Se la Villa è “Girasole” Quando l’architettura va alla ricerca della luce

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Esperimento che punta a smontare
la staticità degli edifici alla ricerca
di luminosità e soluzioni innovative
Il concetto di firmitas vitruviana, presupposto fondamentale della materia progettata, è tuttora insito nella nostra cultura e società. Ha profondamente condizionato il modo di concepire l’architettura e ha contribuito a radicare fortemente l’uomo alla fissità della propria abitazione. Ma nel momento in cui la Rivoluzione industriale introdusse materiali in grado di ampliare le possibilità costruttive, furono il lirismo futurista prima, e le più consapevoli sperimentazioni del Movimento moderno dopo, a evidenziare i limiti della rigida visione dell’architettura. A scardinare radicalmente la concezione statica dell’edilizia fu, almeno nelle intenzioni, il padre dell’architettura futurista, Antonio Sant’Elia, a cui si deve il merito di aver trasposto i concetti di potenza e dinamismo al mondo dell’edilizia. L’introduzione del movimento incrementò e rinnovò la relazione con spazio e tempo, coinvolgendo dapprima piccoli oggetti d’uso quotidiano, fino ad interessare interi edifici, a cui si può attribuire l’appellativo di architetture cinetiche, strutture particolarmente reattive la cui peculiarità è proprio la mobilità.
 

 
Lo sfruttamento del dinamismo coinvolse in un primo momento l’ambito commerciale, produttivo e pubblico grazie all’utilizzo di piattaforme girevoli che permisero di agevolare il lavoro o di poter fruire più razionalmente dello spazio. Nel 1903 venne inaugurato il primo teatro mobile realizzato da Bishop negli Stati Uniti, che diede il via a una serie di sperimentazioni soprattutto negli anni Trenta: dal Rotolactor di Walker-Gordon alla Stazione Frigorifera Specializzata di Verona, fino alla realizzazione di sanatori. Successivamente si prese in considerazione l’applicazione di questi meccanismi anche in ambito residenziale. Uno dei pionieri in questo campo, oltre a Pier Luigi Nervi che progettò nel 1932 una casa girevole rimasta su carta e Buckminster Fuller con le sue sperimentazioni oltreoceano, fu proprio Angelo lnvernizzi che traspose all’edilizia le conoscenze acquisite durante gli anni trascorsi in Ferrovie, progettando tra il 1929-1935 la propria residenza estiva nel suo paese d’origine: Marcellise.
 
Cinematismo e architettura: i vantaggi offerti dalla rotazione
Invernizzi accostò alla fissità che comunemente caratterizza gli edifici, una matrice dinamica che ha origine nel ventre dell’edificio, quasi a costituirne il cuore  pulsante che permette all’intera costruzione di godere di questi benefici. Villa Girasole appare come il compimento del sogno del proprio ideatore: conciliare l’amore per la propria terra d’origine, valore che è possibile riconoscere nel saldo innesto della parte basamentale alla collina, con il desiderio di vivere in una «casa bella e comoda», che si aprisse completamente verso il circostante grazie al movimento. La possibilità di poter abbandonare continuamente la propria posizione seguendo il corso del sole è chiaramente in sintonia con i principi funzionalisti, enfatizzati ancor più se pensati in relazione alla matrice autarchica introdotta dal Fascismo. La rotazione della Terra e il proprio moto intorno al Sole restituiscono una percezione di quest’ultimo che appare diversa in base al luogo e al susseguirsi delle stagioni: lnvernizzi aveva compreso l’impossibilità di “adattare un’idea di spazio omogeneo e isotropo a un campo energetico disomogeneo e anisotropo”, sancendo l’insufficienza degli schemi di studio prestabiliti sull’orientamento degli spazi abitati.

