Il gamberetto Pietro

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Per comprendere quel che accade nel governo non serve essere fini analisti o accaniti lettori di lunghe articolesse politiche. Basta la filastrocca del gamberetto Pietro. “Il gamberetto Pietro più va avanti più va indietro. Studia le correnti e dopo tanti conti si dirige a nord. Ma quando poi di notte si inverte la corrente, non ci capisce niente. Gira verso sud e non arriva mai”. Dalle storielle ad un’amara realtà, il passo è breve. Prendiamo la pace fiscale, che prevede una serie di azioni volte ad estinguere le posizioni debitorie dei contribuenti nei confronti dell’erario e di altri enti pubblici. È il famoso “saldo e stralcio”. Da un lato il governo vieta a Inarcassa di sostenere i propri iscritti riducendo il peso delle sanzioni, accusandola di favorire l’evasione e danneggiare la finanza pubblica. Dall’altro, non solo rottama i suoi stessi contributi previdenziali ma anche quelli degli altri, ovvero quelli dei liberi professionisti. Da un lato, si spende e si prodiga per l’educazione fiscale e previdenziale, portando nelle scuole il rispetto delle regole e della lealtà contributiva. Dall’altro, legittima processi di rottamazione del risparmio obbligatorio, sapendo che gli effetti saranno ben più gravosi dei benefici, quando la prestazione previdenziale ne risulterà ridotta. Così, con la speranza di sanare le indecisioni del gamberetto Pietro, il prossimo 18 giugno il Tar del Lazio discuterà il nostro ricorso contro la bocciatura, da parte dei ministeri vigilanti, della delibera sulla riduzione delle sanzioni. Mentre il resto del mondo si mobilita in favore della qualità degli spazi e delle opere pubbliche, con processi partecipativi e meritocratici, il nostro gamberetto cambia strada e con la Legge di bilancio 2019, introduce la “Centrale Unica per la progettazione di beni ed edifici pubblici”. Una struttura a cui – alla faccia di trasparenza e concorrenza – le amministrazioni potranno affidare tutti i servizi di ingegneria e architettura per la realizzazione delle opere. Senza contare che agire in modo centralizzato attraverso modelli ripetitivi mina la conservazione e lo sviluppo dei nostri territori, garanzia dell’identità storica e della cultura collettiva. Chissà poi se Centrale Unica, Invitalia, Investitalia, Strategia Italia e Codice Appalti riusciranno mai ad andare tutti nella stessa direzione. Con buona pace dell’agognata semplificazione. Le discrasie sono sotto gli occhi di tutti, anche guardando agli altri fatti recenti. Da quei cinquantasette chilometri del tunnel della Tav, ancora oggi, il prode gamberetto non riesce ad uscire. Per non parlare della Tap, avallata con una clamorosa marcia indietro dopo averne sbandierato il blocco totale. Continuiamo ad assistere ad iniziative scollegate, settoriali e spesso incoerenti con le regole europee e le politiche di livello internazionale. La verità è che al nostro Paese manca una strategia con principi chiari, unitari e soprattutto interdisciplinari, che indirizzi e promuova interventi strutturali e non più straordinari. Siamo architetti e ingegneri liberi professionisti e come tali vogliamo che il nostro Paese recuperi competitività e si riappropri del sistema insediativo e territoriale quale elemento centrale per migliorare la qualità della vita. Non vogliamo più assistere ad un inutile quanto dannoso ritorno al passato. Perché, a dirla con un calzante proverbio spagnolo, “camarón que se duerme se lo lleva la corriente”. 

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