«Efficienza e sostenibilità, Inarcassa guarda ai giovani ma nessuno resterà indietro»

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Intervista a Marco Mizzau dal 16 settembre
nuovo Direttore Generale di Inarcassa

Dal 16 settembre Inarcassa ha un nuovo Direttore Generale. Marco Mizzau, 41 anni, ha preso il posto di Giancarlo Giorgi nell’ufficio al quinto piano di via Salaria 229 a Roma. Mizzau ha iniziato il suo percorso professionale circa 22 anni fa, prima di laurearsi in Economia e Commercio alla Luiss, lavorando per tre società di consulenza, in Ferrovie dello Stato, e al Campus Bio Medico di Roma. Mi riceve in un tiepido pomeriggio di fine ottobre nel suo ufficio. Entro nella stanza attraverso una porta scorrevole; con un sorriso mi indica una sedia e chiude la porta alle mie spalle. Prende dalla scrivania alcuni fogli con suoi appunti, mentre accendo il registratore che appoggio sul tavolo nero.
 
Direttore, prima di arrivare a Inarcassa di cosa si è occupato?
 
«La mia carriera si è articolata in cinque tappe fondamentali. Sono entrato come business analyst in Kpmg Consulting per seguire il processo di transizione della contabilità di Ferrovie dello Stato dalla Lira all’Euro, per poi rimanere a lavorare come dipendente in una delle funzioni maggiormente strategiche della Holding in quello che, allora, era considerato il “carrozzone di Stato”. Sicuramente un posto non molto ambito dai laureati del 1999 (che puntavano ad approdare nelle banche di investimento a Londra) ma per me è stata una grande scuola manageriale, una gavetta importantissima. Alla fine sono arrivato ad occuparmi del processo di privatizzazione e riorganizzazione industriale del gruppo che ha portato alla creazione delle società Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana».
 
E dopo l’esperienza in Ferrovie? 
 
«Dopo quattro anni entro in Ernst & Young come manager per supportare clienti pubblici nel settore dei trasporti. Vengo, così, in contatto con il Ministero delle Infrastrutture e con la Regione Lazio. Successivamente approdo in Accenture, dove rimango per sei anni. Qui mi occupo di progetti a supporto di CEO e CFO di gruppi industriali che operano nel campo dell’Energia, come Eni, Acea ed Enel, in Italia e all’estero».
 
Lei poi arriva al Campus Bio Medico. 
 
«Sì, nel 2011. Accetto questa sfida per me inedita nel settore sanitario e immobiliare. In un primo momento mi occupo di spending review dei costi operativi (personale, beni e servizi). Ma pensavo di rimanere solo un anno. Alla fine sono stato lì per più di sei, consolidando un ottimo rapporto con gli organi di Governo e proseguendo come Direttore fino a collaborare alla stesura del piano industriale del nuovo Pronto Soccorso e del Masterplan al 2045 per la realizzazione del ‘Campus del futuro’».
 
Dopo questa esperienza, decide di cambiare  tutto e di cimentarsi nel settore previdenziale.
 
«Esatto. Nei primi mesi di gennaio del 2019 sono stato contattato per la selezione di Inarcassa. Fin dal principio mi sono subito posto una domanda fondamentale: “Che cosa posso fare io per l’Associazione? Come posso valorizzare al massimo il mio contributo?”. Così mi sono messo a studiare. Ho letto documenti, report e analisi disponibili, consapevole di entrare a fare parte di un centro di eccellenza nel panorama delle Casse di Previdenza e degli enti di diritto privato. Il Consiglio di Amministrazione non cercava un esperto di Previdenza, bensì un Direttore Generale con solide esperienze professionali e che fosse in grado di traghettare la tecnostruttura con efficacia ed efficienza nel prossimo quinquennio».
 
In questo quanto ha inciso la sua precedente esperienza come consulente?
 
«Molto. Il vantaggio di chi ha acquisito un “approccio da consulente” è la capacità di potersi calare velocemente in un nuovo settore o in una nuova industry. È chiaro che l’atteggiamento con cui ci si deve porre è sempre quello dell’umiltà e dello spirito di servizio, sapendo che l’interlocutore che si ha davanti – a prescindere dal livello professionale – ha un patrimonio di esperienze e conoscenze di settore dal quale tu puoi solo imparare, anzi dovrai essere in grado di valorizzare e patrimonializzare all’unisono».
 
Qual è il suo rapporto con il Presidente Giuseppe  Santoro, dopo questi primi mesi dentro  Inarcassa?
 
