Fulmini & saette
Ogni anno l’Italia è mediamente colpita da oltre un milione di fulmini; questo significa che, rapportando tale dato all'intera superficie del territorio italiano, si può determinare per il nostro Paese una densità media di fulmini al suolo di circa tre scariche per km2 ogni anno.
Secondo gli antichi greci il fulmine era l’arma di Zeus, potente re degli dei dell’Olimpo. Lo immaginiamo in vestito adamantino al di sopra delle nuvole, in ira per qualche offesa umana arrecatagli e scagliante saette sulla terra. Il fulmine per gli antichi era, quindi, l'arma per eccellenza.
Veniamo al fulmine dei nostri giorni. Viene tecnicamente definito come "scarica elettrica di natura atmosferica" ed è un fenomeno fisico legato alla quantità di cariche elettriche associate alle formazioni nuvolose. Le nuvole sono sedi di cariche elettriche sia di tipo positivo (associate a formazione di ghiaccio normalmente nella zona alta della nuvola) che di tipo negativo (associate a formazione di gocce di acqua normalmente nella zona bassa della nuvola). Queste quantità di cariche positive e negative possono vincere l'isolamento dell'aria formando dei veri e propri condotti elettrici in aria – appunto i fulmini o le cosiddette scariche atmosferiche – facendo sì che le quantità di carica di segni opposti si incontrino al fine di rendere stabile il sistema elettrico.
Le scariche possono avvenire in aria, sia all'interno di una nuvola che tra due diverse nuvole, ma anche verso terra poiché la terra può essere a sua volta sede di cariche elettrostatiche di tipo positivo o negativo. Può, quindi, succedere che il "condotto elettrico" si formi dalla nuvola verso la terra (fulmine discendente) ma può anche avvenire il contrario (fulmini ascendenti). Generalmente le aree pianeggianti sono sedi di fulmini discendenti mentre nelle zone collinari o montane, soprattutto in presenza di strutture aggettanti verso l'alto (campanili, gru metalliche, tetti con coperture in materiale metallico piuttosto che in laterizio, ecc.), possono verificarsi con più probabilità scariche atmosferiche di tipo ascendente.
Foto: Pasquale Fanelli
Per farsi un'idea dei parametri elettrici in gioco si può considerare la capacità isolante dell'aria che di fatto viene vinta quando si forma la condotta elettrica; l'aria secca presenta un isolamento elettrico (cosiddetta "rigidità dielettrica") pari a 3MV/m, ovvero 300 milioni di volt per ogni 100 m di lunghezza del fulmine. Quindi quando si forma il fulmine vuol dire che si è in presenza di una pila elettrica da 300 milioni di Volt per ogni centro metri di fulmine e i fulmini possono raggiungere lunghezze di svariate centinaia di metri! Si rapporti tale numero al valore della tensione nominale di un appartamento che è pari a 230 V per capire quanta energia è associata al fulmine. In presenza di tali voltaggi la corrente elettrica che transita nel condotto arriva facilmente a valori variabili tra qualche migliaio di ampere fino a valori massimi nell'ordine di 150000/200000 A. Sempre per centrare l'ordine di grandezza di questi parametri elettrici si pensi che le protezioni dei nostri appartamenti sono normalmente tarate su valori ricompresi tra i 10 e i 16 A massimi.
Concentrata in una colonna di plasma del diametro di 10- 50 cm, si capisce bene come gli effetti di tale energia possono essere devastanti nel punto in cui la condotta raggiunge la terra.
Quid facere?
L'uomo italico ha cercato di proteggersi dalle saette di Zeus sin dal 1955 quando il legislatore emanò quel capisaldo afferente la sicurezza sul lavoro che è stato il famoso D.P.R. 547:
Art. 38. Devono essere protetti contro le scariche atmosferiche con mezzi idonei: a) gli edifici e gli impianti relativi alle aziende ed alle lavorazioni, di cui all'art. 36 (attività con pericolo di incendio ma anche attività soggette al controllo del Comando dei VVF- ndr);
b) i camini industriali, che, in relazione all'ubicazione e all'altezza, possano costituire pericolo.
Art. 39. Le strutture metalliche degli edifici e delle opere provvisionali, i recipienti e gli apparecchi metallici, di notevoli dimensioni, situati all'aperto, devono, per se stessi o mediante conduttore o spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche.
Art. 40. Le installazioni ed i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche devono essere periodicamente controllati e comunque almeno una volta ogni due anni, per accertarne lo stato di efficienza.
