L’ombra delle fake news sulla previdenza

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Troppa informazione fa male. E troppa cattiva informazione fa anche peggio. Se, come molti sostengono, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump governa a colpi di ‘cinguettii’ via Twitter e se, come dicono, da semplice aggregatore di amici, Facebook si è trasformato nel più grande opinion maker di sempre, qualcosa dev’essere davvero accaduto.

Nel giro di poco più di un anno, infatti, news e social media hanno scalzato i mezzi di comunicazione tradizionali, costringendo giornali, radio e televisioni a rincorrere notizie spesso fake che, rimbalzando da una piattaforma all’altra, si dilatano a macchia d’olio. È una guerra fratricida voluta in nome dell’immediatezza e all’insegna della libertà di informazione che ha stracciato regole, infranto metodi e rottamato principi. A danno della qualità.

Senza quasi rendercene conto, abbiamo lasciato migrare le nostre esistenze nel perimetro di una nuova dimensione, il cyberspazio, che ha ridefinito il baricentro di rapporti, interessi, affari, incontri e amicizie. Anche la conoscenza, l’apprendimento e l’insegnamento ormai avvengono ‘dal produttore al consumatore’, in totale assenza di qualsiasi filtro, all’interno di un sistema deregolato dove non esistono né controllori, né controllati.

Questa disintermediazione dei nuovi mezzi di comunicazione ingenera però un processo illusorio: da un lato fabbrica una rete di contatti virtuali che confondono la realtà depistandola e, dall’altro, lascia credere all’utente di poter esercitare un controllo sull’informazione, con ricadute spesso difficili da circoscrivere. Dinamiche insidiose che hanno prodotto – anche, ma non solo – una cattiva informazione e acceso il dibattito, chiamando in causa tanto la politica, i governi, le istituzioni quanto la società civile, in un unico, corale ‘che fare?’ rimasto ancora senza risposta.

Nell’era del cyberspazio anche la previdenza non è esente da rischi. Sono purtroppo in molti a credere che per diffonderne la conoscenza basti “dire qualcosa il più velocemente possibile”. Per chi, come noi, punta a divulgare una previdenza semplice, alla portata delle nuove generazioni, si tratta in realtà soprattutto di “condividere” e “partecipare”. Ecco, il vero motore del cambiamento sta nel condividere presupposti generali, percorsi intellettuali e operativi e nel partecipare consapevolmente alle scelte e alla loro attuazione.

In un mondo dove non solo il lavoro ma anche l’intelligenza è automatizzata, è necessario prestare una particolare attenzione ai contenuti sempre più complessi delle nostre materie d’elezione, consegnando a un platea ogni giorno più vasta, presente sui social media, una comunicazione forse più lenta ma certamente più ‘sicura’. Il nostro imperativo deve rimanere il mondo reale, con la consapevolezza che la persona è di per sé risorsa umana e al tempo stesso obiettivo di sviluppo dell’ente.

Ecco perché dietro ogni incontro di Inarcassa in conference i nostri associati non troveranno mai un avatar, bensì un consulente, pronto a offrire la possibilità – quella sì immediata – di condivisione dei loro problemi e delle loro difficoltà. Ecco perché, da due anni siamo impegnati nella formazione previdenziale e nella conoscenza della nostra Cassa direttamente sul territorio, con seminari dedicati ai liberi professionisti in oltre novanta città. Ecco perché crediamo profondamente che la visione e il ruolo di Inarcassa debbano passare attraverso uno sviluppo sostenibile di azioni concrete e percorribili, a medio e lungo termine, coniugando con equilibrio gli strumenti attualmente disponibili ai nuovi mezzi di comunicazione.

Operare in un ambito di solidarietà, tutelare diritti nel rispetto degli obblighi: questo e non altro è il compito di Inarcassa. E poco importa se il cyberspazio dovrà attendere ancora.

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