I venticinque anni del Premio Dedalo Minosse

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Un grande lavoro di una grande squadra

La XII Edizione 2022 del Premio internazionale Dedalo Minosse alla committenza d’architettura celebra il venticinquennale della manifestazione.
Il tempo trascorso e il successo nazionale e internazionale raggiunto, testimoniano che l’originalità dell’idea di premiare il committente, nata dal medesimo gruppo di architetti che fondò ALA Assoarchitetti, è stata vincente.
Un risultato che non sarebbe stato possibile senza Istituzioni, Associazioni, Imprese e singoli, che negli anni hanno sostenuto la manifestazione.
Tra questi la Fondazione Inarcassa, che ha condiviso l’obiettivo fondamentale del Premio: promuovere il lavoro degli architetti e degli ingegneri italiani liberi professionisti e con questo la qualità dell’architettura, la diffusione della bellezza, dell’utilità e della sostenibilità di ciascun intervento nel territorio, per accrescere la qualità della vita del nostro popolo e a cascata, singolarmente di ogni cittadino.


In che modo Dedalo Minosse promuove i progettisti italiani
Da tempo in Italia la professione viene esercitata tra difficoltà economiche, normative e operative, che penalizzano gli architetti e gli ingegneri, che tuttavia sostengono con onore un ruolo degno di una indiscussa grande tradizione.
Secondo ALA per contribuire a diffondere la qualità dell’architettura è necessario un confronto aperto e paritetico, con quanto di meglio si produce nel resto del mondo. Non è sufficiente porre attenzione al solo prodotto interno. Questo confronto ha portato Dedalo Minosse a divenire uno dei luoghi del dibattito internazionale sulla bellezza e sulla funzione sociale della buona architettura.


Perché Dedalo Minosse assegna un premio al committente
Perché un premio al Committente, anziché al Progettista, che in questi anni è divenuto il soggetto debole? Perché “senza un buon committente non può nascere una buona opera”.
Ma come definire un buon committente pubblico o privato? Non è quello che pretende di fare anche la parte dell’architetto, ma non è tuttavia nemmeno quello sempre consenziente e remissivo, che delega ogni decisione al professionista. Un buon committente deve essere contemporaneamente capace di:
• esprimere le proprie esigenze, per definire gli obiettivi profondi del progetto;
• rispettare ma anche stimolare in modo dialettico il suo architetto, per ottenere il meglio della sua la capacità;
• indicare con chiarezza i limiti della spesa che intende investire.
A questo punto possiamo aggiungere che committenti non sono soltanto “gli altri” o i grandi operatori pubblici o privati. Committenti di qualche cosa siamo stati o saremo certamente e singolarmente ciascuno di noi: per il proprio appartamento, il proprio ufficio o stabilimento e così a ciascuno di noi compete di vincere una sfida e assumere la responsabilità di contribuire a migliorare l’ambiente, la città, il territorio.
Dobbiamo assumere come principio irrinunciabile, che ogni trasformazione del territorio deve portare ad un incremento della qualità dell’ambiente, in termini di bellezza, utilità, comodità.
Sono stati istituiti migliaia di premi di architettura nel mondo, ma Dedalo Minosse è stato una sorpresa proprio perché è l’unico Premio internazionale a porre il committente al centro della scena.
Premiando il Committente ALA vuole interessare l’opinione pubblica sui temi della bellezza e della sostenibilità e riconciliarla con l’architettura contemporanea, che in passato non è stata sempre amichevole con la gente.


