Principi e pragmatismo propri del nuovo Codice dei Contratti Pubblici

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Con il nuovo Codice dei contratti (D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36, pubblicato in GU n. 77 del 31 marzo 2023 - Suppl. Ordinario n. 12), il legislatore ha cancellato la soft law, introdotto nuovi principi, ridotto i livelli di progettazione e recuperato l’appalto integrato.

Non è stato un intervento minimale, ma innovativo e profondo che cambia la disciplina degli appalti pubblici. Del resto, la riforma è stata chiesta sia dall’Europa, sia dagli stessi operatori economici, quale risposta a un Codice dei contratti che dal 2016 in poi, ha rallentato la filiera degli investimenti pubblici, arrivando a incidere negativamente sul PIL nazionale e sui redditi dei professionisti tecnici.

Malgrado queste premesse, la nuova disciplina lascia basiti sul tema più caro agli architetti e ingegneri italiani, ovvero la qualità della progettazione.

Andando per ordine, in primis il nuovo Codice dei contratti sostituisce le linee guida ANAC con diversi principi generali che presiedono l’intero sistema degli appalti pubblici, tra i quali spiccano il principio del risultato e il principio della fiducia.

Il primo (art. 1) diventa il criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale, a cui deve conformarsi la P.A. per la soluzione del caso concreto. Con il principio della fiducia (art. 2) si cerca, invece, di fare breccia nella burocrazia difensiva, più nota come “paura della firma”. Nella relazione illustrativa al Codice, la fiducia riconosciuta ai funzionari pubblici è la naturale contropartita di un’azione amministrativa finalizzata al perseguimento del risultato. Il “criterio interpretativo e applicativo” (art. 4) prevede che le disposizioni del Codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 (principio dell’accesso al mercato).

L’incipit del Codice, quindi, vuole dare un taglio netto a un percorso di progressiva burocratizzazione iniziato con la legge Merloni, nata sotto la spinta delle vicende giudiziarie collegate all’inchiesta Mani pulite. A distanza di trenta anni, il sentiment del Paese è cambiato e il rischio maggiore, percepito a tutti i livelli, è quello di perdere i finanziamenti europei collegati al PNRR. Il nuovo Codice risponde – soprattutto – a questo commitment.

Tra gli ulteriori principi disciplinati nel Codice, un cenno a parte merita quello di conservazione dell’equilibrio contrattuale, secondo il quale i fatti sopravvenuti straordinari e imprevedibili che modifichino l’equilibrio contrattuale, danno diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali onde ripristinare l’originario sinallagma. Un’intera parte (parte II) è dedicata alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti. Mentre il D.Lgs. n. 50/2016 era incentrato sulla digitalizzazione delle procedure di scelta del contraente, il nuovo Codice ne allarga il perimetro all’intero ciclo di vita dei contratti, ovvero programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione. L’art. 22 prevede un “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale” di cui faranno parte la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, il fascicolo virtuale dell’operatore economico, le piattaforme di approvvigionamento digitale e l’utilizzo di procedure automatizzate.

Relativamente alla programmazione (parte III) la durata del programma relativo a beni e servizi diviene ora triennale (il D.Lgs. n. 50/2016 prevedeva una durata biennale), per uniformità rispetto a quello dei lavori.

Modificate anche le soglie che richiedono l’inserimento nei programmi: per i lavori vanno inseriti quelli di importo stimato pari o superiore  a 150.000 euro. È poi previsto che i lavori di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea siano inseriti nell’elenco triennale dopo l’approvazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali e nell’elenco annuale dopo l’approvazione del documento di indirizzo della progettazione (art. 37).

Gli acquisti di beni e i servizi, compresi quelli di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, vanno inseriti nel programma triennale se di importo stimato pari o superiore a 140.000 euro.

