Ancora sull’equo compenso
Siamo già intervenuti su queste pagine lo scorso anno sul tema dell’equo compenso, ma il problema è di così attuale e stringente importanza che richiede una costante attenzione e soprattutto la convergenza dell’azione coordinata di tutte le componenti della rappresentanza della libera professione d’architetto e d’ingegnere.
Ora, nell’imminenza della discussione in Parlamento del disegno di legge “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” (S. 2419) presso la Commissione Giustizia del Senato, l’espressione di linee convergenti da parte delle nostre professioni appare un fattore quanto mai importante, per dare alla parte politica un forte segnale di compattezza su questo tema vitale.
È del tutto necessario che la legge colmi il vuoto che consente comportamenti disinvolti delle P.A., cui magari segue l’emanazione di provvedimenti legislativi improvvisati e disorganici, oltre che di sentenze giudiziarie “creative”, che iperbolicamente legittimano addirittura le prestazioni gratuite dei liberi professionisti, unici in questo tra tutti i lavoratori del Paese. Un’anomalia che impedisce la crescita degli studi professionali, quali fondamentale settore produttivo, ricco d’innovazione tecnologica e di potenzialità d’occupazione.
Chiediamo quindi al Parlamento di legiferare al fine di garantire sempre, anche ai liberi professionisti com’è già per i lavoratori dipendenti, il diritto di ricevere compensi proporzionati alla complessità, alla qualità della prestazione resa e alle responsabilità individuali di conseguenza assunte.
E tutto questo, per una elementare considerazione del valore, del costo di produzione e dell’importanza sociale del prodotto degli studi professionali: un prodotto che è rivolto a garantire alla comunità italiana progetti di alto profilo, capaci di rispondere pienamente ai requisiti per cui vengono commissionati, oltre che in ultima analisi, di migliorare la qualità della vita del Paese.
Ma questa esigenza corrisponde anche all’interesse economico generale di consentire agli studi professionali di essere competitivi a livello nazionale e internazionale e così d’incrementare l’occupazione di addetti di alta professionalità e infine di produrre effetti positivi sulla bilancia dei pagamenti, riducendo l’importazione di progettazioni, tamponando la fuga dei giovani architetti e incrementando semmai l’esportazione della progettualità italiana.
Per ottenere questi benefici, l’azione prioritaria è proprio quella di disporre l’applicazione sistematica e obbligatoria dell’equo compenso, come valore minimo della prestazione d’architettura e d’ingegneria svolta per la Pubblica Amministrazione. Ma è anche necessario estenderne l’obbligatorietà, oltre che ai grandi committenti, a tutti i rapporti con la committenza privata.■
* Presidente Ala-Assoarchitetti
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