Il semplice soddisfacimento di un’adattabilità stagionale, che mira  all’orientamento degli ambienti secondo l’asse eliotermico, si configura come elemento necessario ma non sufficiente per ottenere elevati livelli di comfort abitativo, perseguibili solo prendendo in considerazione anche uno studio dell’adattabilità climatica. A partire da questi presupposti Invernizzi non solo calcolò sapientemente la rotazione sulla base delle ore di insolazione durante il periodo invernale, quello meno esposto ai raggi solari, ma scelse anche come piano d’appoggio su cui far scorrere la casa, un piano circolare e ampliò, man mano che il progetto evolveva, la possibilità di rotazione fino ad estenderla all’angolo giro, sacrificando i calcoli meccanici a favore di una completa apertura verso il circostante e del godimento della frescura, possibile solamente volgendo la casa verso il versante collinare. Il Girasole si configura come una costruzione estremamente flessibile: “un edificio molteplice in quanto presenta la capacità di essere o diventare diverso in situazioni diverse”.
La flessibilità si esplica principalmente nella sua variabile estrinseca che esprime il legame tra l’edificio e il contesto. Villa Girasole appare come una perla cangiante, protetta dallo scrigno delle colline veronesi, che grazie al movimento e alla propria posizione elevata, che la rende padrona dello splendido scenario circostante, può godere dei benefici e delle bellezze del paesaggio. L’edificio, quindi, si pone in relazione alla natura “in rapporto non più di diversità ma di integrazione”. Il movimento lento e impercettibile accompagna lo scorrere del tempo durante la giornata risultando leggibile dall’esterno per chi passa o rivolge lo sguardo verso questo edificio. Enorme “periscopio”, ma celato a chi si trova all’interno, dove il cambiamento è percepibile solamente guardando attraverso le finestre che appaiono come cornici per quei quadri mutevoli che “sono stati l’invenzione” di Invernizzi, come afferma la figlia Lidia. L’altro profilo sotto cui si presenta la flessibilità è quello intrinseco, che mira alla partecipazione dell’uomo alla vita dell’edificio. lnvernizzi rende la casa una vera e propria machine à habiter, uno strumento a servizio dell’uomo che può esercitarne il controllo a seconda delle proprie esigenze e preferenze. La rotazione del Girasole infatti poteva essere attivata o meno, semplicemente pigiando un bottone posto nell’atrio d’ingresso della parte mobile.
Villa Girasole, perfetto connubio di architettura e meccanica, si identifica come precursore dei moderni edifici sostenibili che sfruttano le energie rinnovabili, e con i suoi meccanismi automatizzati per il movimento degli avvolgibili delle finestre e l’accensione e spegnimento delle luci, rimanda alle comodità dei moderni sensori e sistemi di controllo che sempre più sono entrati a far parte della quotidianità.
Dopo la costruzione del Girasole e la lunga pausa dovuta alle due guerre, l’interesse e lo sviluppo di abitazioni che sfruttassero l’insolazione giornaliera grazie al movimento e correlassero accorgimenti di domotica, risultò via via in crescita. Floyd d’Angelo nel 1961 realizzò una casa per vacanze capace di ruotare di 133 gradi, seguito alcuni anni dopo da Richard Foster e da Rolf Disch che nel 1994 completarono l’Heliotrop, struttura che coniugava al movimento anche la sostenibilità e lo sfruttamento delle risorse naturali grazie all’accumulo di energia solare.
L’opera di lnvernizzi risulta, tra tutte le sperimentazioni, quella più maestosa e complessa: ha voluto sfidare se stesso e la propria epoca lasciando ai posteri un’ardita celebrazione delle potenzialità offerte dall’epoca nuova. Villa Girasole non può essere una semplice abitazione da ammirare, ma un luogo da vivere e da scoprire.
 
Intreccio di percorsi dal carattere duale
Staticità e macchinismo, le due anime che caratterizzano l’architettura del Girasole, non potevano non riflettersi anche nella maglia di percorsi intessuta da lnvernizzi per vivere l’esperienza della sua scoperta. Questa è stata pensata, anche in relazione alle necessità di chi la Villa la vive ogni giorno, per essere affrontata scegliendo tra due esperienze distinte: la rapidità della macchina e la poesia della promenade, dualismo che struttura intrinsecamente la maglia dei percorsi, siano essi orizzontali o verticali, interni o esterni alla Villa. Tra questi ultimi si distinguono il viale a doppia ansa che conduce ai piedi del Girasole, e i percorsi che  disegnano lo spazio verde sino alla strada comunale. Il primo, pensato per essere attraversato con la rapidità della macchina, e gli altri, imboccati a piedi per immergersi nel verde, si offrono come reciproca alternativa ma grazie al disegno complessivo sono posti in relazione.
Il dualismo si ritrova anche all’interno, dove i percorsi più rapidi, pensati per agevolare gli spostamenti, sono strutturati per accorciare le distanze servendosi di scale interne e corridoi tangenti alle stanze. Quelli che invece offrono il piacere della scoperta si caratterizzano per la tensione visiva offerta a chi li percorre. In quest’ottica è possibile osservare come, mentre i primi sono per lo più celati all’occhio del visitatore occasionale, gli altri gli sono invece pro posti.
A fare eccezione vi è il cuore del Girasole. Là dove un tempo nasceva il moto della Villa, ci si trova al cospetto di modernità e tradizione, senza che nessuna delle opportunità di percorrenza ad esse associate venga preclusa. Così, nel ventre della collina, al termine del lungo corridoio con cui ci si lascia alle spalle il parco per essere traghettati all’interno della costruzione, si stagliano nella loro assolutezza lo scalone elicoidale, simbolo del Girasole, e l’ascensore che dalla sua spirale viene avvolto. Le due anime antitetiche sono qui messe in relazione, l’una a completamento dell’altra.
Non è un caso che lnvernizzi abbia scelto la torre quale teatro di questo connubio. L’ingegnere, come un abile regista, ha messo sulla scena gli attori dell’opera nel luogo simbolo della stessa: tecnologia e modernità si compenetrano nel volume cilindrico che tiene uniti basamento e corpo mobile della Villa. Proprio nella torre, inoltre, prende avvio l’ascesa verso la sommità del Girasole: dall’oscurità delle sue viscere si snoda la risalita verso la cima della torre, accompagnata dai giochi di luce e dalla presenza del verde. Al livello del loggiato infatti, la luce, filtrata dalla teoria di pilastri, permea gli ambienti della torre sino a quell’altezza immersi nella penombra, e lo spazio aperto si insinua con la complicità del verde che fa da fondale alla prospettiva aperta sull’esterno. Salendo ancora, la torre viene inondata da una luce crescente, funzionale ad accompagnarci verso il culmine della promenade, il momento in cui, alla fine dello scalone, quando anche l’ascensore termina la sua corsa, il percorso si sposta all’esterno. Qui una scala avvolge l’estremità della torre e conduce al punto più alto del Girasole: la lanterna sommitale, belvedere privilegiato che conclude l’ascesa. Il percorso esterno porta quindi alle estreme conseguenze quanto la risalita interna via via amplifica. Luce e paesaggio non sono  più, filtrati dall’architettura, delle comparse lungo il percorso, ma rivestono nel contempo il ruolo di protagonisti e fondale scenico, sino a che, dall’alto della Villa, si domina definitivamente la distesa verde.
 

