Diego Armando Maradona: il pallone divenne musica e magia

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Diego Armando Maradona era nato a Buenos Aires il 30 ottobre 1960 nella cittadina di Villa Fiorito, uno slum sobborgo a Sud de la Gran Buenos Aires. Il “fiorito” di quel nome esprimeva forse più una speranza augurale che non la rappresentazione della realtà di quel luogo simile ad una favela, ad una baraccopoli malsana che ben poco aveva di “fiorito”… e pare che ancora oggi sia cosi!
Tuttavia, anche in un mondo povero, dove la strada, magari neppure asfaltata, è la sala giochi per bambini e ragazzi ed il palcoscenico della vita quotidiana, può accadere un fatto straordinario. Per Villa Fiorito il fatto straordinario si è chiamato Diego Armando: il ragazzino che, senza scarpe, ma con la magia nei piedi ha avuto il dono e la capacità di incantare il mondo, facendo diventare il pallone “musica e magia”.
Rincorrendo il pallone in quelle vie polverose, dove gli amici diventavano gli avversari, quel “pibe”, che faceva apparire e scomparire il pallone come un giocoliere, fu notato da chi frequentava il mondo del calcio e, con l’ingaggio nella squadra de “Los Cebollitas”, i più giovani dell’Argentinos Juniors, iniziò la sua carriera. Con l’ingresso nell’Argentinos Juniors i giornali del momento iniziarono la creazione del mito “Pibe de oro”.
A 16 anni venne inserito nella Squadra Nazionale Argentina, ma l’allora commissario tecnico e allenatore Menotti lo ritenne troppo giovane e immaturo per un esordio ai Campionati del Mondo del 1978, sollevando critiche e disapprovazione dei giornali e del mondo calcistico argentino. Ma il cuore dell’Argentina batteva per lui!
Fu però convocato nella “giovanile” per il campionato delle nazioni e, con la sua già allora straordinaria maestria, fece vincere alla propria squadra il campionato.

El Pibe de Oro (foto archivio Vittorio Camerini) El Pibe de Oro (foto archivio Vittorio Camerini)


Dal 1978 al 1982, nel Boca Junior, Diego Armando diede dimostrazione di una classe che lo fece paragonare al grande Pelé, all’anagrafe Edison Arantes do Nascimento, nato nel 1940 e considerato, non solo in Brasile sua patria, ma nel mondo come il più grande calciatore di tutti i tempi tanto da esser detto “o rei do futebol” o “la perla nera”.
Ma negli anni della buia dittatura argentina, el Pibe de Oro era fortemente sostenuto anche dalla Giunta Militare che governava il Paese e utilizzava i successi del calcio a favore dell’immagine pubblica della Nazione. Nel 1978, mentre le madri dei desaparecidos tentavano di portare le prove della scomparsa dei loro figli ai Delegati stranieri della Commissione per i Diritti Umani, la Plaza de Mayo si riempiva di tifosi, lavoratori e studenti ai quali era stato concesso un giorno di vacanza per festeggiare e rendere omaggio alla Nazione vittoriosa per grande merito di Maradona nel Campionato Mondiale di Calcio tenutosi a Tokyo! Sulle reti radiotelevisive argentine il campione ringraziò la nazione per il grandissimo e caloroso sostegno e affetto manifestati.
Per il Governo il calcio era un ingrediente della strategia politica, tanto che anche in tempi successivi, durante la guerra delle Falkland, la televisione argentina, fortemente controllata dalla Giunta, sostenne la campagna di invasione delle isole con le immagini trionfali della vittoria ai Mondiali di Calcio del 1978!
Nel 1982, per i mondiali in Spagna, il Boca, nonostante alcuni goal realizzati da Maradona, risultò nel contesto una squadra scadente. Il campione venne proprio in quell’anno acquisito dal Barcellona, per la cifra di sette miliardi delle vecchie lire italiane. Restò con la squadra fino al 1984.
Nel Barcellona poté giocare solo 36 partite in due anni, a causa dell’infortunio, procuratogli dal calciatore dell’Athletic Bilbao Mauro Goicoechea, in cui Maradona si fratturò la caviglia sinistra e i legamenti e, purtroppo, come scriverà in una sua biografia del 2000, proprio in quegli anni si avvicinò al mondo della cocaina.
 

