100 anni e non sentirli

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Il centesimo anniversario della Legge 24 giugno 1923, n. 1395
Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti,
ricordato dal Consiglio Nazionale Ingegneri con un evento svoltosi a Roma il 23 giugno scorso

“Gli ingegneri fanno 100” è l’attacco del pezzo con cui il quotidiano Italia Oggi pubblicato il 21 giugno scorso, ha anticipato l’intervento dell’Ing. Angelo Domenico Perrini, Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri, in occasione dell’evento organizzato dal Cni, per ricordare l’emanazione della Legge 24 giugno 1923, n. 1395 - Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti.

Un po’ di storia
Le radici – dell’istituzione di un ordinamento della professione come lo conosciamo oggi, esordisce il Presidente Perrini – affondano nel Regolamento dello Stato pontificio del 1823 per l’abilitazione alle professioni di perito, architetto e ingegnere civile, ma la necessità di un regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto emerse con forza per la prima volta nel 1875 in occasione di un congresso congiunto delle due professioni…
Inizia così la carrellata storica con la quale il Presidente del Cni ha illustrato le vicende che hanno portato quest’anno alla celebrazione del centenario dell’Albo degli ingegneri e degli architetti d’Italia, nell’evento svoltosi alla Pontificia università Urbaniana di Roma il 23 giugno scorso.
...Se ne continuò a parlare per molti anni, ma solo nel 1902, grazie all’iniziativa dell’on. Luigi De Seta, ingegnere, scaturì una prima proposta di legge per il loro riconoscimento. Molto interessante notare come il testo si basasse su tre precisi elementi: la tutela del pubblico interesse, quindi dei cittadini, attraverso l’assegnazione a tecnici diplomati l’esecuzione delle opere pubbliche; la salvaguardia del professionista dall’abuso del titolo da parte di individui non qualificati; il collegamento fra le categorie professionali e la committenza pubblica, stabilendo l’obbligo per quest’ultima di affidare determinati incarichi solo a ingegneri e architetti. Già 120 anni fa, dunque, le basi della tutela della professione erano piuttosto chiare.
Ma, soltanto il 24 giugno del 1923 fu pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge 1395; tuttavia, tutto rimase congelato, essendosi nel Paese instaurato il regime fascista, dunque tutte le categorie professionali furono poste sotto strettissimo controllo politico, e la tenuta dell’Albo trasferita in capo al sindacato. Il 6 aprile del 1948 si insediò per la prima volta il Consiglio Nazionale Ingegneri, eletto in seguito a libere consultazioni dai consigli degli ordini territoriali. La prima fase dell’attività del Cni fu caratterizzata dalla grande figura di Emanuele Finocchiaro Aprile, che guidò l’istituzione per quattro consigliature consecutive.
Negli anni dal 48 al 61 furono poste le basi dell’attività istituzionale dell’Ordine.
“A distanza di cento anni dall’istituzione dell’Albo degli ingegneri
– afferma Il Presidente Perrini – possiamo dire con certezza che le ragioni che portarono alla sua nascita rimangono ancora perfettamente valide. L’Albo, infatti, fu creato essenzialmente con due obiettivi. Da un lato tutelare i cittadini, garantendo loro che la progettazione e la realizzazione delle opere fossero eseguite da tecnici competenti. Dall’altro tutelare il titolo di ingegnere, in un’epoca in cui anche chi ne era sprovvisto poteva esercitare determinate attività, con i rischi conseguenti...”.
Un altro tema diventò oggetto di numerosi dibattiti: la valorizzazione economica del lavoro degli ingegneri e degli architetti. Una questione che, posta ripetutamente per oltre un secolo in termini di “tariffa”, resta oggi di strettissima attualità attraverso la battaglia per I’ “equo compenso”. Passeranno oltre venti anni e diverse iniziative parlamentari prima di vedere finalmente pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge n. 1395 del 24/06/1923: “Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti”.
La legge, attesa da quasi mezzo secolo, istituiva contestualmente l’Albo e determinava le forme dell’autogoverno della categoria. Tuttavia, questo faticoso successo era destinato a rimanere, per così dire, congelato.
Prima che la legge potesse determinare i suoi effetti, infatti, tutte le categorie professionali furono poste sotto strettissimo controllo politico da parte del regime fascista e la tenuta dell’Albo trasferita in capo al sindacato. In queste condizioni non fu possibile alcuna interlocuzione politica da parte di rappresentanti degli ingegneri né una reale difesa dei loro interessi professionali ed economici.