Malgrado la Fondazione Inarcassa abbia pubblicamente denunciato il vero problema – tutto italiano – dei c.d. tempi di attraversamento, ovvero il periodo necessario alla macchina pubblica per valutare, approvare, pubblicare e deliberare, l’obbiettivo di stringere i tempi viene perseguito con l’art. 41 del Codice che elimina il progetto definitivo, riducendo gli attuali tre livelli a due e ampliando i contenuti del progetto di fattibilità tecnico economica (allegato I.7). La scelta operata dal legislatore per accelerare gli appalti di lavori, secondo il nostro giudizio, va a scapito della qualità progettuale (e, conseguentemente, comporterà un incremento del contenzioso e delle varianti) e segna un arretramento sui temi della sicurezza e del rispetto dei vincoli. Tra l’altro, l’intero quadro normativo di riferimento, dal Codice dell’ambiente (D.lgs. n. 152/2006) al DPR n. 207/2010, poggiava sulla progettazione definitiva e dovrà essere abrogato e/o revisionato. Segnaliamo, al fine di scongiurare errori od omissioni nella determinazione dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria, che la fusione dei livelli di progettazione nei lavori pubblici non deve comportare la cancellazione del compenso da riconoscere al progettista per una prestazione riconducibile ai livelli omessi. Quando la stazione appaltante omette i livelli di progettazione, infatti, non li sopprime ma li unifica e quindi ha l’onere di determinare e pubblicare l’elenco dettagliato delle prestazioni richieste ai fini del calcolo dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria (comunicato del Presidente dell’ANAC Giuseppe Busia, 11 maggio 2022).

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L’esigenza di rispettare le tempistiche del PNRR, purtroppo, giustifica perfino il ripristino dell’appalto integrato – istituto anacronistico e dannoso anche a parere della stessa ANAC. L’art. 44 concede ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti per valutare se è opportuno che il contratto abbia per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico-economica approvato1. La Fondazione ha denunciato in ogni consesso l’iniquità di questa scelta, che di fatto priva la P.A. di una figura tecnica indipendente e imparziale rispetto all’impresa esecutrice. Valgono, anche in questo caso, le considerazioni già espresse per la riduzione dei livelli di progettazione. Le clausole di revisione dei prezzi (art. 60) devono essere inserite nei documenti iniziali di gara e trovano applicazione al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento dell’offerta (nelle ipotesi di una variazione in aumento o in diminuzione superiore al 5 per cento dell’importo complessivo originario e nella misura dell’80 per cento in relazione alla quota dell’importo variato).

In tema di requisiti di ordine generale, abbiamo una diversa organizzazione sistematica della norma che, in luogo dell’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016 ha suddiviso la materia in ben cinque articoli riguardanti le cause di esclusione automatica (art. 94), le cause di esclusione non automatica (art. 95), la disciplina procedimentale comune dell’esclusione dell’operatore economico (art. 96), la disciplina delle esclusioni per i raggruppamenti di imprese, con la previsione dei casi di sostituzione o estromissione del componente del raggruppamento (art. 97) e infine la disciplina dell’illecito professionale (art. 98).

La principale novità in materia di subappalto è data dal comma 17 dell’art. 119 che impone alle stazioni appaltanti di motivare nei documenti di gara le eventuali limitazioni al subappalto a cascata. La scelta di allargare le maglie di questo istituto, così controverso per svariati motivi di ordine pubblico, è dettata dalla necessità di archiviare la procedura di infrazione n. 2018/2273 avviata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia.

Il Collegio Consultivo Tecnico (artt. 215-219 e allegato V.2) viene esteso anche agli appalti di servizi e forniture, diventando – tra i rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale – il principale istituto deflattivo del contenzioso. Potrà essere istituito ante operam per risolvere problemi tecnici o giuridici antecedenti alla esecuzione del contratto.

Resta la disciplina dei pareri di precontenzioso in capo all’ANAC, cui vengono rafforzate le funzioni di vigilanza e sanzionatorie. In conclusione, questa riforma imposta dal PNRR e dalla ripresa dell’inflazione, spinge la qualità progettuale dal centro della galassia degli appalti a un angolo remoto. Uno dei principali obiettivi della Fondazione Inarcassa, nei prossimi anni, sarà quello di invertire questo trend che mette a rischio la qualità delle opere, il loro costo effettivo e la sicurezza del patrimonio immobiliare del Paese.


1. Non possono essere affidati con appalto integrato i lavori di manutenzione ordinaria.

 

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