Foto: Pasquale Fanelli
In ottemperanza all'art. 38 fioriscono negli anni Sessanta e fino agli anni Ottanta per i motivi che dopo si vedranno, i parafulmini; su scuole, su teatri, su chiese e su tutti gli immobili oggetto di Nulla Osta da parte dei Comandi Provinciali del VVF. Si realizzano gabbie di Faraday e sistemi di captazione ad aste à gogo; si arriva perfino a installare aste captatrici su campanili dotati di crocifissi metallici, crocifissi che per la loro natura metallica rappresentavano dei captatori di fatto! E così via. Il parafulmine assurge a sistema protettivo talmente diffuso che viene inserito dal legislatore, unitamente all'impianto di terra, anche nei controlli periodici biennali e quinquennali nei luoghi di lavoro effettuati per legge dall'ENPI (poi ISPESL ed oggi INAIL). Invero, in quel tempo, le modalità di esecuzione dei parafulmini non erano regolate in maniera chiara da una specifica norma, per cui essi venivano realizzati più o meno bene a seconda delle dirette conoscenze sul fenomeno del progettista quando presente (quasi mai!), o più in generale dell'installatore.
Il primo ottobre 1984 il Comitato Elettrotecnico Italiano emana finalmente la Norma CEI 81-1 che si intitolava (udite udite!) "Protezione di strutture contro i fulmini".
Grazie al riconoscimento della qualità della "regola d'arte" che il legislatore intese dare alle norme CEI con la legge n.186 del 1968, finalmente nel 1984 si ha un riferimento certo per realizzare parafulmini "a regola d'arte". Ma leggendo la norma ci si rese subito conto che non sempre il parafulmine doveva essere realizzato. La norma, infatti, con un procedimento di tipo geometrico imponeva al progettista dei calcoli per verificare se la struttura in trattazione potesse veramente essere colpita da un fulmine e ciò in considerazione soprattutto delle condizioni al contorno della struttura e della forma della struttura stessa. Si scoprì, così, che molte di quelle scuole, di quei teatri e di quanto altro dotato di parafulmini secondo il DPR 547 negli anni Sessanta e Settanta, in applicazione della regola d'arte della CEI 81-1 non dovevano essere dotate di parafulmini perché risultavano strutture "autoprotette", ovvero strutture site in vicinanza di strutture più alte o in vicinanza di dispositivi con qualità elettriche captatrici oggettive (ad es. linee elettriche aeree nude).
Nasce un periodo di grande confusione: i tecnici ISPESL durante le operazioni di verifica volevano assolutamente trovare il parafulmine laddove la struttura rientrava nei parametri dell'art. 36 del DPR 547/55 ma il progettista elettrico portava a riprova della non necessità della realizzazione del parafulmine il calcolo di autoprotezione redatto in ossequio della Norma CEI 81-1. La discussione evolve nel tempo lentamente dalla parte dei progettisti che vengono dichiarati in maniera chiara "vincitori!" soprattutto con l'avvento della legge 46/90, legge che di fatto li rende parte legale, necessaria e diligente nel processo realizzativo impiantistico.
Il primo dicembre 1996 la gloriosa CEI 81-1, che ha segnato un'epoca, lascia il posto alla più macchinosa Norma CEI 81-4. È la prima norma a respiro europeo in tale campo tecnico, e stravolge completamente il metodo di calcolo della protezione da scariche atmosferiche fino ad allora adottato.
Al progettista vengono proposti 4 fattori di rischio da calcolare:
R1 - rischio connesso alla perdita di vite umane;
R2 - rischio connesso alla perdita di servizi pubblici essenziali;
R3 - rischio connesso alla perdita di patrimonio culturale insostenibile;
R4 - rischio connesso alla perdita del bene in relazione al suo valore meramente economico (opzionale).
I primi tre rischi dovevano essere stimati dal progettista, il quarto invece veniva stimato solo se richiesto dal committente che al contempo doveva però rilasciare al progettista i dati di stima per il valore economico.
I valori del rischio calcolati dal progettista andavano confrontati con i corrispondenti valori di rischio massimo accettabile dettati dalla norma. La comparazione poi determinava la necessità o meno di dotare la struttura del parafulmine e se sì, anche delle modalità di realizzazione dello stesso in termini di qualità.
In sostanza il calcolo di tipo probabilistico della 81-4, partendo sempre dalle caratteristiche geografiche della struttura (forma geometrica e altezza della struttura, numero di fulmini per Km2 nel comune in trattazione, condizioni al contorno) alla stessa stregua della 81-1, procedeva poi introducendo altri parametri di calcolo, portando in conto eventuali qualità di sicurezza della struttura (ad esempio presenza o meno dei sistemi antincendio, qualità isolante dell'area esterna alla struttura, presenza o meno di linee elettriche all'interno ecc.) per poi effettuare un calcolo di natura probabilistica onde determinare il rischio di fulminazione connesso alle quattro condizioni sopra nominate da porre in relazione ai valori massimi ammissibili dettati dalla norma.