I capisaldi della professione
È utile notare come già il titolo della legge istitutiva del 1923, che naturalmente deve contenere “almeno l’oggetto principale” della materia che disciplina, non si presti a interpretazioni e ne specifichi proprio il “contenuto esclusivo”. Ma, a fugare ogni dubbio, ha provveduto il legislatore, che pone a carico dei primi tre articoli chiarire il dettato della norma, l’ambito applicativo e gli elementi che si intendevano istituire e regolamentare.
Anzitutto, l’identificazione dei soggetti di riferimento, attraverso il Titolo professionale a loro spettante, che è assegnata all’Art. 1: Il titolo d’ingegnere e quello di architetto spettano esclusivamente a coloro che hanno conseguito i relativi diplomi dagli Istituti di istruzione superiore autorizzati per legge a conferirli, salva la disposizione dell’articolo 12. L’introduzione del nuovo soggetto istituzionale, assegnata all’Art. 2: È istituito l’Ordine degli ingegneri e degli architetti inscritti nell’Albo in ogni provincia. Per ciascun inscritto nell’Albo sarà indicato il titolo in base al quale è fatta l’inscrizione..
I requisiti per l’iscrizione all’Albo, ultimo elemento chiave, sono a carico dell’Art. 3: Sono inscritti nell’Albo coloro ai quali spetta il titolo di cui all’articolo 1, che godono dei diritti civili e non sono incorsi in alcuna delle condanne di cui all’articolo 28 della legge 28 giugno 1874, n. 1938. Potranno essere inscritti nell’Albo anche gli ufficiali generali e superiori dell’arma del Genio che siano abilitati all’esercizio della professione a senso del R. decreto n. 485 in data 6 settembre 1902.
Gli articoli successivi individuano condizioni particolari di iscrizione, operatività e norme che regolano l’attività dell’Ordine. L’Art. 4 riguarda il conferimento degli incarichi agli ingegneri e architetti iscritti all’Albo da parte dell’autorità giudiziaria e delle pubbliche amministrazioni e gli Artt. 5, 6 e 7 si riferiscono alle modalità costitutive, operative, di funzione e disciplina dell’Ordine e alle disposizioni da prevedere in apposito regolamento. I successivi articoli, invece, si riferiscono a disposizioni transitorie relative a norme antecedenti l’uscita della legge; gli Artt. 8, 9 e 10 riguardano particolari condizioni e requisiti per l’iscrizione all’Albo: (Art. 8) essere stati abilitati all’esercizio della professione dalle disposizioni vigenti, anteriormente alla pubblicazione della presente legge, pur non possedendo il requisito di cui all’art. 1; (Art. 9) possesso di titoli di aver esercitato lodevolmente per dieci anni la professione di ingegnere o di architetto e di avere la cultura sufficiente per detto esercizio, giudicati da due apposite Commissioni; (Art. 10) possesso di titolo accademico ed esercizio della professione di architetto per cinque anni, per essere iscritto all’Albo degli architetti. L’Art 11 stabilisce il termine di tre mesi dalla pubblicazione del regolamento per procedere alla formazione dell’Albo, nel capoluogo di ogni provincia.
Infine, l’Art. 12 dispone che agli iscritti all’Albo a norma degli articoli 8, 9 e 10 spetta rispettivamente il titolo di architetto o di abilitato all’esercizio della professione d’ingegnere. Precisazioni formali, forse ridondanti, quelle che precedono, ma possono risultare utili soprattutto a fronte di malintesi, solitamente dovuti a una conoscenza sintetica, o indiretta, che sono causa di una non corretta informazione. Nel merito, la legge 1395 di cento anni fa viene spesso fraintesa e considerata norma che tutela i professionisti, ingegneri e architetti, quasi fosse uno strumento per la difesa di diritti esclusivi, riservata a coloro che esercitano la professione.