Dedalo Minosse premia soltanto grandi committenti?
Le tipologie dei committenti premiati comprendono le persone comuni che hanno costruito o trasformato la propria casa o la propria azienda, fino alle Agenzie dell’ONU e dell’UE, con le loro opere grandi istituzionali;le grandi e piccole Città, da Vienna a Madrid, da Hiroshima a Roma; i Governi: da quello svedese a quello della Namibia, a quello svizzero, a quello israeliano, a quello turco; Regioni e Province; il Vaticano; Università: da Oxford a Pechino; Grandi e piccole industrie, dalla BMW alla Roche; Associazioni dal National Trust of England a Emergency; Musei: dalla National Gallery, al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze; Banche: dalla Fondazione Zentrum Bank di Vaduz, all’Unicredit.
La Giuria non ha mai stabilito le graduatorie in funzione dell’importanza del committente e tantomeno del costo dell’opera realizzata, bensì sulla base del risultato qualitativo, estetico e sociale determinato dal rapporto che il committente ha saputo instaurare con il suo architetto.
Per gli stessi motivi, anche gli architetti e gli ingegneri progettisti rappresentano tutta la gamma possibile, dai giovani alla loro opera prima (Dedalo Minosse ha scoperto talenti che sono poi diventati importanti realtà internazionali), agli architetti famosi che avevano già ottenuto premi blasonati, dal Pritzker alla Gold Medal.
Uomini e donne di tutte le nazionalità, con i loro piccoli o grandi studi, tutti rivolti ad attribuire l’incommensurabile valore aggiunto della qualità e della bellezza, al proprio lavoro tecnico.
Ci è stato chiesto come mai il Premio è divenuto rapidamente autorevole a livello internazionale. Oltre che per l’originalità di premiare il committente, un altro fattore determinante del successo è stata l’indiscussa autorevolezza e indipendenza delle Giurie. Giurie sempre qualificatissime, interdisciplinari, composte da scrittori, artisti, filosofi, giornalisti, oltre e più che di architetti e ingegneri, proprio perché il Premio ha sempre voluto dialogare con tutte le componenti della società e non circoscrivere il dibattito nella cerchia chiusa dei progettisti.
In questa edizione fanno parte della Giuria i più rinomati critici italiani e i direttori delle riviste di architettura media partners, cioè di quasi tutte le riviste italiane e di alcune straniere.


