Superbonus 110%, incentivo per il cambiamento
Natura e disciplina dell’incentivo
Claudio Guanetti - Chiamarlo agevolazione è forse riduttivo, certamente si tratta di un incentivo che non ha precedenti, tanto meno se consideriamo la sfera d’azione cui si riferisce, vale a dire gli ambiti dell’efficientamento energetico e dell’adeguamento antisismico degli edifici residenziali. Questo nuovo benefit di carattere fiscale è disciplinato dall’articolo 119 del decreto-legge n. 34/2020 (decreto Rilancio) che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020, per la realizzazione di specifici interventi finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche e a soddisfare i requisiti di sicurezza antisismica degli immobili abitativi.
Un provvedimento che, peraltro, non è certo una novità per il nostro Paese, ma integra la normativa edilizia a cui si richiama, in relazione a questi due ambiti operativi. La riqualificazione e la ristrutturazione, infatti, sono modalità prevalenti negli interventi adottati per la conservazione di un bene immobiliare che nel Belpaese, storicamente, ha un valore di particolare importanza, da preservare anche se di vecchia costruzione; a differenza della demolizione e ricostruzione, pratica più diffusa in altri Paesi europei e adottata specialmente oltreoceano, dove prevale una naturale disposizione ad intervenire, anche su edifici non particolarmente obsoleti, in modo radicale o, per meglio dire, poco incline alla conservazione.
Da anni, per i lavori di riqualificazione energetica e di adeguamento ai requisiti antisismici degli edifici, è stato introdotto il meccanismo della detrazione fiscale, nel 2007 l’Ecobonus ha aperto la serie delle opportunità per quanto attiene al risparmio energetico e, successivamente, la legge n. 90 del 2013, che agli articoli 14 e 16, prevede la detrazione delle spese sostenute per la realizzazione degli interventi, rispettivamente, attraverso l’incentivo Ecobonus e Sismabonus. A onor del vero, va ricordato che su queste tematiche i dettati normativi dei Paesi aderenti, sono anche frutto del recepimento di Direttive Comunitarie. L’Unione Europea è particolarmente attiva nell’affrontare le problematiche ambientali, già all’interno del Recovery Plan a queste era riservata una quota dei fondi stanziati per promuovere l’efficienza energetica, riducendo in tal modo i consumi di energia delle famiglie e al tempo stesso contenere le emissioni di gas serra.
Nel 2020, con la Renovation Wave, la UE individua un programma che comprende anche provvedimenti di contrasto alla crisi economica, accentuata dalla pandemia, a favore della riqualificazione degli edifici e una migliore qualità dell’abitare, per aiutare la crescita dell’occupazione, come propellente della ripresa economica, poiché nel secondo decennio del 2000 il settore edile è quello che ha sofferto maggiormente.
D’altra parte, va ricordato che, per la nostra normativa, l’attenzione alle tematiche relative al contenimento dei consumi energetici degli edifici costituisce un requisito per le nuove costruzioni o per gli edifici oggetto di ristrutturazioni importanti, fin dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 19 agosto 2005 n. 192, che promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e stabilisce alcuni requisiti minimi da rispettare, relativi agli impianti termici e all’isolamento dall’esterno. Così come l’installazione degli impianti fotovoltaici garantisce una detrazione fiscale addirittura dall’introduzione del DPR 26 agosto 1993 n. 412.
La motivazione:
scenario ambientale, sociale ed economico
Ma, adempiere all’obbligo di dotare le nuove costruzioni di particolari requisiti è cosa ben diversa dall’attitudine ad agire spontaneamente, per riqualificare un edificio energivoro esistente, soprattutto in una contingenza economica avversa. E, peraltro, al di là delle ragioni che inducono a preferire la prima corrente di pensiero indicata sopra, cioè la conservazione, è fin troppo evidente quanto sia necessaria la riqualificazione periodica dei cosiddetti “beni stabili” con interventi consoni ai requisiti via via richiesti per il loro mantenimento “in buono stato” di conservazione ed energeticamente efficienti. Invece, non è altrettanto scontato che questi interventi necessari vengano realizzati, purtroppo e la ragione prevalente che spinge a rinviare la realizzazione dei lavori è quasi sempre di natura economica.
