Invecchiamento della popolazione nell'area euro

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Riflessi sulla crescita nel lungo periodo e sull'equilibrio dei sistemi previdenziali

Premessa

Tutte le maggiori economie europee hanno registrato negli ultimi decenni un sensibile aumento della speranza di vita media, accompagnato (con qualche eccezione) da un altrettanto evidente rallentamento delle nascite. Le previsioni dei maggiori centri di ricerca internazionali indicano che il processo di invecchiamento in atto è destinato a diventare ancor più sostenuto nei prossimi decenni.

Gli effetti sulla crescita economica di lungo periodo potrebbero essere estremamente rilevanti e richiedono di adottare politiche adeguate da parte dei Governi per contenerne l’impatto.

Il processo di invecchiamento, infatti, oltre ad avere effetti sulla crescita, manifesterà effetti importanti anche sui sistemi di welfare: da un lato, sulle fonti di finanziamento in seguito al calo della popolazione attiva; dall’altro, sulla spesa, in primis quella previdenziale, in seguito all’aumento della popolazione anziana legato al miglioramento della speranza di vita media.

In sede europea, l’Economic Policy Committee (EPC), nello specifico il Working Group on Ageing (WGA), effettua, con cadenza triennale, le proiezioni relative agli andamenti dei sistemi pensionistici europei. Quelle attuali (Ageing Report 2015) risalgono al 2015 e avevano documentato, meglio dire confermato, il fenomeno di progressivo invecchiamento della popolazione nelle maggiori economie e il relativo impatto sui sistemi previdenziali. Il prossimo aggiornamento verrà completato e reso pubblico nei primi mesi del 2018 (Ageing Report 2018): le previsioni demografiche sottostanti elaborate da Eurostat sono state tuttavia già rese pubbliche a inizio 2017.

Le nuove previsioni demografiche sono particolarmente sfavorevoli; in assenza di interventi, determineranno un impatto ancor più negativo sui conti previdenziali di tutti i Paesi europei, con riflessi negativi per le finanze pubbliche. Per l’Italia, l’effetto del peggioramento delle stime della spesa pensionistica conseguenti al nuovo quadro demografico, produrrebbe un rialzo di ben 30 punti nel 2040 del rapporto debito pubblico/Pil. Per la Germania, S&P ha calcolato che, a politiche invariate, il rapporto debito/Pil potrebbe avvicinarsi addirittura al 150% nel 2050, dal 65% previsto per il 2017. Secondo alcuni osservatori, questo è uno dei motivi che spiega le recenti politiche di bilancio della Germania, che ha privilegiato, nel corso degli ultimi anni di forte crescita dell’economia, la riduzione del debito pubblico, che dal picco dell’81,5 % in rapporto al Pil del 2012 è sceso di oltre 15 punti.

Le previsioni effettuate su periodi così lunghi vanno ovviamente prese con cautela; rivestono, tuttavia, grande importanza nel disegno delle politiche da parte dei singoli Governi nazionali, ma anche a livello comunitario, trattandosi di fenomeni comuni ai diversi Paesi.

 

Le nuove previsioni demografiche Eurostat

In base alle nuove previsioni demografiche Eurostat, nell’arco temporale dei prossimi 60 anni, la speranza di vita media alla nascita dovrebbe passare, nella media dei Paesi europei, da poco meno di 78 anni a quasi 87 anni per gli uomini e da 83 anni e mezzo a poco meno di 91 anni per le donne (cfr. tab. 1). Il numero medio dei figli per donna è previsto in lieve aumento da circa 1,6 a 1,8.

 

 

 

Nel contesto europeo l'Italia, si contraddistingue per un processo di invecchiamento più intenso: il tasso di fecondità totale è tra i più bassi, mentre l’aspettativa di vita si colloca sui livelli più elevati. La popolazione dovrebbe registrare un consistente calo (- 5 milioni nel 2065), più sostenuto di quello della Germania, a fronte di una popolazione in crescita in Francia e Regno Unito.

Oltre alle ipotesi sulle variabili demografiche, sono state già definite anche quelle sulle variabili macroeconomiche di ciascun Paese, che verranno recepite nelle previsioni di medio-lungo periodo della spesa per pensioni elaborate dall’EPC-WGA.