«È un Presidente che mi piace definire H24. Crede nell’ente e mette tutto se stesso dalle 7 di mattina a notte fonda con presenza totale in ufficio ed è – digitalmente – collegato sette giorni su sette».
 
Quale è stato il suo primo impatto con la  struttura di Inarcassa?
 
«Nelle prime tre settimane ho incontrato singolarmente tutti i dirigenti e successivamente tutto il personale in sessioni separate per singola direzione o funzione alla presenza del responsabile di riferimento. Come dicevo prima, io sono l’ultimo arrivato ed era doveroso per me “entrare in punti di piedi” presentandomi a tutta la squadra. Ho cominciato subito a lavorare operativamente con i singoli dirigenti sulle tematiche di pertinenza, creando anche tavoli di lavoro trasversali. Perché il lavoro di squadra è fondamentale. Ho, inoltre, partecipato al primo Comitato Nazionale dei Delegati di Olbia: ho cercato di trasferire nel mio messaggio di presentazione l’impegno a lavorare non solo per il Personale dell’Ente ma inevitabilmente per i 170 mila iscritti rappresentati nelle loro aspirazioni, attese e desideri dai membri del Comitato, espressione dell’anima politica della categoria. Ho anche partecipato ai tavoli di lavoro con le istituzioni: Collegio dei Sindaci, Ministeri Vigilanti, Adepp e Covip oltre ai Nodi Periferici. Tutte le istituzioni vanno rispettate e hanno logiche “comportamentali” diverse che è bene intercettare e assecondare nel giusto senza aver il timore di rappresentare con fermezza le esigenze dell’Ente».
 
In che direzione si muoverà per questo suo mandato?
 
 
«Tra i documenti operativi prodotti in questo primo bimestre, posso citare il Bilancio di Previsione 2020 che contiene obiettivi sfidanti e anche l’anticipazione e il racconto di significativi traguardi raggiunti di preconsuntivo. Inarcassa ha circa 170 mila iscritti, più di 11 miliardi di patrimonio e un avanzo economico superiore a 600 milioni. Mantenere questa linea, anzi fare meglio di così sarà difficile ma – in un contesto come quello in cui operiamo – occorre guardare sempre avanti, essere proattivi e innovativi anche per le generazioni future. Per questo ho invitato tutta la Direzione Generale – nel lavoro quotidiano – a ragionare sempre su due piani: quello dell’operatività, dell’equilibrio economico e della gestione operativa per garantire gli appropriati livelli di efficienza ed efficacia; e quello dell’ out of the box, ovvero cercare di porsi al di fuori delle situazioni per osservarle con occhi diversi e proporre delle migliorie anche e  soprattutto per le generazioni future. Basti pensare che il 35% degli iscritti ha meno di 40 anni».
 
I giovani, appunto. Cosa può fare di concreto Inarcassa per loro?
 
«Molti di loro si sentono danneggiati dai diritti acquisiti delle generazioni precedenti, da un mercato del lavoro asfittico in cui la domanda è molto inferiore all’offerta e il prezzo da pagare è alto e ingiusto. Occorre avere un occhio, non più solo al futuro dei propri iscritti, ma anche al presente, con aiuti concreti di sostegno per affrontare la crisi».
 
Quali sono i suoi obiettivi nel breve periodo?
 
«Sempre fare squadra: consolidare un buon clima e rafforzare l’integrazione. Entro il 2020 facilitare la “messa a terra” del nuovo Sistema Informativo e gli obiettivi previsti nel Piano Strategico 2015-2020 che non sono stati ancora implementati. Punto alla Business Continuity e Disaster Recovery e all’ updgrade dell’ERP: un dato analitico, certificato e affidabile, estratto da un sistema scalabile, è fondamentale per l’Amministrazione, e patrimonio di tutti gli utenti. Insomma, vorrei avvicinare ancora di più Inarcassa agli iscritti: razionalizzare – laddove possibile – gli strumenti di contatto tra associati e l’Ente e i processi correlati al fine di garantire, in termini informativi, maggiore trasparenza, velocità nella fruibilità e veicolazione del dato. Immagino un sito web in cui al centro ci sia un sorta di uomo vitruviano inserito all’interno di un grande orologio, ove per ogni “tempo” della vita è correlato un servizio che può offrire l’Ente per soddisfare i bisogni della scala di Maslow. Ad ogni spicchio di quadrante è correlato un link a un potenziale servizio».
 
Mentre nel lungo periodo?
 