La tematica è balzata di nuovo all’attenzione dell’opinione pubblica nella modalità più evidente: l’aumento esorbitante dei prezzi dei combustibili che alimentano gli impianti di riscaldamento degli edifici, in primis il gas; ma, soprattutto, il costo esorbitante della “bolletta elettrica”. E quando la preoccupazione degli italiani si è tradotta nel problema economico principale che il Governo del Paese si è trovato a dover risolvere, la crisi energetica è stata appesantita dalle difficoltà connesse allo scatenarsi della pandemia e dalla più recente esplosione del conflitto al confine orientale dell’Europa, che ha compromesso il normale approvvigionamento di gas.
In un simile momento storico, contrastato e incerto, dal complicato clima sociale, non è certamente un azzardo considerare utile e tempestivo un provvedimento che rappresenti una forma di aiuto e ripresa della normalità, soprattutto se contribuisce ad alleviare la gravità della condizione economica del Paese. Quello prescelto, il Superbonus 110% appunto, è stato introdotto con l’obiettivo di imprimere una svolta risolutiva alla crisi energetica, nel segno degli obiettivi europei di salvaguardia ambientale, contribuendo al tempo stesso alla ripresa economica del Paese.
Indubbiamente, l’esigenza di elevare l’efficientamento energetico degli edifici è dettata anche dalle condizioni di difficoltà nella fornitura delle materie prime, con l’inevitabile relativo aumento dei prezzi. È altrettanto vero, tuttavia, che l’elemento prezzo è soltanto uno dei fattori influenti, poiché a parità di combustibile e del relativo prezzo, l’efficienza dell’impianto è fortemente condizionata dalla tipologia del generatore. Pertanto, la possibilità di sostituirlo con un generatore adeguato o con una tipologia d’impianto combinato aria-aria, costituisce un indubbio rimedio per la riqualificazione energetica degli immobili; ma, al tempo stesso, rappresenta anche un deciso contrasto all’inquinamento ambientale, attraverso un minor consumo di combustibile o di energia.
In tutto questo succedersi di imput oggettivi, si è avvertita una maggiore consapevolezza da parte delle Istituzioni, un rinnovato interesse nella ricerca di strumenti efficaci per far fronte alla crisi energetica in atto, che a ben vedere, sarebbe un valido motivo per “costringere” di per sé i proprietari di immobili a moltiplicare gli sforzi per adeguare le proprie abitazioni, ma conosciamo il motivo della resistenza ad agire. È così che alle Istituzioni non rimane che investire con azioni di convincimento, che sono comunque espressione di provvedimenti condivisi in ambito europeo, per un più sollecito impegno all’adeguamento del patrimonio edilizio del nostro Paese agli attuali standard energetici e, al tempo stesso, garantire la sicurezza della popolazione nei confronti degli eventi sismici.
Dunque, possiamo immaginare come queste attenzioni abbiano sollecitato il Governo a prendere iniziative appropriate, per vincere la ritrosia degli indifferenti e dare impulso ai diligenti che non abbiano sufficienti risorse economiche. Così, la strada seguita non poteva che portare all’adozione degli incentivi, finalizzati alla realizzazione di interventi efficaci per la riqualificazione degli immobili obsoleti energivori e insicuri.
Ora, non potendo tradursi in un obbligo a intervenire, dobbiamo constatare come il meccanismo delle opzioni applicative - sconto in fattura, cessione del credito e detrazione fiscale, architettato per il Superbonus 110% - sia apparso del tutto convincente ai proprietari di immobili.