* Presidente ALA-Assoarchitetti

In copertina: MART Rovereto. Foto Mart, Archivio fotografico e Mediateca

Professione
Gas ed energia, crisi a filo doppio
Se la guerra dovesse andare ancora avanti per molto, già dal prossimo anno, per molti, i costi dell’energia diventeranno insostenibili. Notizia di questi giorni è la stima di Goldman Sachs che per il 2023 prevede che gli extracosti energetici potrebbero portare il costo del gas a 400 euro al megawattora, incidendo quindi di circa il 30% sul PIL europeo. Se si arrivasse a questa condizione, poiché anche il costo dell’energia elettrica è legato a quello del gas, per le famiglie italiane, significherebbe un esborso in bollette da circa 500 euro al mese che potrebbero arrivare ad oltre 600 euro al mese con un blocco delle forniture dalla Russia, scenario ad oggi materializzato dalle esplosioni che hanno danneggiato i gasdotti Nord Stream 1 e 2.  Le conseguenze nell’immediato sono la riapertura di 7 centrali a carbone che nel complesso compenseranno, con il carbone, l’equivalente di circa 3 miliardi di metri cubi di gas, equivale al 5% del fabbisogno nazionale con un impatto ambientale devastante che riporterà il nostro Paese indietro di decenni. Inoltre, nessuno si è chiesto quale sia la dimensione economica per rimettere in moto questi impianti, per lo più risalenti agli anni ’50, che necessitano di adeguamenti in termini di sicurezza ed adeguamenti a norma che nel complesso non sorprenderebbe se i costi arrivassero a qualche centinaio di milioni di euro. A questi costi si aggiungono anche quelli della materia prima. Attualmente in Italia, abbiamo solo una miniera di carbone attiva in Sardegna che produce 1 milione di tonnellate di carbone annui, quantità certamente non sufficiente per il potenziale fabbisogno.  Avremmo pertanto la necessità di importare almeno 1,2 milioni di tonnellate di carbone annui e, da chi attualmente importiamo principalmente questa materia prima? Oggi il 78% del carbone viene importato dalla Russia, è evidente allora che dovremmo trovare altri canali di approvvigionamento. Teniamo presente che il costo di questa materia prima dal 2016 ad oggi è passata dai 60€/ Ton ad oltre i 100€/Ton, valori che certamente aumenteranno nei prossimi mesi proprio a fronte dell’aumento della richiesta. A lungo termine, inoltre, si sta pensando di cartolarizzare il deficit economico-tariffario, causato dagli extracosti sulle bollette, per ridistribuirlo sotto forma di accise in un arco temporale di 10 o 20 anni, il che vuol dire avere un fardello di debiti per le future generazioni. In tutto questo ragionamento, nel piano del Ministro Cingolani, al netto dell’invito a fare meno docce, ad abbassare di un grado e ridurre di un’ora l’accensione dell’impianto di riscaldamento, forse si trascura l’aspetto della riduzione dei consumi, che potrebbe contribuire in modo significativo nel processo di autonomia energetica. Ragionare sul taglio dei consumi attraverso un cambiamento delle abitudini degli italiani è lodevole dal punto di vista dei buoni principi, ma probabilmente poco efficace in termini realmente pratici. In tutto questo ragionamento, invece, della riduzione dei consumi ha un certo rilievo il Superbonus. Siamo certi, infatti, che sia economicamente vantaggioso investire centinaia di milioni di euro tra riapertura delle centrali a carbone e importazione dalla Cina della materia prima? Non sarebbe più logico affiancare un piano di efficientamento energetico degli edifici, piuttosto che indebitarci compensando il deficit attraverso l’utilizzo di fonti altamente inquinanti, rendendoci allo stesso tempo dipendenti da un altro Paese straniero? Se la politica non avesse ostacolato questo interessante incentivo che permette di rinnovare il patrimonio edilizio italiano, già questo inverno probabilmente molte famiglie avrebbero potuto sostenere le spese energetiche. Ad oggi invece sono pochi i fortunati che sono riusciti ad accedere a questo beneficio fiscale. L’esperienza di questa prima fase del Superbonus ha evidenziato che gli edifici sui quali si è già intervenuti hanno ridotto i consumi talvolta anche di percentuali significative. La prima mossa per indirizzarci verso l’autonomia energetica è certamente la riduzione dei consumi attraverso un rinnovamento energetico degli attuali immobili. Soprattutto quando di fronte si ha un patrimonio edilizio altamente obsoleto come nel nostro Paese. Certamente stiamo parlando di una soluzione intelligente ed efficace, che ha bisogno di un arco temporale di lungo respiro, ma è proprio per questo che incentivi come il Superbonus dovrebbero diventare strutturali. Se non ci si fosse accaniti con tutti i mezzi nel tentativo di bloccare questa legge, invece di migliorarla eliminando alcune storture (solo prime case, solo per classi energetiche E,F,G e/o edifici over 30), già oggi, ci saremo potuti preoccupare un po’ meno per gli effetti energetici di questo conflitto. Confidiamo che, anche alla luce dei futuri scenari, il neo Governo riaffronti la tematica energetica con tutte le valutazioni necessarie, al fine di favorire una vera transizione ecologica per il nostro Paese.     I copertina: iStock.com/LeoWolfert 
iStock.com/LeoWolfert
Terza pagina
Lucio: il fantasma? È nel pozzo! Ipse dixit