«I miei obiettivi saranno quelli che il nuovo Consiglio di Amministrazione vorrà definire che, presumo, debbano essere ispirati al perseguimento della sostenibilità finanziaria e sociale del sistema di previdenza come sfida per il futuro. L’ultimo Rapporto Censis – Tendercapital cita: avere una salute complessivamente buona, una condizione economica tra redditi e patrimoni generalmente solida ed in definitiva poter scegliere cosa fare del proprio  tempo e della propria vita sono formidabili generatori di quella micro-felicità quotidiana che, in una società percepita come ostile o comunque non facile da vivere, sono assolutamente essenziali».
 
Partiamo dall’aspetto previdenziale.
 
«Premesso che il contenimento dei costi spesso comporta manovre dolorose e l’incremento dei ricavi è correlato al numero degli iscritti e/o alle società di Ingegneria, le leve a disposizione sono sicuramente limitate e i vincoli imposti dai controllori (Covip, Ministeri Vigilanti, Anac, Corte dei Conti, Adepp, etc.) significativi. È vero, altresì, come sappiamo, che la previdenza è circolare: chi lavora versa dei contributi e con questi si mantiene chi ha lavorato, nel convincimento che chi verrà dopo farà lo stesso. Per le Casse di Previdenza, la responsabilità verso il futuro è un corollario della loro autonomia. Quindi direi: porre in essere tutto quanto necessario per valorizzare questo “patto tra generazioni” e individuare metodologie e strumenti per renderlo più efficace ed efficiente è un dovere imprescindibile».
 
Sotto il profilo assistenziale come pensa di muoversi?
 
«Immagino un sistema di welfare integrato nel quale le singole componenti operino in modo non sovrapposto ma quanto più possibile complementare per fornire un’efficace risposta alle trasformazioni demografiche e sociali che stanno investendo il Paese. Laddove è possibile, vorrei rafforzare quello che già viene erogato in termini di sanità integrativa, assistenza e welfare per il lavoro, eliminando o comunque “efficientando” i vincoli amministrativi. Prendersi cura della fase di quiescenza anche in termini di long term assistance. Ipotizzare convenzioni e/o modalità appropriate per sostenere, anche tramite accordi con le principali RSA accreditate, dei servizi di assistenza domiciliare necessari nella fase della vita in cui in un certo senso si torna bambini».
 
Inarcassa investe i soldi dei propri iscritti per garantire loro una pensione adeguata in futuro. Come pensa di migliorare l’aspetto patrimoniale?
 
«È importante – in tutte le aziende – pensare globalmente per agire localmente. Sotto il profilo degli investimenti, sarebbe bello poter eseguire una indagine statistica volta a valutare la tolleranza al rischio degli iscritti che consenta di confermare “dal basso” il profilo medio di preferenza “rischio-rendimento” in modo da ottimizzare le logiche di gestione adottate».
 
E su quali settori Inarcassa dovrà puntare?
 
«Nell’assoluto rispetto del principio della prudenza, terrei d’occhio due filoni emergenti: l’economia all’idrogeno e il social housing. Con riferimento al primo, per passare dalle parole ai fatti, è fuori discussione che la  transizione energetica abbia bisogno di progetti concreti e di molta “carica”. Parimenti le infrastrutture, che scontano un gap di politiche e non di risorse, andrebbero “rivitalizzate” con investimenti in progetti di qualità. Ma mi faccia dire una cosa a cui tengo».
 
Certamente.
 
«Al di là degli investimenti, è fondamentale il rapporto tra la Cassa e gli associati. Per questo, sotto il profilo tecnologico, Inarcassa dovrà esplorare migliorie tecnologiche correlate alle innovazioni nel campo del 5G e  dell’intelligenza artificiale. È bene investire sulla formazione degli iscritti, se si vuole contrastare l’inesorabile condizionamento e spiazzamento derivante dalle nuove tecnologie e dai processi».
 
Siamo arrivati al termine di questa intervista. Quale messaggio si sente di lanciare ai dipendenti e agli associati?
 
«C’è una lezione che qualcuno mi ha insegnato e che ho fatto mia. Se si vuole diventare una persona maggiormente apprezzata – in qualunque settore – occorre aumentare il proprio valore personale. È questo il motto che vorrei che tutti i dipendenti facciano proprio. Uno strumento efficace è sicuramente lo studio e l’approfondimento – del e nel proprio settore – ma anche l’investimento nello sviluppo personale. Poi vorrei dire a tutti: la porta del mio ufficio è sempre aperta. Sono qui per ascoltare tutti, per affrontare i problemi e anche e soprattutto per complimentarci per i risultati raggiunti. Infine, ringrazio tutto il Consiglio di Amministrazione per la pazienza e il calore con i quali mi ha accolto: già nei lavori delle prime sedute ho avuto conferma delle alte qualità professionali e umane rappresentate».

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