I principi del nuovo Codice dei Contratti Pubblici
Dettaglio dell’interno. La statua del Redentore nell’abside è di Paolo Borghi.
Foto di Paolo Portoghesi
Dal 1° luglio è in vigore il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (ovvero il nuovo Codice degli Appalti) d.lgs 36/23.
I suoi 229 articoli rappresentano una pietra miliare per gli appalti di lavori e servizi.
Il concetto che va fortemente enunciato è la corretta applicazione delle norme innovative contenute attraverso una efficace formazione nella Pubblica Amministrazione, per generare un impatto positivo sulla velocizzazione delle procedure e sull’economia dell’intero Paese.
La normativa, infatti, introduce significative novità rispetto alla “filosofia” della gestione dei contratti pubblici.
I “principi” enfatizzati nel provvedimento normativo sono infatti innovativi ancorché perentori:
• maggiore digitalizzazione con l’introduzione della progettazione in BIM per lavori di importo superiore a 1 milione di euro a partire dal 1° gennaio 2025;
• revisione dei prezzi per variazioni (in aumento o in diminuzione) superiori al 5%.
Nel dettaglio però tutto il provvedimento si regge sulla corretta applicazione del principio della fiducia e del risultato alle quali, si badi bene, non è possibile derogare.
Una apparente applicazione del codice non seguendo questi principi significa la messa in mora della stazione appaltante o del RUP che apparentemente si tutela applicando ad esempio le procedure sopra soglia europea anche per lavori di importo sottosoglia.
Deve essere superata la cosiddetta “paura della firma” e si debbono applicare tutte le agevolazioni che il nuovo Codice consente al fine della velocizzazione delle procedure di appalto e della successiva realizzazione dei lavori (appunto il Principio del Risultato applicando il Principio della Fiducia).
Vediamo ora le principali novità applicate alla nostra professione:
• In merito alla digitalizzazione delle procedure di appalto, il ruolo dell’ANAC che dovrà provvedere alla definizione di procedure automatizzate, banche dati nazionali e fascicoli virtuali e dovrà essere garantita la interoperabilità per consentire l’accesso agli atti aperto a tutti i cittadini tramite l’accesso civico generalizzato.
• Viene abolito il divieto previsto dal precedente Codice consentendo di affidare allo stesso operatore la progettazione esecutiva e la realizzazione dell’opera (appalto integrato) che però lede il principio di terzietà e indipendenza del progettista rispetto all’esecutore. In questo caso i nostri ordini professionali dovranno esercitare le necessarie pressioni affinché sia applicato l’equo compenso quale minimo per il pagamento delle prestazioni professionali pagate dalla Imprese di costruzione.
• Per la realizzazione dei lavori viene liberalizzato il subappalto a cascata detto “subappalto del subappalto”. Ciò significa validare una procedura, prima vietata, dove un subappaltatore potrà a sua volta subappaltare l’esecuzione dei lavori a lui assegnati. In questo caso sia l’attività del RUP che del Direttore del Lavori saranno fondamentali per autorizzare ciò a ditte che hanno i requisiti minimi previsti dalla Legge.
• Molto importante è l’applicazione delle soglie comunitarie previste dal Decreto 6/7/20 n. 76 (Dl. Semplificazioni): sono da considerarsi strutturali tranne che interessino appalti con valenza transfrontaliera. Importante risulta, per gli appalti sottosoglia, il principio di rotazione, cioè il divieto di assegnare direttamente al contraente uscente una attività professionale o l’esecuzione di un’opera.
• Altra novità che ha senso menzionare è che l’appaltatore può richiedere “la sostituzione della cauzione o della garanzia fidejussoria con ritenute di garanzia sugli stati di avanzamento”. E in caso di liquidazione giudiziaria non vi è più la decadenza del contratto che, previa autorizzazione del Giudice, può passare al curatore.
È bene che i professionisti sappiano che gli enti pubblici possono affidare direttamente incarichi (quindi velocizzando e ottemperando al principio del risultato) sino a 140.000 euro per servizi (compresa la progettazione, la DL e il Coordinamento della sicurezza).
Novità vi sono anche per i concessionari statali (e non) dove è annosa la diatriba con l’Europa sulla realizzazione di lavori o servizi in house.
Orbene il nuovo Codice fissa l’obbligo di esternalizzare a terzi dal 50 al 70% dei lavori o dei servizi con la sola esclusione dei concessionari nei settori speciali come trasporti o fornitura di energia.
Torna la figura del General Contractor che in realtà era stata abolita dal vecchio codice con il compito di coordinamento generale di un’opera pubblica. Ciò in relazione a quanto approvato dal Consiglio dei Ministri “è tenuto a perseguire un risultato amministrativo mediante le prestazioni professionali e specialistiche previste, in cambio di un corrispettivo determinato in relazione al risultato ottenuto e alla attività normalmente necessaria per ottenerlo”.
Terminiamo questa brevi prime considerazioni enfatizzando due concetti presenti nella norma: il PPP - Partenariato Pubblico Privato, che si avvale di un iter normativo più snello e il diritto di prelazione dell’ente promotore (in realtà quest’ultima norma era già prevista nella normativa precedente).
La scommessa di una velocizzazione delle opere pubbliche sia nella fase di appalto che nella fase realizzativa passa attraverso la corretta applicazione delle nuove norme, ma solo con un connubio di corretta applicazione nel rapporto fra gli ordini professionali e la Pubblica Amministrazione sarà possibile raggiungere gli standard europei da troppo tempo enunciati.
Il codice è autoapplicativo perché invece della vecchia abitudine dei decreti attuativi, finalmente, sono stati approvati gli allegati che ne rendono la immediata efficacia.
Vi è anche una previsione di revisione entro i prossimi due anni e sarà importante che gli Ordini professionali si facciano parte attiva per rimuovere tutti gli ostacoli che una semplificazione degli appalti pubblici venga finalmente attuata nella nostra nazione. ■
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