Il titolo, l’Ordine e l’Albo degli iscritti
Dai principi essenziali enunciati, invece, risulta l’esatto contrario com’è giusto che sia, ovvero, la legge impone precisi requisiti e istituisce sistemi di riferimento e controllo per l’esercizio della professione attraverso: l’acquisizione del titolo di ingegnere o di architetto; l’istituzione, in ogni provincia, di un organismo regolatorio istituzionale, l’Ordine, che detiene l’Albo in cui sono iscritti coloro ai quali spetta il suddetto titolo.
Come si rileva nel testo, peraltro, è stabilito l’obbligo di iscrizione all’Albo per gli ingegneri e architetti a cui si affidano determinati incarichi (Art. 4), da parte dell’autorità giudiziaria e delle pubbliche amministrazioni; mentre sono demandate al regolamento d’attuazione le norme per la determinazione dell’oggetto e dei limiti delle due professioni (Art.7). Così, con R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537, il Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto stabilisce che, per l’iscrizione all’Albo, “occorre aver superato l’esame di Stato per l’esercizio della professione di ingegnere e di architetto …” (Art.4) e, per ”esercitare in tutto il territorio del Regno e delle Cologne le professioni di ingegnere e di architetto è necessario aver superato l’esame di Stato. Ed è proprio la valenza pubblica di questo “dovere imposto” insita nello svolgimento dell’attività professionale, pur se caratterizzata da sfaccettature nei diversi ambiti in cui è svolta che richiede la presenza di un organismo di natura pubblica posto a tutela e garanzia dei cittadini, come ha bene evidenziato il Presidente Perrini.
Il riferimento legislativo scaturisce dal principio che vede le professioni di ingegnere e architetto fondate sullo svolgimento di una funzione pubblica, attraverso la garanzia dettata da una norma dello Stato. Il fine alla base dei servizi garantiti ai cittadini, dunque, è il soddisfacimento di un interesse pubblico, in termini di sicurezza, qualità e correttezza; le attività necessarie per raggiungerlo non possono che essere affidate a soggetti qualificati e responsabili, la cui professionalità è avallata dall’organismo istituzionale, secondo le modalità operative consone alle verifiche e ai controlli di garanzia ad esso demandate.
Il naturale riflesso della “tutela dei cittadini” che deriva dall’esercizio della professione riguarda, infatti, anche la salvaguardia da forme di abuso del titolo, che lo stesso organismo garantisce; una “tutela”, dunque, che assume il rilievo di servizio. In questo senso, in occasione del centenario di un’istituzione che ci riguarda da vicino, è parso utile ricordare gli elementi cardine individuati dalla Legge 1395. La semplice disamina che precede fa emergere l’esigenza, avvertita cent’anni fa, del riconoscimento di una istituzione che regolamentasse la nostra come le altre attività professionali, nel pieno della fase di rinnovamento del nostro Paese che ha caratterizzato la società e l’economia di inizio Novecento.

Centenario dell’Albo degli Ingegneri. Pontificia Università Urbaniana, Roma


La concretezza dei numeri
Naturalmente in questi cento anni molte cose sono cambiate e si sono evolute. – sottolinea il Presidente del Cni – Oggi la nostra categoria, grazie all’intensa attività dei suoi organi di rappresentanza (Consiglio nazionale, ordini territoriali e federazioni regionali), è in grado di esercitare il ruolo di vera e propria forza sociale, grazie ad un’intensa attività di interlocuzione politica e all’elaborazione di proposte concrete finalizzate alla soluzione di grandi problemi quali il rischio sismico e idrogeologico o la transizione energetica. Oggi – ricorda l’Ing. Perrini – su circa un milione di laureati in Ingegneria, l’Albo è sostenuto da circa 250 mila ingegneri che hanno idee, competenze e capacità per dire la loro sul futuro del nostro Paese”.
Sul totale degli iscritti all’Albo, circa il 17% è donna e più di 175.000 sono associati ad Inarcassa, l’Ente previdenziale che assicura gli ingegneri e gli architetti che esercitano esclusivamente la libera attività lavorativa.
Nel nostro Paese sono “62 gli atenei che hanno almeno un corso che permette l’accesso all’Albo”, ha sottolineato il vertice della categoria tecnica, rammentando, tra l’altro, come la prima donna a laurearsi in Ingegneria fu Emma Strada, nel 1908.