 

Maradona e Claudia Villafane (moglie) con la figlia Dalma (foto archivio Vittorio Camerini) Maradona e Claudia Villafane (moglie) con la figlia Dalma (foto archivio Vittorio Camerini)


 
Nonostante l’evento negativo dell’infortunio, il Presidente del Napoli Ferlaino, con una offerta da capogiro di tredici miliardi di lire al Barcellona, riuscì a portare Maradona al Napoli. Era il 1984 e Maradona rimase al Napoli fino al 1991.
Napoli, come lui stesso ha detto tante volte, divenne la sua seconda patria, che lo accolse con grande calore e smisurato affetto del pubblico, che lo osanna tutt’ora come mai è successo per nessuno. La stessa città che, però, seppe servirgli su di un piatto d’argento amicizie interessate, intrecci con la malavita, boss della camorra!
Di questo, al momento e forse anche senza che lui stesso ne fosse pienamente consapevole, risentì la sua vita privata e famigliare.
Così trovarono spazio le relazioni con molte donne, l’intromissione della famiglia d’origine, ormai trasferitasi al completo a Napoli, gli allontanamenti temporanei di Claudia Villafane, la moglie che era stata la sua fidanzatina fin dalla prima giovinezza, la nascita di un figlio fuori dal matrimonio e riconosciuto ufficialmente solo nel 2007!
Mentre giocava per il Napoli venne convocato dall’Argentina per il Campionato Mondiale del1986 in Messico. Segnò cinque reti e fece assist ai compagni per altre 5 reti, vedendosi riconosciuto il titolo di “miglior calciatore” di quel Mondiale.

 

 

Foto di Maradona autografata (foto archivio Vittorio Camerini) Foto di Maradona autografata (foto archivio Vittorio Camerini)


Nel 1987 Maradona conobbe Fidel Castro, col quale strinse un’amicizia profonda e ricambiata, al punto che nel 2000, uno dei periodi più bui del suo rapporto con le droghe, fu il leader cubano ad ospitarlo nella Clinica La Pedrera de L’Avana per aiutarlo nella disintossicazione da cocaina. Maradona non mancò mai di esprimere la propria gratitudine a Fidel. Nel 1987 il Napoli vinse lo scudetto nel Campionato italiano e nel 1990 la squadra trainata da Maradona conquistò la Super Coppa Italiana.
Dal 1990 al 1991 Diego Armando fu per l’ultimo anno al Napoli, al quale fece conquistare la Super Coppa Italiana ai danni della Juventus, vincendo la partita con cinque gol contro uno.
Incominciò per lui il periodo discendente, con un anno e mezzo di squalifica per doping, dopo il quale tornò in Spagna per giocare nel Siviglia; poi di nuovo in Argentina al New Well’s Old Boys e in Nazionale Argentina nel 1993.
Concluse la sua carriera di calciatore nel 1993 giocando per la sua prima squadra il Boca Junior.
Di quello che è accaduto dopo: la droga, i problemi fiscali con l’Italia, la vita famigliare a pezzi, la salute perduta hanno parlato tutti i giornali!
Eppure, io ho conosciuto un altro Maradona, o forse un Maradona che ha provato, in un periodo della vita in cui gli sarebbe ancora stato possibile, a diventare diverso. Lontano dai riflettori e dalle testate giornalistiche, nel 1988 nella quiete della città di Merano, diventammo amici.
Nelle due settimane che ci trovammo a trascorrere nella stessa struttura alberghiera della cittadina dell’Alto Adige, molto del mio tempo lo passai con lui, la moglie Claudia Villafane e le loro bambine Dalma e Giannina.
Mentre di lui parlavano i giornali sportivi e di gossip, mi stupirono la sua spontaneità e semplicità di comportamento.
Insieme a lui, che indossava occhiali scuri e felpe col cappuccio per non farsi riconoscere, ed alla moglie, durante le nostre passeggiate sotto i portici, facevamo incursioni nel negozio (allora molto noto, ora non c’è più) di Herr Seibstock, che per me era un amico.
Il negozio era fornitissimo dei migliori speck della zona e di ogni altra leccornia locale e come un bambino Diego Armando si divertiva a fare tanti acquisti destinati alle tavole napoletane! E il calcio rimaneva fuori da quelle giornate di relax!
La struttura alberghiera mi concesse la disponibilità per organizzare, verso la fine del soggiorno, una serata in suo onore (vedi foto) con tanti ospiti, lusingati di conoscerlo e con i quali si rese oltremodo disponibile.
Non si sottrasse neppure alla richiesta di uno di essi che, avendo a Napoli un nipotino che festeggiava quel giorno il compleanno, gli chiese, per mio tramite, una telefonata di auguri. E quella sera il bambino ricevette il buon compleanno dalla voce del suo idolo calcistico!
Dei drammi e delle brutte storie nelle quali rimase coinvolto, io penso più per debolezza che per cattive intenzioni, mi resi conto solo in tempi successivi, ma fino a quando rimase in Italia non smise di ricordarsi della nostra amicizia.

 

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