I PUNTI DI VISTA A CONFRONTO
• Punti di forza e Punti di debolezza
Mario Magnone - In merito all’andamento delle operazioni e agli sviluppi normativi inerenti agli interventi edilizi agevolati dai bonus fiscali, in particolare al Superbonus, assegnare agli interventi un contributo del 110%, cioè addirittura superiore al costo sostenuto, anche ammesso (e non concesso) il fine ultimo di garantirne il successo (magari anche a favore di enti finanziari?), sia comunque una scelta gravemente imprudente, per non dire sconsiderata.
Claudio Guanetti - Da oltre due anni applichiamo il Superbonus 110%, inedito incentivo riconosciuto al contribuente, che lo Stato finanzia con le entrate fiscali del contribuente stesso. Una vantaggiosa “partita di giro”, insomma, attraverso cui si “vincolano” di fatto le imposte che saranno versate dal contribuente al pagamento delle spese che egli stesso sostiene per la riqualificazione e la sicurezza della propria abitazione. In questo modo, le opere necessarie al raggiungimento di questo fine si configurano come interventi che rientrano nell’ambito delle “Opere Pubbliche”; ma, data la peculiarità di essere effettuate su beni immobili privati, lo Stato ne “affida” la realizzazione al contribuente/proprietario.
Un provvedimento, il Superbonus 110%, che ha riunito un meritevole obiettivo di salvaguardia ambientale, improntato alla transizione energetica, a un responsabile intento mirato al rilancio del settore edilizio, fermo ormai da tempo.
A differenza delle precedenti agevolazioni dello stesso genere, non solo lo Stato si fa carico dell’importo complessivo sostenuto dal contribuente per la progettazione, l’esecuzione, la direzione, contabilizzazione e asseverazione dei lavori, ma vi aggiunge un ulteriore 10%; un super incentivo, appunto, quasi a suggellare il riconoscimento di un atto meritevole, coordinato con i cittadini, che deve essere “valorizzato”.
Mario Magnone - Nonostante questi buoni propositi, però, chiunque si rende immediatamente conto che per il committente dei lavori cade qualsiasi interesse a controllare e contenere i costi dell’opera; e quindi tutti i soggetti coinvolti tenderanno a spendere il massimo possibile, tanto tutto viene “regalato” dallo Stato Pantalone.
Mi augurerei che in futuro venga confermato il Bonus, portando il contributo a un’aliquota ragionevole delle spese, ad esempio, intorno al 75%.
Claudio Guanetti - In realtà, la normativa di riferimento prevede misure di controllo dei prezzi in riferimento ai prezziari regionali o, in mancanza di questi, al prezziario DEI e, nel caso in cui la voce relativa all’opera da eseguire non sia presente nei suddetti prezziari, il progettista può formulare un nuovo prezzo, che deve essere giustificato da una specifica analisi. In ogni caso, oltre al rispetto dei limiti di prezzo indicati dai prezziari, il progettista deve effettuare la verifica generale dei massimali previsti per le singole opere e la verifica relativa alla sola fornitura rispetto al massimale del MITE. In merito al “contenimento degli interventi”, è comunque facoltà del committente realizzare opere che vadano oltre il superamento minimo delle due classi energetiche dell’edificio rispetto allo stato di fatto, requisito minimo imposto per il diritto all’incentivo. Questa scelta non si configura come comportamento speculativo o addirittura fraudolento, anzi contribuisce a ridurre il fabbisogno energetico dell’immobile a beneficio dell’ambiente. In ultima analisi, dunque il meccanismo di controllo è in capo al Professionista, al quale, non va dimenticato, nella fase finale dei lavori la norma affida il compito di asseverare la congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati realizzati. In considerazione della sussistenza di questi “vincoli”, risulta abbastanza remota la possibilità per il committente di “spendere il massimo possibile” per la realizzazione degli interventi di riqualificazione.
