Il patrimonio immobiliare italiano è fragile, è ora di salvaguardarlo
In copertina: intervento dell’Onorevole Erica Mazzetti
Sfide e criticità del settore edilizio sul tavolo dell’incontro “Tutelare il patrimonio edilizio italiano. Prevenire le emergenze e programmare gli interventi: Il ruolo del fascicolo del fabbricato”
Circa la metà del costruito in Italia ha più di quarant’anni di vita. Partendo da questo semplice dato anagrafico appare chiara l’urgenza di intervenire prontamente per tutelare il presente e garantire il futuro del patrimonio immobiliare italiano. In questo quadro, a giocare un ruolo chiave è quella che si può definire “la carta di identità delle nostre case”, ovvero, il fascicolo del fabbricato, così come l’avviamento di un’importante opera di censimento e la digitalizzazione delle informazioni degli edifici nel nostro Paese.
Tre azioni che possono, sinergicamente, essere decisive per ripristinare una situazione, quella dello stato del patrimonio immobiliare italiano, emersa come quanto mai cruciale, in occasione dell’incontro “Tutelare il patrimonio edilizio italiano. Prevenire le emergenze e programmare gli interventi: Il ruolo del fascicolo del fabbricato” nell’ambito dell’evento “SAIE, la fiera delle Costruzioni: progettazione, edilizia, impianti” che si è tenuta a Bologna, lo scorso 12 ottobre, e che ha visto, tra gli altri, intervenire il Viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami.

Lo stato di salute del nostro patrimonio immobiliare
Troppo vecchio e vulnerabile, parla chiaro la fotografia scattata dagli ultimi dati Cresme1, sulla base di un recente censimento che ha coinvolto 12,5 milioni di edifici residenziali italiani. Di questi, 2 su 10 sono risultati essere in pessime condizioni. Quello che si prospetta è, quindi, uno scenario per nulla rassicurante.
Inoltre, la presenza di un elevato numero di edifici bassi, 7,5 su 10 sono edifici mono-bifamiliari, comporta una tendenza ad una maggiore diffusione dell’edificato e di conseguenza una maggiore impermeabilizzazione dei suoli e una peggiore risposta ai fenomeni estremi legati alle precipitazioni. L’Italia detiene ben il 6,6% di superficie costruita contro il 4,2% nel resto d’Europa. Pesano, dunque, non solo la quantità e l’età anagrafica degli edifici, quanto anche le dimensioni, spesso eccessive, di questi ultimi e gli interventi che, negli anni, sono stati eseguiti in maniera approssimativa e inappropriata. Un insieme di criticità che rendono il nostro patrimonio immobiliare particolarmente vulnerabile soprattutto oggi che gli eventi connessi ai rischi ambientali, sismici e idrogeologici sono all’ordine del giorno.
1. Ricerca Cresme sullo stato del rischio del patrimonio edilizio italiano 2023.
Il fattore ambientale
Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a un’intensificazione di eventi climatici estremi in molte zone della penisola. Basti pensare che solo nel 2023 il nostro Paese ha registrato ben 378 eventi estremi, un dato che quest’anno prevede un netto aumento del 22% secondo le stime di Legambiente. Le piogge torrenziali, le esondazioni, le frane che si sono abbattute provocando enormi danni alla popolazione e al patrimonio edilizio, rendono urgente un significativo intervento strutturale.
In questo senso, la questione ambientale accende non una spia ma un faro sul delicato stato di salute degli immobili italiani. Se parliamo di pericolo sismico, ad esempio, quello che più preoccupa non è tanto il rischio considerato moderato in Italia rispetto all’Europa, quanto, invece, i danni strutturali che esso può generare e che rappresentano il vero problema alla luce dello stato attuale degli edifici residenziali. Nella fattispecie, in quelle zone classificate dal livello 1 al livello 3 di rischio sismico, oltre la metà del costruito, pari al 56%, risulta non essere assolutamente adeguata a sostenere un evento sismico.
Assicurarsi o non assicurarsi?
Una domanda che attualmente trova risposta, secondo i dati ANIA, soltanto in un esiguo 5,3% delle abitazioni in Italia. Un dato che fa riflettere se si ripercorre lo storico di calamità naturali, tra terremoti e alluvioni, che, nel nostro Paese, dal 1944 al luglio del 2023, hanno provocato danni per 358 miliardi di euro attualizzati al valore della moneta corrente. Per di più, la spesa media annuale è stata di circa 4,2 miliardi di euro, una cifra che è salita vertiginosamente a 6 miliardi di euro l’anno, dal 2010 al 2023. Sebbene le risorse destinate a fronteggiare i danni causati da eventi sismici siano rimaste sostanzialmente stabili (2,7 miliardi nel periodo 2009-2023 rispetto ai 3,1 miliardi dei decenni precedenti), la spesa per il dissesto idrogeologico è triplicata, passando da una media di 1 miliardo all’anno a 3,3 miliardi. Nonostante questi numeri, l’assicurazione appare ancora un’opzione poco considerata per la maggior parte degli immobili italiani.