Per l’Italia, lo scenario risulta fortemente penalizzante, sotto il profilo della crescita economica, rispetto a quello utilizzato dal WGA per le precedenti previsioni del 2015. Questo dipende dall’effetto combinato di più fattori: oltre a dinamiche demografiche meno favorevoli ipotizzate per l’Italia, peggiorano le ipotesi del quadro macroeconomico, con particolare riferimento al tasso di crescita della produttività (che si riduce in modo significativo), cui si associa un tasso di disoccupazione più elevato su tutto il periodo di previsione.

L’adozione di queste ipotesi potrebbe determinare una significativa revisione al ribasso delle prospettive di crescita dell’economia italiana: il tasso di crescita medio annuo del PIL, infatti, è previsto ridursi addirittura allo 0,8%, pari a circa la metà di quello medio stimato per i Paesi UE; nelle precedenti previsioni del 2015, il tasso di crescita del PIL dell’economia italiana era stimato nell’1,4%, pressoché in linea con gli altri Paesi europei.

Questa riduzione è imputabile principalmente a ipotesi peggiorative sulla produttività e, in misura minore, alle nuove previsioni demografiche (che riducono il tasso di crescita del PIL di qualche decimo di punto).

 

Gli effetti sul sistema pensionistico italiano

Il nuovo scenario delineato per l’Italia a livello europeo avrebbe effetti fortemente negativi sulla sostenibilità del sistema previdenziale del nostro Paese.

In attesa delle nuove previsioni sugli andamenti dei sistemi previdenziali europei del Working Group on Ageing, si possono esaminare le recenti previsioni della spesa pensionistica in rapporto al PIL realizzate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Le previsioni MEF mettono a confronto due diversi scenari:

 

  1. scenario nazionale base, che recepisce le nuove proiezioni demografiche Istat (cfr. riquadro) e il quadro macroeconomico elaborato dal MEF;
  2. scenario europeo EPC-WGA, che recepisce lo scenario demografico e macroeconomico elaborato in sede europea descritto in precedenza.

 

Nello scenario nazionale base, la spesa per pensioni raggiunge il 16,3% del PIL intorno al 2040-2045, per scendere gradualmente al 13,1% nel 2070.

Rispetto alle precedenti previsioni, elaborate per il DEF 2017, il profilo di spesa sul PIL appare più accentuato, a causa sostanzialmente dell’adozione del nuovo quadro demografico ISTAT meno favorevole (nuove previsioni 2016-2065, cfr. box), che ha riflessi sulla crescita del PIL; sull’intero arco previsivo (2017-2070), il tasso di crescita medio annuo del PIL si riduce di circa 0,2-0,3 punti.

 

Spesa per pensioni in % Pil, 2010-2070

 

 
 
 
 
 
 

Nello scenario nazionale, il tasso di crescita della produttività rimane invece sostanzialmente invariato (circa 1,3% su base annua in tutto il periodo di previsione).

Questo quadro di ipotesi assume rilevanza anche per le Casse di previdenza, che devono utilizzare, per la redazione dei loro Bilanci tecnici “standard” (Decreto Ministero Lavoro 29/11/2007), le stesse ipotesi, comunicate dai Ministeri Vigilanti, adottate a livello nazionale per l’intero sistema pensionistico.

La sostenibilità di lungo periodo delle Casse di previdenza risentirà dunque degli effetti peggiorativi derivanti dalle nuove previsioni demografiche ISTAT, in termini di un progressivo calo della popolazione complessiva e, al suo interno, di una drastica riduzione della popolazione in età attiva accompagnata da un aumento della popolazione anziana.

Nello scenario europeo EPC-WGA, che recepisce le ipotesi elaborate in sede europea (descritte in precedenza), il rapporto della spesa sul PIL dovrebbe registrare una crescita significativa, imputabile interamente alle sfavorevoli ipotesi di crescita economica previste per l’Italia, che riducono drasticamente il trend di crescita del PIL cioè il denominatore.

In questo scenario, come illustrato sopra, oltre al deterioramento delle variabili demografiche, viene previsto, a differenza dello scenario nazionale, una forte riduzione del tasso di crescita della produttività, che corregge pesantemente al ribasso il profilo di crescita del PIL.

