La penna stilografica... idea geniale di Leonardo da Vinci

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La penna d’oca è stata per secoli lo strumento di scrittura abituale. Essa sostituì progressivamente il calamo, pezzo di canna o di giunco stagionato con estremità appuntita, utilizzato per la scrittura su papiro o pergamena.

           Penne stilografiche dorate, fine ‘800,
             collezione privata Vittorio Camerini

Tra il VI e IX secolo per la scrittura venivano utilizzate in Occidente penne di uccello generiche, prevalentemente le remiganti, sostituite poi con le penne d’oca, che nel Medio Evo diventarono lo strumento più diffuso.
Nello stesso periodo i primi inchiostri realizzati a base di fuliggine, che non aderivano saldamente al supporto cartaceo, vennero sostituiti con quelli a base di ferro gallico (infuso ottenuto da mistura di polvere ferrosa e tannino derivato da bucce di frutta). Il preparato ottenne larga diffusione, soprattutto presso gli scriptoria dei conventi, dai notai, dagli uomini di legge e di cultura, tanto che la sua produzione fu regolamentata da precise disposizioni. L’utilizzo di questo prodotto si è protratto fino all’800.
Ma, nonostante la diffusa consuetudine nell’uso della penna d’oca, la genialità di Leonardo da Vinci (1452-1519), stimolata dalla esigenza di una scrittura più scorrevole e non assoggettata alle continue interruzioni per intingere la penna nell’inchiostro, ideò quello che possiamo definire il prototipo della penna stilografica.
In alcune pagine del Codice Atlantico troviamo gli studi e i disegni di questo strumento e dei particolari che lo compongono. Di Leonardo, dotato di tanto multiforme ingegno, il Vasari scriveva: “meravigliosamente dotato di bellezza, grazia e talento in abbondanza”.
Dai disegni leonardeschi si evince che questo piccolo congegno era costituito da una cannuccia destinata a contenere l’inchiostro, che veniva, una volta caricata, chiusa nella sua sommità, mentre alla base era inserito un pennino dotato di punta rastremata, con tagli e forellature che consentivano la fuoriuscita regolare dell’inchiostro.
Tale strumento, a cui Leonardo diede il nome di “ingegno scrittorio”, permetteva una immediatezza di trascrizione del pensiero, dell’idea creativa sul supporto cartaceo, con un segno armonioso e preciso.
Una quindicina di anni fa, a seguito di una ricerca effettuata sui manoscritti leonardeschi dallo studioso Carlo Pedretti, venne realizzato dall’artigiano Amerigo Bombara un esemplare di penna stilografica del tutto aderente al progetto di Leonardo.
In ogni caso l’uso della penna non poteva prescindere dall’utilizzo del calamaio, che molto spesso, superata la pura funzione a cui era destinato, diveniva una piccola opera d’arte. I calamai bizantini erano spesso realizzati in metallo, generalmente bronzo impreziosito da ageminature e intarsi di pietre dure.
In Italia, soprattutto nella seconda parte del Rinascimento si diffuse particolarmente a Venezia e Padova la produzione di questi oggetti raffinati come piccole sculture e destinati alla committenza più abbiente. Al Riccio (1470 -1532) se ne attribuiscono numerosi esemplari arricchiti con figurine di fauni, satiri e ninfe che adornano il piccolo recipiente per l’inchiostro.
Vi erano poi calamai da viaggio, dotati di astuccio, o addirittura congeniati in maniera che l’inchiostro fosse contenuto in un’ampolla la quale, ruotando su sé stessa ne consentiva la chiusura.
L’esemplare qui fotografato, oltre all’ampolla girevole, è dotato di piedini richiudibili che sorreggono sia l’ampolla che una serie di piccoli scalmi portapenne e sulla sommità un piccolo portacandela. Egualmente molto diffusi furono anche i calamai in ceramica dipinta (Urbino, Faenza) di forme varie, sostenuti spesso da piedini, decorati a motivi di grottesche o arricchiti da rilievi plastici.

Coppia di penne stilografiche vintage, collezione privata Vittorio Camerini


Fino alla prima metà del ‘800 penna e calamaio rimasero comunque oggetti inseparabili. Dal 1850 in poi, seguendo l’esempio della Francia che già da tempo aveva brevettato e messo in produzione una penna ideata dal rumeno Petrache Poenaru, la produzione di questo strumento di scrittura si diffuse ampiamente, tenendo pur sempre conto che all’epoca circa il 70% degli individui era analfabeta e quindi la scrittura era praticata, oltre che dagli uomini di cultura, da chi professionalmente redigeva atti contabili o amministrativi, come notai o avvocati, vincolati a scrivere con inchiostro nero con penne idonee allo scopo.
Divenuta negli anni ’50 il dono per neodiplomati e laureati, la penna stilografica resta anche oggi un omaggio legato allo spirito della cultura e un auspicio di successo professionale.
Al di là della propria funzione, questo “ingegno scrittorio” è divenuto oggetto di culto, prodotto in esemplari numerati dai marchi più esclusivi, prezioso quanto un gioiello.

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