Riccardo Betti - Pur riconoscendone tutti gli aspetti positivi per i cittadini, per le imprese e per noi professionisti, ci si pone un interrogativo rispetto a questa norma. Riguarda l’aver premiato in identica misura interventi su fabbricati meno bisognosi e interventi su fabbricati più bisognosi di adeguamenti migliorativi, sia per quanto riguarda la sicurezza antisismica, sia in merito al superamento di due classi energetiche. Sarebbe stato più opportuno, invece, applicare una diversa premialità per gli edifici di vecchia e di più recente costruzione, per indirizzare gli interventi in funzione della classe di appartenenza dei fabbricati.
Claudio Guanetti - Un affinamento, certo, garantirebbe maggiore equità tra i beneficiari dell’incentivo; anche se dovrebbe fare riferimento prevalentemente alla classe catastale dell’edificio, più che all’anno di costruzione.
È di tutta evidenza, comunque, l’altro l’aspetto rilevante, implicito nell’applicazione di questo provvedimento, che attiene alla qualità dell’abitare. D’altra parte, non va trascurato quanto gli adeguamenti migliorativi degli edifici determinino anche un positivo riflesso sui consumi energetici. Dunque, una disposizione che, data la sua peculiarità, si configura come vantaggioso incentivo economico di carattere socio-ambientale, orientato al risparmio energetico e alla sicurezza dell’abitare.
• Scenari possibili, le prospettive
Stefano Del Pinto - Le politiche governative hanno messo in campo iniziative di incentivi statali volti alla riqualificazione sismica ed energetica delle abitazioni. Il Superbonus 110%, ad esempio, si è evidenziato che, tecnicamente, non costituisce una reale e concreta politica di “riqualificazione” delle abitazioni in quanto ha disatteso la presa in considerazione e valutazione dei parametri edilizi di quantificazione, qualificazione e localizzazione degli immobili nelle diverse zone del territorio. Inoltre, nel breve tempo di attuazione ha avuto bisogno di revisioni che si sono rivelate incerte e confuse, alimentando difficoltà di applicazione e disparità rispetto alle diverse conformazioni abitative come, ad esempio, tra i condomini e le case monofamiliari e altro, risultando de facto, più un “prodotto finanziario”, invece che uno strumento di riqualificazione abitativa.
Francesco Delitala - L’aspetto della vivibilità, che in effetti è legato alle esigenze di uno stile di vita che evidenzia anche un reale cambiamento di abitudini nell’abitare la casa, ha portato in questi ultimi anni a modificare lo stile di vita rispetto al passato. Una maggiore presenza durante la giornata e l’attività di lavoro svolta in casa, hanno comportato l’aumento del consumo energetico delle famiglie. Un altro cambiamento importante riguarda la ricerca di autonomia, con la costituzione delle cosiddette Comunità Energetiche, nelle quali è autogestita la produzione di energia con impianti da fonti rinnovabili che in Sardegna è una forma di produzione autonoma molto incentivata.
Claudio Guanetti - Indubbiamente, i temi evidenziati sono rilevanti e meritevoli di una valutazione; tuttavia, è una consuetudine e quasi sempre un obbligo, che deriva dalle circostanze, dare la precedenza alle urgenze, soddisfare le priorità e, soprattutto, nell’ambito delle risorse pubbliche è necessario considerare l’effettiva disponibilità delle necessarie risorse finanziarie, per rendere esecutive le opere.
Riguardo all’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili attraverso autonome Comunità Energetiche (CER), si assiste a un crescente interesse che denota l’apprezzamento per una forma di partecipazione attiva alla riconversione del sistema. Ricordando che l’argomento è stato trattato nell’articolo del Collega Claudio Bertani, pubblicato sul n. 1/2022 del nostro periodico, si potrà riprenderne la trattazione, raccogliendo i riscontri delle iniziative che via via si realizzeranno, al fine di valutarne l’impatto sul complesso delle azioni intraprese verso l’obiettivo di graduale decarbonizzazione del 2030.