Il primo febbraio 2013 termina la sua vita terrena anche la norma 81-4. Essa viene sostituita dalla direttiva europea CEI EN 62305. Per i puristi della forma si dirà che la norma si compone di quattro parti aventi ciascuna uno specifico campo di applicazione.
- CEI EN 62305-1 “Principi generali” come recepita dalla Norma CEI 81-10 parte 1;
- CEI EN 62305-2 “Valutazione del rischio” come recepita dalla Norma CEI 81-10 parte 2;
- CEI EN 62305-3 “Danno materiale alle strutture e pericolo per le persone” come recepita dalla Norma CEI 81-10 parte 3;
- CEI EN 62305-4 “Impianti elettrici ed elettronici nelle strutture” come recepita dalla Norma CEI 81-10 parte 4.
Foto: Pasquale Fanelli
Nella norma a oggi in vigore resta il metodo probabilistico di calcolo come sintetizzato nel seguito per ogni parte.
Parte 1 - Principi generali
Contiene le informazioni relative al pericolo da fulmine, alle caratteristiche e ai parametri significativi per la simulazione degli effetti prodotti dai fulmini.
Parte 2 - Valutazione del rischio
Si basa su un'analisi dei rischi di tipo probabilistico al fine di stabilire la necessità o meno di una protezione contro i fulmini.
Parte 3 - Danno materiale alle strutture e pericolo per le persone
Contiene indicazioni per la protezione di edifici e persone dai danni che potrebbero essere causati dall'effetto della corrente di fulmine.
Parte 4 - Impianti elettrici ed elettronici nelle strutture
Tratta la protezione di edifici contenenti sistemi elettrici ed elettronici dagli effetti dei disturbi elettromagnetici (LEMP) prodotti dai fulmini.
In considerazione della natura stessa dell’articolo e della complessità dell’argomento non si entrerà nel dettaglio della norma, ma si analizzeranno solo brevemente gli aspetti sulle responsabilità del progettista/valutatore.
Il punto centrale è la valutazione del rischio da fulmine. Esso ha come obiettivo la quantificazione del pericolo al quale sono esposti gli edifici e i loro contenuti in caso di una fulminazione diretta e indiretta.
A tale determinazione si giunge mediante la redazione di una relazione tecnica che porti in conto sia le problematiche tecniche che quelle economiche, nel rispetto della procedura di calcolo prevista dalla normativa.
Il rischio R è il prodotto tra il numero di fulmini (N) che possono colpire la struttura nel tempo considerato (un anno), la probabilità (P) che ciò accada e l’entità delle perdite conseguenti alla fulminazione (L).
Analiticamente il rischio è pari a:
R=NxPxL.
Il fattore L sicuramente è il più complesso da analizzare; tale fattore è legato a diversi parametri come la destinazione d’uso, il valore economico del bene da proteggere, il numero e il tempo di permanenza delle persone ecc. La norma impone poi anche l’analisi economica relativa all’adozione delle misure di protezione. Per tale procedura è richiesto il calcolo delle componenti di rischio con o senza le misure di protezione.
Tale analisi (rif. Rischio R4 che nella 81-4 non era obbligatorio) questa volta va sempre effettuata e non è cosa semplice da spiegare a un committente molte volte poco sensibile alla problematica da fulmine, atteso il maggior onere di calcolo cui dovrebbe corrispondere il maggior onere di… onorario.
Il progettista in caso di committenza riottosa (per non dire avara) può tutelarsi per mezzo di una liberatoria scritta nella quale il committente dichiara di essere stato informato sul rischio e dichiari di assumersi tutte le responsabilità in merito ad eventuali danni economici rinunciando alla valutazione del rischi di perdite economiche.
Per quanto concerne l'obbligo del calcolo delle protezioni da scariche atmosferiche, esso è determinato nella Guida CEI 0-2 "Guida per la definizione della documentazione di progetto degli impianti elettrici" al punto 3.5.2 lettera L) laddove viene specificato il contenuto della relazione specialistica afferente la terza fase di progettazione (progettazione esecutiva). La guida esplicita il da farsi in ordine agli obblighi progettuali come dettati dal DM 37/08.
Ma anche il D.Lgs. 81/08 impone per i luoghi di lavoro il calcolo della protezione da scariche atmosferiche con la relativa scelta progettuale per la tipologia di protezione (SPD o LSP).
Il tecnico è tenuto a informare il committente datore di lavoro o proprietario della struttura dove sono presenti lavoratori, della necessità di tali valutazioni al fine di renderlo consapevole delle proprie responsabilità penali. Si badi che in assenza di calcolo del rischio di fulminazione è previsto l’arresto da 3 a 6 mesi o un’ammenda tra 2500 € e 6400 €.
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