Approvato il budget 2019 Così Inarcassa affronta le sfide del futuro
Il 29 novembre il Comitato Nazionale dei Delegati ha approvato il Budget 2019, attraverso il quale si definiscono gli obiettivi di breve periodo e, conseguentemente, si stabiliscono l’impiego e l’allocazione delle risorse e, in coerenza con il quadro generale e alla luce delle variabili socio-economiche del periodo, si stimano i risultati. Un quadro generale che, nella sua complessità, trova la sua estrema sintesi nel comunicato di Confindustria che fa da incipit alla relazione del Presidente di Inarcassa Giuseppe Santoro: “Se cresce la sfiducia sull’Italia avremo un ulteriore aumento dello spread sovrano, con conseguente aumento del costo di finanziamento di Stato, imprese, famiglie e una minore disponibilità di credito. Agire con misure di politica economica che siano in grado di migliorare il quadro economico è cruciale per rassicurare i risparmiatori che investono in Italia”. Le parole di Confindustria delineano, quindi, un contesto non facile con il quale si confronteranno famiglie e operatori economici e previdenziali, e a fronte del quale Inarcassa stima di chiudere, a fine 2019, con un risultato di 411 milioni di euro.
Un utile che è destinato ad accrescere, in misura corrispondente, il patrimonio dell’Associazione portandolo, così, a quota 11 miliardi di euro, 6 miliardi di euro in più rispetto al dato del 2009. Un patrimonio solido che, nell’attuale clima di incertezza, rappresenta una garanzia tangibile per tutti gli associati che, attraverso Inarcassa, costruiscono il proprio futuro previdenziale: 167.800 contribuenti ai quali si aggiungono le circa 37 mila famiglie dei nostri pensionati. Tutto questo in un momento in cui l’Associazione, sta inevitabilmente vivendo i principali temi del Paese di cui rappresenta uno spaccato: dagli andamenti demografici, alla crisi economica, alle difficoltà del mondo del lavoro e delle professioni. L’invecchiamento della popolazione e gli effetti del calo demografico hanno infatti interessato anche Inarcassa, intrecciandosi peraltro con gli effetti della prolungata recessione dell’economia italiana. Mentre, quindi, il numero dei pensionati aumenta, quello degli iscritti da lungo tempo è oramai sostanzialmente stabile e gli indicatori di riferimento si comprimono. Il crescente bisogno di welfare, connesso agli andamenti demografici, e la fragilità dei redditi, legata alle trasformazioni economiche degli ultimi anni, incidono sui costi previdenziali, che nel 2019 sono stimati in oltre 742 milioni di euro a fronte di un gettito contributivo rimasto fermo a circa 1 miliardo di euro. Si tratta, ovviamente, di dinamiche che oltre ad essere continuamente monitorate vengono analizzate all’interno dei bilanci tecnici che le proiettano nel lungo periodo. In questo senso il Bilancio tecnico 2016, redatto in linea con la cadenza biennale prevista dal Regolamento, ha confermato l’equilibrio finanziario della Cassa per tutto l’arco dei 50 anni oggetto di osservazione attuariale, pur se in un quadro meno favorevole rispetto al precedente Bilancio Tecnico 2014.
La finanza che, essendo a servizio della previdenza, deve essere improntata ad esigenze di protezione diversificata del patrimonio, continua a confrontarsi con la volatilità dei mercati, a loro volta alle prese con il rischio finanziario e quello politico. I numeri di sintesi del 2019, che racchiudono i saldi della gestione previdenziale, di quella del patrimonio, i costi di funzionamento e gli altri costi/ricavi, sono rappresentati nel grafico "Il conto economico per macroaggregati" (dati in migliaia di euro). Ma, al di là dei numeri e a supporto delle categorie, l’auspicio è che nel 2019 possano essere affrontati i grandi temi, a tutt’oggi irrisolti, che interessano la previdenza dei liberi professionisti e che attengono all’inquadramento soggettivo delle Casse e alla loro fiscalità. In relazione al primo dei due aspetti è infatti indubbio che, pur a fronte di un quadro ordinamentale compiuto e mai modificato, continuano a permanere incertezze e incoerenze sulla qualificazione soggettiva delle Casse. Dal 1995 Inarcassa è un’associazione di diritto privato con autonomia gestionale e finanziaria. Sotto il controllo della Corte dei Conti e dei Ministeri Vigilanti, opera in base allo Statuto e al Regolamento Generale di Previdenza. Peraltro la privatizzazione, oltre a rappresentare un momento di forte riconoscimento per le categorie professionali, ha avuto impatti significativi anche per lo Stato. Il governo Ciampi aveva stimato che la sua attuazione avrebbe consentito allo Stato, nel triennio 1994-1996, di ridurre le previsioni di spesa per ben 240 miliardi delle vecchie lire 1. Si è trattato dunque di una svolta epocale anche a livello ordinamentale, con una importante riorganizzazione del settore della previdenza basata sul principio di autonomia e su una visione policentrica fondata su un forte pluralismo sociale, istituzionale, politico ed economico. Eppure, nonostante il fatto che questo principio, oltre a essere stato legislativamente sancito, non sia stato ancora modificato, la Pubblica Amministrazione ha sempre mostrato nei suoi confronti una certa diffidenza.