Altri dati significativi indicano che nell’Unione Europea è attribuibile agli impianti degli edifici il 40% del consumo di energia e il 36% delle emissioni di gas a effetto serra. In Italia, il 37% degli edifici rientra nella classe energetica G e il 24,9% nella classe F. Altri dati significativi indicano che circa l’85% del nostro patrimonio immobiliare residenziale sia inadeguato dal punto di vista energetico e oltre il 70% richieda interventi di adeguamento strutturale antisismico (fonte ENEA). Abbattere il 35% dei consumi energetici nel settore residenziale entro il 2030 è il Target obiettivo, in linea con i target del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Strutturato in cinque linee d’intervento, è lo strumento che sviluppa le politiche energetiche e ambientali verso la decarbonizzazione, a cui fanno riferimento le iniziative inquadrate nella cosiddetta Renovation Wave, come il Superbonus 110%, al centro dei programmi per favorire la ripresa economica post Covid-19 e le opportunità del settore delle costruzioni in termini di occupazione.
Siamo anche consapevoli che altrettanto auspicabile sia l’attuazione dei programmi per la riqualificazione energetica degli edifici Pubblici non residenziali, che in massima parte sono altrettanto bisognosi di “attenzione”.
Uno studio di Nomisma evidenzia come, attraverso interventi di riqualificazione energetica e sismica di questi immobili, con un investimento pluriennale pari a circa 38 mld di euro, si possano conseguire effetti moltiplicatori del PIL pari a 3,8 volte il capitale impiegato in termini economici, sociali e ambientali.
I PRIMI RISULTATI
• Il ruolo dei Professionisti
Claudio Guanetti - Ora, sintetizzati gli aspetti tecnici e applicativi, ciò che interessa valutare, al termine della prima trance delle opere realizzate, alla scadenza fissata al 30 settembre scorso, sono gli effetti degli interventi, i risultati tangibili rispetto agli obiettivi prefissati, in termini ambientali, sociali ed economici, riguardo a: conti pubblici, attività professionale, imprenditoriale e, in generale, mondo del lavoro.
Maurizio Mannanici - Concorda con le proposte e ritiene opportuna questa tavola rotonda sul Superbonus che valuta come uno strumento finanziario con forti ricadute sul benessere sociale e ambientale. Ritiene che questo strumento negli anni sia rimasto ostaggio della politica e delle banche che, secondo i punti di vista, o ne hanno esaltato gli esiti o ne hanno sminuito l’importanza, ma dimenticando l’apporto e gli investimenti dei liberi professionisti. Occorre effettuare una valutazione reale sugli esiti, vista da tutte le angolazioni, del professionista, dell’impresa, delle banche, del cittadino, per considerare la riproposizione di tutti i bonus edilizi con una modalità sistematica e un’ampia proiezione pluriennale.
Vittorio Cecchini - Oltre ai dati del questionario inviato dalla Fondazione, sarebbe utile conoscere i dati degli introiti per la categoria e l’incidenza del fatturato relativa all’attività professionale svolta per i committenti di lavori sull’efficientamento energetico con l’incentivo Superbonus 110 % e del ritorno in termini di gettito fiscale allo Stato.
Claudio Guanetti - Sono dati sicuramente significativi, in generale, per un bilancio che comprenda le attività di tutti gli attori che partecipano all’intervento; e in particolare quelle relative al contributo prestato dai progettisti e direttori dei lavori che, obiettivamente, oltre a metterci le idee e curare il loro sviluppo nella concretezza del cantiere, sono anche il trait d’union nel coordinamento delle fasi esecutive e i “certificatori” e, in quanto tali, responsabili dei lavori realizzati. Sono dati che però non riusciamo ad avere in questa fase, dovranno essere oggetto di un articolo tematico dopo il 2023, termine di efficacia dell’incentivo.
Stefano Del Pinto - Si sono costituite società General Contractor ad hoc, prive di una storicità aziendale accertata e qualificata, con il conseguente prevalere degli aspetti gestionali degli incentivi statali a scapito di una reale applicazione dello spirito del Superbonus. Tutti questi aspetti indicano come sia mancata una “regia di controllo” che garantisse l’obiettivo principe degli aiuti statali.