Censire e digitalizzare il patrimonio immobiliare
Da qui è necessario partire per garantire un futuro più sicuro ed efficiente al nostro patrimonio immobiliare, anche da un punto di vista energetico. In questo senso, Fondazione Inarcassa ritiene che l’avviamento di un grande censimento immobiliare tramite il fascicolo del fabbricato se, da un lato, consentirebbe di migliorare la conoscenza dello stato di salute dei nostri immobili, dall’altro velocizzerebbe il processo di informatizzazione del Catasto rappresentando, allo stesso tempo, uno strumento di prevenzione capace di certificare il livello di sicurezza degli edifici e aiutare la programmazione degli interventi necessari. La strada da percorrere è chiara: investire nell’innovazione e nella sicurezza del nostro patrimonio edilizio è un atto di responsabilità per il futuro.
Il fascicolo del fabbricato: che cos’è e a cosa serve
Se pensiamo a un così importante intervento come può essere quello di un censimento generale degli immobili italiani, questo non può assolutamente prescindere dall’adozione, o meglio, dall’introduzione obbligatoria del fascicolo del fabbricato. Questo strumento, infatti, contiene l’anagrafica di un edificio, ecco perché viene definito “la carta d’identità di ogni immobile”. In poche parole, si tratta di un documento fondamentale che permette di conoscere e monitorare lo stato di salute degli edifici attraverso tutto il loro ciclo di vita, evidenziando, così, quei casi in cui si rende necessario intervenire per garantire la sicurezza, sia parziale che totale, delle strutture e degli impianti. Un potente mezzo, dunque, il cui utilizzo dovrebbe diffondersi su larga scala, prima a partire dagli edifici di moderna costruzione e quelli soggetti a ristrutturazioni significative, per poi progressivamente riguardare anche gli immobili più datati. Solo in questo modo è possibile avviare un processo di digitalizzazione e di accessibilità di informazioni essenziali per la prevenzione e la tutela delle nostre case, come la vulnerabilità sismica, la classe energetica e il piano di manutenzione.

Una regia unica per il fascicolo del fabbricato
Per affrontare le sfide del settore edilizio nel segno della digitalizzazione e della sostenibilità, risulta fondamentale una “regia” centralizzata.
Tra i punti focali dell’incontro “Tutelare il patrimonio edilizio italiano. Prevenire le emergenze e programmare gli interventi: Il ruolo del fascicolo del fabbricato” è, infatti, emersa chiara la necessità di creare un Sistema informatizzato unico in grado di gestire la “Carta d’identità elettronica dei fabbricati”, di definirne gli standard e gestirne l’analisi funzionale.
Come ha spiegato Riccardo Ciciriello, esperto in Information Technology, la messa in atto di questo sistema informatico nel settore edilizio, se ben strutturato, sarebbe in grado di rispondere a diverse esigenze del settore.
Altro punto interessante emerso dal dibattito è quello relativo alla direttiva UE sulle Case Green che impone stringenti misure per l’efficienza energetica degli edifici attraverso un censimento completo degli immobili, un passo fondamentale che questo nuovo sistema potrebbe agevolare. In conclusione, un sistema informatizzato unico potrebbe rappresentare una delle chiavi di volta per il futuro del settore edilizio.
La burocrazia non aiuta il settore
Un eccesso di normative contrastanti che alimentano la burocrazia generando difficoltà sia per i cittadini che per i professionisti: è questa un’altra problematica affrontata durante l’incontro al SAIE. “Abbiamo troppe leggi che si sovrappongono e complicano la vita a chi deve operare nel settore”, ha dichiarato Erica Mazzetti, Componente della VIII Commissione (Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici), che ha evidenziato come quello delle costruzioni sia un ambito centrale. In quest’ottica, il fascicolo del fabbricato, sempre secondo Mazzetti, avrebbe potuto rappresentare un’opportunità importante che, tuttavia, il Paese non ha saputo cogliere “perché c’è sempre il tema di chi paga”. I fondi del PNRR, destinati alla digitalizzazione e alla semplificazione, infatti, avrebbero potuto creare uno strumento efficace per la semplificazione e la razionalizzazione di interventi fiscali, di compravendita o edilizi.
No alla logica del rimborso dei danni, sì alla prevenzione
È questo il monito sottolineato anche dal Viceministro Galeazzo Bignami che è intervenuto in occasione dell’incontro in cui è emersa netta l’urgenza di attuare opere di manutenzione per prevenire i danni causati dalle catastrofi ambientali che sempre di più si stanno abbattendo sul nostro Paese. E a tal proposito, non si può non fare riferimento alle alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel 2023 e alle più recenti di quest’anno che hanno messo in evidenza la fragilità delle infrastrutture e degli edifici rispetto a fenomeni atmosferici sempre più violenti e imprevedibili.
Quello dell’Emilia-Romagna è un territorio particolarmente vulnerabile, come ha spiegato il Viceministro Bignami. Un problema, dunque, prima di tutto profondamente manutentivo per il quale sarebbe di vitale importanza avviare una vera e propria radiografia di tutto il reticolo idrografico della regione.
Ma al fine di mettere in campo queste operazioni risulta imprescindibile abbandonare la logica del rimborso dei danni e adottare, invece, una logica di tutela e prevenzione. Una giusta prevenzione vuol dire, infatti, non solo intervenire attraverso opere idrauliche ma soprattutto fare manutenzione e pulizia. Un passaggio obbligato, questo, per garantire che gli investimenti per la messa in sicurezza non siano vani, piuttosto efficaci nel tempo.■
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