È proprio questa diversa ipotesi sulla produttività che spiega la drastica riduzione del tasso di crescita del PIL e, di conseguenza, l’“impennata” del rapporto della spesa per pensioni sul PIL rispetto allo scenario nazionale base.

 
 

Le nuove previsioni demografiche Istat della popolazione italiana
Lo scorso aprile, l’Istat ha diffuso le nuove previsioni demografiche della popolazione italiana per i prossimi 50 anni (2016-2065). Rispetto alle precedenti previsioni, il processo di invecchiamento e il calo della popolazione sono più intensi.
Va osservato, tuttavia, che i risultati delle nuove previsioni non sono direttamente comparabili con le precedenti proiezioni del 2011, come evidenzia lo stesso Istituto (il confronto è “almeno in parte improprio”). L’Istat ha infatti modificato la metodologia, adottando un approccio probabilistico, che porta alla definizione di un solo scenario, quello c.d. “mediano”, accompagnato da un intervallo di confidenza; nelle precedenti proiezioni, è stato invece utilizzato un approccio deterministico, con l’individuazione di uno “scenario centrale”, uno “scenario alto” e uno “scenario basso”.
Le proiezioni evidenziano un progressivo calo della popolazione totale: nello scenario c.d. “mediano”, dai 60,7 milioni del 2016 si dovrebbe passare ai 58,6 milioni del
2045 e a 53,7 milioni del 2065. La “perdita” sarebbe di 2,1 milioni nel 2045 e salirebbe a ben 7 milioni nel 2065. La stima della popolazione al 2065, oscillerebbe da un minimo di 46,1 milioni ad un massimo di 61,5 milioni.
In base alle proiezioni demografiche dell’Eurostat, la popolazione italiana si ridurrebbe fino a 55,8 milioni nel 2065, in luogo dei 53,7 milioni dello scenario mediano Istat.
L’andamento della popolazione è legato all’effetto combinato di una serie di ipotesi relative ai tassi di fecondità, flussi migratori, mortalità, speranza di vita media.
Negli anni più recenti, si è assistito a una riduzione del tasso di fecondità, ma per i prossimi 50 anni l’Istat ipotizza un rialzo da 1,34 figli per donna nel 2016 a 1,59 nel 2065.
Dovrebbe invece proseguire il progressivo aumento della speranza di vita media; nel 2065, l’Istat prevede un intervallo di confidenza compreso tra 84,1 e 88,2 anni per gli uomini e tra 87,9 e 92,7 anni per le donne.
 

 
Dall’esame dei dati più recenti, emerge che la speranza di vita, dopo la flessione registrata nel 2015, è tornata a crescere nel 2016, recuperando completamente il calo dell’anno precedente e toccando il suo nuovo record storico: nel 2016, l’aumento dell’aspettativa di vita alla nascita è stato di mezzo anno sia per gli uomini sia per le donne.
Nella determinazione della popolazione, un contributo determinate deriva dalle migrazioni: nello scenario “mediano”, è previsto un flusso netto annuo in entrata di circa 150.000 immigrati. L’Eurostat, al riguardo, ipotizza per l’Italia un flusso annuo più sostenuto; nel 2065 la popolazione sarebbe più elevata di oltre 2 milioni rispetto alle previsioni Istat.
Un aspetto rilevante, ai fini degli equilibri dei sistemi di welfare e dei rapporti inter-generazionali, riguarda i mutamenti nella futura composizione per età della popolazione, con una consistente crescita della popolazione anziana e la riduzione di quella in età di lavoro.
Il calo più consistente si osserva per la popolazione in età attiva (tra i 15 e i 64 anni): i potenzialmente attivi si ridurrebbero di quasi 10 milioni e il loro peso relativo sulla popolazione totale passerebbe dall’attuale 64,3% al 54,8%.
Si assisterebbe, per converso, a un progressivo incremento della popolazione anziana, di età superiore a 64 anni, dagli attuali 13,4 milioni a 17,8 nel 2065, con una crescita di 4,4 milioni; in termini relativi, gli ultra-64enni passano dal 22% della popolazione totale (1 anziano ogni 5 residenti) al 33% nel 2065 (1 anziano ogni 3 residenti).
 

 

 
L’indice di dipendenza degli anziani risulterebbe dunque in forte aumento; quello di dipendenza giovanile dovrebbe invece mantenersi pressoché stabile.
 
 

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