Inoltre, nel corso del tempo, alcuni provvedimenti di matrice governativa hanno attratto le Casse, per specifiche materie, alla normativa pubblicistica. La Corte Costituzionale, al contrario, ha sempre sostenuto la scelta del legislatore “di dotare le Casse di un sistema di solidarietà endo-categoriale basato della comunanza di interessi degli iscritti”, un sistema, quindi, nel quale ciascun professionista concorre con la propria contribuzione a sostenere la previdenza di tutta la categoria.
È di tutta evidenza che la chiarezza delle regole è alla base di una gestione corretta e consapevole e in questo senso si auspica che, nel rispetto dei controlli che la norma ha previsto in ragione della natura degli interessi tutelati, venga riaffermata definitivamente quell’autonomia gestionale, organizzativa e contabile che il legislatore degli anni Novanta ha riconosciuto alle Casse. Non meno importante il tema della fiscalità che continua a vedere la previdenza dei professionisti gravata da una doppia imposizione che tocca sia la pensione erogata sia i patrimoni accantonati dalle Casse. Eppure gli ingegneri e gli architetti che negli anni Novanta hanno pagato la scelta di una previdenza di categoria accollandosi il debito latente accumulato dalla precedente gestione, da quel momento si sostengono solo con la propria contribuzione. Non solo quindi non ricevono alcun sostegno dallo Stato ma, indirettamente, lo finanziano attraverso la tassazione che viene applicata alla loro Cassa nel momento in cui investe i contributi versati. In questo modo, infatti, una parte dei frutti della contribuzione non torna alla categoria ma va a beneficio della fiscalità generale e finisce nelle casse dello Stato a sostegno dell’intera collettività.Peraltro oggi la norma riserva alle Casse un trattamento di minor favore rispetto a quello accordato ai gestori di previdenza complementare (Fondi pensione), con una evidente penalizzazione della previdenza obbligatoria privata rispetto a quella su base volontaria, che per sua natura ha una funzione integrativa. Più in generale questo sottrae risorse utili alla progettazione di un welfare integrato e allargato del quale le categorie, indebolite e proletarizzate dall’attuale situazione economica, avrebbero particolare bisogno per riuscire a far fronte a una delle peggiori crisi che abbiano mai investito l’attuale sistema socio-economico.
Purtroppo le misure adottate negli ultimi anni sono state dirette esclusivamente a stimolare gli investimenti delle Casse a sostegno del Paese, utilizzando strumenti di agevolazione e ricorrendo a istituti come l’esenzione o il credito di imposta, per indirizzarli verso settori specifici, come quello delle infrastrutture. Non c’è stata, però, una risposta radicale a quella che di fatto rappresenta una vera anomalia rispetto al divieto della doppia imposizione, principio di carattere generale su cui poggia il nostro ordinamento.
Come evidenziato all’interno del Report Sociale 2017, pubblicato da Inarcassa e consultabile sul sito dell’Associazione, pur rilevando positivamente l’attenzione della politica nei confronti dell’economia reale che ogni istituzione, pubblica o privata, ha il dovere di sostenere, si auspica che, con il nuovo anno, anche gli aspetti fiscali possano trovare una soluzione definitiva, a beneficio della previdenza e del welfare di categoria. ■
- Fonte: Report Sociale Inarcassa 2017
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