 
Il ruolo dello spazio verde: scenario per lo spettacolo dell’architettura
Il teatro in cui lo spettacolo del Girasole ogni giorno veniva messo in scena è la tenuta progettata da lnvernizzi: undici ettari di spazio verde piantumato e attrezzato per contribuire a dar vita alla “casa bella e comoda” che l’ingegnere voleva costruire. lnvernizzi ha minuziosamente progettato ogni aspetto della Villa, e il parco in cui è immersa non fa eccezione, seppur non si ponga in stretta relazione con il Girasole, il quale appare piuttosto un’entità “che non necessita di un ambiente, essendo le sue parti e le sue proporzioni in rapporto soltanto con sé stesso”. Il progetto della Villa era infatti nato non solo per costituire il manifesto delle potenzialità offerte dai nuovi materiali o di un nuovo modo di fare architettura, ma anche per essere un edificio riproducibile in serie. Proprio il suo carattere prototipico avvalora quindi le affermazioni di Lucia Bisi, in quanto la campagna veronese costituiva una collocazione come un’altra per il sogno di lnvernizzi. La scelta di Marcellise era legata all’affetto dell’ingegnere per la sua terra natale, ma la Villa sarebbe potuta sorgere ovunque. L’autonomia propria dello spazio costruito viene però negata visitando gli ambienti della Villa, dove, complici le numerose finestre, l’ampio terrazzo angolare e infine il solarium, le stanze del Girasole prendono vita anche grazie alle colline veronesi.
 

 
Come ricordava con nostalgia Lidia lnvernizzi: “Queste immagini nelle finestre erano il segreto degli spazi nella casa. Erano sempre vedute nuove e in una luce diversa. Questi quadri sono stati l’invenzione di papà”. Se negli ambienti interni la partecipazione dello spazio verde all’architettura risulta innegabile, bisogna però sottolineare il progressivo distacco che da questo si avverte nel risalire attraverso la Villa. Questa sensazione, già accentuata dal corridoio di accesso, e ancor più dalla penombra che domina il basamento, assume concretezza nel momento in cui ci si affaccia dal loggiato o dal terrazzo, e raggiunge l’apice al livello del solarium e della lanterna, quando il paesaggio assume ormai una valenza strettamente panoramica. Questo progressivo distacco si riflette anche nella configurazione architettonica del Girasole, il quale, incastonato nella collina, si innalza progressivamente ponendosi al di sopra di questa e negando con il suo moto la fissità che la stessa, trattenendone le radici nel suo ventre, sembra imporgli. Ciò che a livello globale ne risulta è dunque una maestosa architettura che non cerca un’intima relazione con il contesto. Il paesaggio sembra infatti gravitare attorno al “vero spettacolo”, fungendo da scenografia e spazio filtro, progettato in funzione della percezione che di questo si ha dall’interno o nel giungere al Girasole, non in vista di un’integrazione tra le due entità.
 
L’utopia di lnvernizzi riporta inoltre alla mente, con le suggestioni formali che evocano il mondo dell’ingegneria navale, un transatlantico che si è incagliato nelle colline veronesi. Il solarium che ricorda il ponte di una nave, la lanterna che suggerisce la presenza di una torre di avvistamento, e il colore cangiante dovuto al rivestimento metallico, avvalorano questa analogia ed evocano l’immagine della Nave Puglia al Vittoriale. Mentre questa però è ancorata al suolo, fissa e immutabile, prigioniera del sito che la accoglie, il Girasole, con il suo moto, prendeva attivamente parte allo spettacolo, ne dettava le regole e sfruttava il contesto a suo piacimento prima che il meccanismo diventasse vittima del tempo, cristallizzando la Villa nei vincoli che il suo ideatore era riuscito a vincere.
 

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