Claudio Guanetti - Riguardo alla legittima presenza delle società General Contractor, in un contesto così articolato per la gestione delle attività correlate alle procedure previste dalla nutrita normativa che ha varato il Superbonus 110%, possiamo aggiungere un auspicio. Il crescente ricorso a strutture societarie che intercettano anche la componente tecnica professionale – elemento essenziale alla base degli interventi da attuare sugli edifici – offrendo al committente i servizi di progettazione, direzione, contabilità e asseverazione dei lavori, deve aiutare i liberi professionisti a riflettere sulla necessità non più rinviabile di una riorganizzazione nella forma multidisciplinare della loro attività. E questa occasione, in qualche misura, è valsa come importante banco di prova per valutarne appieno l’opportunità.
Beniamino Visone - Il “dopo superbonus” sarà un problema. Ottima la legge ma non la scadenza, che è un errore in quanto comporta alcune problematiche: - l’inevitabile aumento dei prezzi dei materiali; - le imprese si trovano ingolfate per via della manodopera; - i lavori vengono fatti in fretta e male; - per le false dichiarazioni noi tecnici rischiamo addirittura l’arresto; - cosa accadrà dopo la scadenza dei bonus in relazione ai prezzi dei materiali, delle manovalanze e delle parcelle professionali; - il problema della riforma del catasto e del probabile aumento delle rendite catastali dei fabbricati migliorati. Il questionario elaborato e diffuso in merito dalla Fondazione chiarirà tutti i problemi riscontrati dai colleghi.
• La scelta delle Istituzioni
Claudio Guanetti - Molti colleghi hanno sperimentato la complessa grammatica applicativa delle norme sottese al provvedimento, ma qui interessava valutare i punti di forza e anche di debolezza di questo inedito incentivo “elargito” al contribuente per la riqualificazione del proprio immobile, che ha coinvolto tutti gli attori del settore edilizio-impiantistico- ambientale che intervengono nei lavori. Così come è utile un accenno ai primi risultati tangibili conosciuti in termini di costi da parte dello Stato e benefici per la società, i cittadini e l’ambiente.
Saranno i dati delle rilevazioni sulle pratiche depositate sul portale ENEA fino al 30 settembre, che comprendono lavori ultimati e interventi corrispondenti ad uno stato di avanzamenti pari al 30% del totale, a offrirne un riscontro obiettivo. Com’era immaginabile, una norma tanto innovativa non poteva passare indenne la messa in atto, così che numerose sono state le incertezze e le modifiche in corsa. Ma, oltre a rendere operative misure efficaci a beneficio del risparmio energetico, il Superbonus si è rivelato un incentivo ad ampio spettro che, nel pieno di una crisi aggravata dalla pandemia, ha contribuito ad avviare una forte ripresa economica. È un fatto incontrovertibile.
Tra i dati diffusi e le prospettive rappresentate nelle settimane successive alla scadenza del 30 settembre il dibattito che si è aperto sul futuro del provvedimento, invece, sembra orientato più sul versante dei costi sostenuti dalla Stato, rispetto al versante dei benefici per la salute, la sicurezza della popolazione e la vivibilità dell’ambiente. Evidentemente, questa narrazione prelude a una stretta del provvedimento, attraverso la riduzione percentuale dell’incentivo. Viene sottolineata, infatti, la somma investita dallo Stato fino alla data del primo step, oltre 60 miliardi di euro, ma non è stata diffusa la previsione delle entrate, prodotte dalla macchina ripartita con il contributo dei soggetti professionali e imprenditoriali intervenuti a vario titolo nella filiera realizzativa della ripresa innescata dall’incentivo.
Aspettiamo a esprimere giudizi, facciamo affidamento sulla lungimiranza e il senso di responsabilità delle Istituzioni. ■
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