Sono numerosi gli spunti propositivi e le considerazioni del Presidente del Cni rilevabili nella relazione che stiamo presentando e avvalorano quanto ciascuno di noi può riconoscere quale azione costruttiva e meritevole, tra le numerose iniziative varate e via via implementate dagli organismi di categoria, siano esse di natura culturale e sociale o formativa, tecnico-specialistica. Tutte le tipologie di aggiornamento e coinvolgimento degli iscritti all’Albo fanno registrare un grado di partecipazione e soddisfazione in continuo aumento. Anzitutto, la crescente consapevolezza dei professionisti nell’adempiere ai doveri di aggiornamento, per l’acquisizione dei crediti formativi, richiesta per dare continuità all’esercizio dell’attività – anche se indotta in forza di un obbligo di legge, o spinta dall’intento di fare necessità virtù – costituisce un valore aggiunto, un contributo alla qualità della prestazione professionale. In ogni caso, i riscontri rilevati in questi anni premiano l’offerta dei servizi e la disponibilità dei colleghi impegnati negli ordini provinciali e nel Consiglio Nazionale, che a vario titolo rendono possibile la realizzazione di programmi operativi ambiziosi a favore degli iscritti e anche di questo bisogna dare atto ed essere a loro pubblicamente riconoscenti.
Tra le cose cambiate ed evolute ricordate dall’Ing. Perrini rientrano a pieno titolo le modalità di interconnessione tra i colleghi, grazie anche agli attuali strumenti di comunicazione, che hanno semplificato e favorito i meccanismi di conoscenza e di collaborazione. Un processo di cambiamento da cui non sono certamente rimaste escluse, tra gli stakeholder dei professionisti, le aziende legate al settore tecnico in generale, soprattutto quello informatico, edilizio, infrastrutturale e ambientale, produttrici di materiali, macchinari e componentistica, utilizzati nella realizzazione di opere, impianti e attive nel settore dei servizi. La sinergia che caratterizza la sfera di attività dei professionisti rende possibile l’accrescimento della qualità della progettazione, un ulteriore contributo che assicura il necessario grado di sicurezza nell’esecuzione dei lavori e garantisce un elevato standard di efficienza e durata delle opere realizzate, in coerenza con l’impegno contrattuale assunto dal professionista per adempiere alle richieste dalla committenza.

Obiettivi e prospettive sottese
Sulla scorta dell’esperienza maturata in questi cento anni – aggiunge Perrini – ora dobbiamo affrontare le sfide del presente e dell’immediato futuro. Ne intravediamo quattro. Innanzitutto, lavorare per arrivare alla piena applicazione dell’equo compenso per tutti i professionisti. Introdurre nel nuovo codice dei contratti i necessari aggiustamenti nell’interesse della società civile, in particolare introdurre le lauree abilitanti sulle quali stiamo lavorando da tempo. Infine, prevedere l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo per ingegneri alle dipendenze di aziende e pubbliche amministrazioni”.
L’intento espresso dal Presidente Perrini è “Far comprendere alla società civile e al Legislatore che, come per il medico, indispensabile artefice della salute, e per l’avvocato, difensore del cittadino nelle questioni giudiziarie, è obbligatoria l’iscrizione ad un Albo professionale, a garanzia delle prestazioni svolte, altrettanto lo deve essere per l’ingegnere”, giacché è figura “garante della sicurezza della società civile, in tutti i campi in cui opera”.
“Nel frattempo – ha aggiunto Perrini – il Consiglio nazionale sta sollecitando il governo, affinché il nuovo Testo unico venga approvato non come DPR, bensì come “una vera e propria legge”, che possa semplificare l’attività dei professionisti e degli altri operatori del settore”.
“Occorre cominciare a lavorare – spiega – per far sì che tutti gli ingegneri italiani possano essere accolti all’interno dell’Albo. Sin da quando, nel 1875, si cominciò a parlare di un’istituzione di un Albo degli ingegneri e degli architetti, al centro fu subito messa la sicurezza della committenza, dei cittadini”.
Questo nuovo approccio, che vede il mondo professionale aprirsi a modelli di collaborazione con i propri interlocutori, costituisce motivo di richiamo ed esperienza per incrementare il bagaglio di conoscenze tecnico-professionali, ma al tempo stesso rivela un’attestazione di stima, un concreto apprezzamento dei professionisti da parte dei propri stakeholder, da prendere in attenta considerazione. L’acquisizione di una crescente autorevolezza e credibilità da parte degli organismi istituzionali che, come ha ricordato il Presidente Perrini, si incrementa anche “grazie a un’intensa attività di interlocuzione politica”, se portata avanti con efficacia, può avere un riscontro positivo anche nei singoli professionisti, in termini di autostima e sicurezza che aiuta a crescere.
È possibile che questa sia la strada che si deve ancora percorrere, il traguardo che è ancora necessario raggiungere per costituire una categoria, caratterizzata da interessi e obiettivi che si traducano in una comunione di intenti. Una categoria compatta in cui nessuno accetti un incarico con il compenso pari a 1 €, l’acquisizione di un incarico al massimo ribasso ed altre discrepanze che ancora si incrociano lungo il tracciato.

