meccanismo si sostanzierebbe nell’“unire” i contributi previdenziali dei due coniugi in un unico montante contributivo. Il primo dei due che raggiunge l’età di pensione decide quanto montante convertire in pensione e quanto lasciare in eredità al coniuge più giovane, che, a sua volta, può trasformarlo in rendita una volta raggiunta l’età di pensione o dopo la morte del coniuge. In questo caso, i coefficienti di trasformazione del montante individuale in rendita pensionistica sarebbero senza la componente di reversibilità e i single beneficerebbero per intero del loro montante contributivo accumulato. Si tratta di un sistema non adottato, al momento, in alcun paese europeo; un meccanismo simile è previsto in Svizzera. In concreto, il ricorso allo splitting porrebbe una serie di problemi di ordine diverso: sul piano applicativo, come evidenziato poco sopra, la sua adozione risulterebbe difficilmente praticabile nel metodo retributivo e anche in quello contributivo pro rata; sul piano della sostenibilità finanziaria andrebbero valutati gli effetti sugli andamenti di medio-lungo periodo del sistema previdenziale, in modo da garantire “invarianza” di saldi e onere pensionistico. L’Ocse osserva inoltre che lo splitting può sostituire le pensioni ai superstiti in caso di coppie separate o divorziate; in presenza di coppie non separate si potrebbe ricorrere ad una combinazione tra splitting e pensioni ai superstiti.

 

3) Sviluppo di forme di previdenza complementare che riconoscono pensioni al superstite Secondo l’OCSE, andrebbero sviluppate coperture con forme di assicurazione private o fondi pensione, che prevedono prestazioni per il superstite a fronte di premi aggiuntivi, visto che le coperture per il coniuge superstite sono in genere ancora poco diffuse.

 


 

IL COMMENTO “Anche l’Italia dovrebbe introdurre un sistema temporaneo di protezione dei coniugi superstiti”

 

Il lavoro di Francesca Corezzi e Ugo Inzerillo costituisce un ottimo esempio dell’importanza dei dati, sia storici sia comparativi, per la comprensione di un tema di protezione sociale complesso sul quale si impone una riflessione. Il problema riguarda le pensioni di reversibilità e indirette che, come gli autori ricordano, sono in molti paesi finanziate dalla previdenza sotto forma di assicurazione obbligatoria, al pari, si può osservare, di quelle di invalidità e vecchiaia. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in un contesto storico sociale in cui la famiglia monoreddito era la norma, la pensione ai familiari superstiti, sia di lavoratore sia di pensionato, emerse come un pilastro fondamentale del nascente stato sociale. Un’importante eccezione è costituita dal famoso Rapporto redatto nel 1942 per il Governo Britannico dall’economista e funzionario ministeriale William Beveridge, nel quale si trova un esplicito rifiuto dell’idea di garantire una pensione ‘a vita’ ai superstiti in età di lavoro e senza figli minori. Secondo Beveridge, un sussidio temporaneo seguito da un percorso di inserimento era da preferire ad un vitalizio per ragioni del tutto analoghe a quelle sollevate dall’OCSE. Come sottolinea l’OCSE, a distanza di circa un secolo, la struttura sociale che aveva in qualche modo ispirato la previdenza obbligatoria contro il rischio di lasciare superstiti privi di reddito è radicalmente mutata. Non è un caso che, in Svezia, siano state soprattutto le donne a richiedere e ad ottenere l’abolizione della pensione al superstite che fino al 1990 la normativa svedese prevedeva unicamente a loro favore. Il problema è di particolare rilevanza in Italia dove sia la spesa per le pensioni ai superstiti (circa 40 miliardi di euro all’anno) sia gli oneri previdenziali sono particolarmente elevati. Con l’introduzione della prova dei mezzi l’Italia ha di fatto già intrapreso il cammino verso un modello di tutela che è poco compatibile con la corrispettività tra contributi e prestazioni introdotta con la riforma del 1995. Sembra quindi ragionevole che anche l’Italia esplori la possibilità di fare un ulteriore passo, seppur gradualmente e con le necessarie tutele dei diritti acquisiti, verso un modello temporaneo e assistenziale a carico esclusivo della fiscalità generale. Pur continuando ad ‘assistere’ i superstiti in difficoltà, si ridurrebbero in via strutturale gli oneri previdenziali che gravano sul lavoro e potrebbe derivarne un incentivo ulteriore alla partecipazione femminile al mercato del lavoro.

 

Salvatore Nisticò

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