Dopo alcuni accenni sintetici “in pillole” trovo divertente completare il racconto di questa vicenda, accaduta in una delle case di Lucio, la prima sulla quale lavorai per lui, quella di Vicolo Mariscotti, una strada piccola e silenziosa, stretta nel cuore della Bologna antica.     L’architetto Camerini, scherzando con Lucio Dalla  Da subito feci conoscenza con i personaggi del mondo dello spettacolo che, amici di Lucio, frequentavano la casa dove molti di loro, non essendo bolognesi, trovavano ospitalità quando erano di passaggio in città. Erano Ron, Morandi, De Gregori, tanto per fare solo qualche nome. Lì, nelle occasioni di incontro, uno dei racconti più frequenti riguardava la presenza di un fantasma invisibile, ma ben percettibile, che infestava la stanza degli ospiti e che, nottetempo, disturbava con rumori e movimenti il sonno di chi vi dormiva fino a svegliare il malcapitato ospite di turno! Qualcuno pensò che si fosse trattato di uno scherzo architettato dal padrone di casa…ma… bisogna fare un passo indietro. Nel corso della ristrutturazione scoprimmo che sotto il pavimento di un piccolo patio sul quale si apriva la stanza c’era un antico pozzo. Un muratore volenteroso si calò e inizialmente ci comunicò che c’era dell’acqua, ma io sapevo che tutti i pozzi antichi incorporati nelle case riservavano sorprese: quanti vasi destinati a ricevere l’acqua raccolta dal secchio, erano caduti  in fondo, quante ciotole erano scivolate dalle mani maldestre di qualche assetato frettoloso!  Sono i tesori che si trovano in fondo ai pozzi!  dissi a Lucio  E spesso sono intatti, perché cadendo nell’acqua, non si rompono! Questa idea lo lusingò molto mentre con entusiasmo assisteva alla spedizione del muratore che ben imbragato si calava nella profondità oscura. Vennero alla luce molte testimonianze del passato e ad ogni pezzetto di ceramica o scaglia di metallo arrugginito che il muratore faceva risalire era un’esclamazione! Furono trovati frammenti dipinti di manufatti ceramici, un boccale di epoca bentivolesca quasi integro, rugginosi pezzi di metallo e fra questi un daga dalla superficie in parte corrosa dalla ruggine e dal tempo, ma per il resto intatta. Si può ben immaginare la gioia quasi fanciullesca di Lucio che, dopo il mio racconto e con quest’ultimo reperto, vedeva materializzarsi le sue aspettative. Fu allora che, volendo saperne di più, interpellò un amico studioso di storia romana e medioevale il quale confermò trattarsi di un’antica daga romana, un’arma che i soldati romani portavano appesa alla cintura e che certamente quell’arma aveva combattuto e ferito o addirittura tolto la vita a qualche avversario!     Lucio Dalla al pianoforte  I reperti ceramici vennero collocati all’ingresso della casa e la daga fu appoggiata alla vera del pozzo, per incuriosire gli ospiti e poterne narrare il ritrovamento. Quindi, completata la ristrutturazione, la casa fu pronta per ricevere gli amici e il primo a usufruire di quella stanza da letto che si affacciava sul patio col pozzo fu proprio Gianni Morandi che, terminata a ora tarda la registrazione di un brano musicale negli studi di Lucio, si fermò anche a pernottare. La narrazione vuole che il cantante si addormentasse profondamente, ma si dovette risvegliare quasi subito perché in fondo al letto avvertiva dei movimenti ripetuti, come se qualcuno tirasse le coperte. Pensò a un gatto che, entrato di soppiatto, si volesse arrampicare sul letto, ma, accesa la luce ed effettuato un rapido controllo, nella stanza non c’era nessuno. Morandi raccontò la cosa a Lucio, che gli disse “La prossima volta, beviti una camomilla”. Pochi giorni dopo anche Ron fu ospite di Lucio. Stessa camera, stesso copione! Con l’aggiunta che, a suo dire, Ron aveva avvertito qualcosa di simile a colpi sul letto, senza che vi fosse nessun’altro nella stanza. Questi racconti indussero Lucio a pensare di avere la casa infestata da fantasmi, perché ogni suo ospite nella notte veniva a trovarsi in questa situazione. Nei giorni seguenti l’emozione e il racconto della scoperta della daga lasciarono ben presto spazio all’inquietudine che quell’oggetto, unitamente alle esperienze notturne dei suoi ospiti, provocava in lui. Si rivolse allora a Padre Michele Casali, decano della Basilica di San Domenico e suo consigliere spirituale e, spiegatigli i fatti, gli chiese se esistesse un esorcista “ghostbuster”. Fu deciso di interpellare un religioso di Pietramala, che si diceva avesse questa facoltà (Padre Umile).  Ricordo che il giorno della venuta di questo religioso, Lucio mi chiese di presenziare. Non appena il religioso entrò nella casa, fu preso da un fortissimo tremore. Lucio e io lo rincuorammo. Ma lui subito disse che in quella casa c’era qualcosa che alterava il suo equilibrio. Dopo aver riflettuto, Lucio parlò della daga che stava appoggiata sul bordo del pozzo. Cessato il tremito violento, il frate si fece accompagnare al pozzo. Visto l’oggetto ci disse che questo aveva ucciso certamente molte persone in guerre lontane nel tempo e, presa la daga, disse a Lucio che l’avrebbe portata con  a Pietramala, ma che la avrebbe restituita. Mesi dopo la daga ritornò in Vicolo Mariscotti e di eventi strani non ne accaddero più. Tuttavia Lucio cominciò a pensare di cambiar casa e, fra serio e scherzoso, mi disse che in Inghilterra una casa con i fantasmi si vendeva a un prezzo doppio, aggiungendo “…e pensare che qui adesso del fantasma non c’è più neanche l’ombra!”.■  In copertina: L’architetto Camerini con Lucio Dalla 
L’architetto Camerini con Lucio Dalla

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