La voce delle istituzioni
Complemento al successo del centenario, il contributo dei relatori intervenuti, ricco di apprezzamenti a sostegno degli obiettivi enunciati dal Presidente del Cni, ha portato all’attenzione dei professionisti la voce delle istituzioni. Presente il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri e alcuni rappresentanti del Parlamento, tra i quali il ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, Francesco Paolo Sisto (viceministro della giustizia), Edoardo Rixi (viceministro delle infrastrutture) e Fausta Bergamotto (sottosegretario delle Imprese e del Made in Italy), oltre al presidente del Consiglio nazionale architetti Francesco Miceli.

Alcuni dei temi trattati negli interventi
Fonte: L’ECO della stampa
Il ruolo sussidiario dei professionisti nei lavori pubblici
“Avendo avuto a che fare da sempre – dice Guido Castelli, commissario per la Ricostruzione post terremoto del Centro Italia – con le questioni relative ai terremoti, so bene quanto sia fondamentale il ruolo degli ingegneri. Grande importanza ha l’applicazione del principio di sussidiarietà. Gli ingegneri possono essere uno degli elementi per rispondere ad una delle maggiori difficoltà di oggi: la scarsa capacità di spendere le risorse disponibili”.
“In passato – ricorda Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti – abbiamo realizzato infrastrutture importanti in tempi contenuti. Grandi opere come il completamento del Mose, il Ponte sullo Stretto e il completamento dei corridoi europei sono fondamentali affinché il Paese si sviluppi e torni a crescere. In questo diventa fondamentale il ruolo delle imprese e dei professionisti come gli ingegneri”.
 

Centenario dell’Albo degli Ingegneri. Pontificia Università Urbaniana, Roma


L’iscrizione obbligatoria all’Albo per tutti gli ingegneri e architetti

Il viceministro della Giustizia con delega alle professioni, Francesco Paolo Sisto si dice favorevole “alla ripresa dell’immagine dei professionisti come base per la ripresa e lo sviluppo del Paese. L’obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo di tutti gli ingegneri è un tema che va valutato attentamente. L’iscrizione è un valore aggiunto, a cominciare dalla deontologia” visto che “è un valore aggiunto” essere iscritti ad un Albo, per le implicazioni deontologiche che ne derivano.
Rivolgendo il suo “augurio a tutti gli ingegneri, che svolgono una professione così complessa, così alta”, la vicepresidente Ppe al Consiglio d’Europa, Deborah Bergamini, interviene in difesa degli Ordini professionali, che “non sono una casta, ma un ente che offre garanzie di etica, di deontologia e di competenza. Gli ingegneri sono la spina dorsale del Paese. I tutori e i garanti della sicurezza di tutti. Una responsabilità enorme. In questo senso, l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Ordine degli ingegneri la trovo una cosa giusta”.
Il presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia, sostiene che “gli ingegneri hanno attraversato tutte le trasformazioni e le innovazioni cui è andato incontro il Paese. Personalmente ho sempre sostenuto la funzione dei Politecnici, per avere il know-how necessario allo sviluppo del Paese. Sulle lauree abilitanti penso si possano trovare delle convergenze, così come si deve ragionare sull’eventuale obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo da parte degli ingegneri che agiscono nelle pubbliche amministrazioni”.

Il ruolo dell’ingegnere è essenziale
“Nella mia vita – sottolinea Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura – stranamente non ho mai polemizzato con un ingegnere. È difficile che l’opera di un ingegnere possa essere soggetta a critiche o opinione. È uno dei motivi per cui parliamo poco di loro. Abbiamo bisogno di ingegneri, è così essenziale il loro lavoro che non ci occupiamo mai di loro, sono loro ad occuparsi di noi. L’ingegnere prolunga l’opera di Dio”.
Per l’on. Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, “La professione di ingegnere è fondamentale per lo sviluppo complessivo della comunità. L’Ordine degli ingegneri, ma più in generale gli Ordini professionali, sono garanzia di serietà e competenza. Non dobbiamo rottamare ma rigenerare. In questa ottica vedo anche la prospettiva dell’obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo per gli ingegneri”.

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