Crespi d’Adda da villaggio operaio (1876) a riconosciuto sito UNESCO (1995). Storia di una committenza illuminata

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Cristoforo Benigno e Silvio Benigno Crespi: committenza, architettura, sviluppo di un sistema urbano integrato nel paesaggio dell’Adda

Questo contributo intende ricostruire le principali tappe evolutive delle architetture e del paese sorto lungo il corso del fiume Adda e che, assecondandone la morfologia, costituisce un interessante esempio di sistema urbano integrato nel paesaggio, il cui indiscusso valore storico, architettonico, documentale e testimoniale quale centro emergente di archeologia industriale dal valore integro gli ha garantito, nel 1995, l’iscrizione nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, precludendo così la strada a future trasformazioni che avrebbero potuto compromettere queste peculiarità. L’insediamento tardo ottocentesco di Crespi d’Adda è per certi aspetti analogo a quello, sebbene di più ampio respiro territoriale, di Schio, con il quartiere delle case operaie progettato nel 1872 dall’architetto vicentino Antonio Caregaro Negrin secondo le direttive del suo committente, l’industriale Alessandro Rossi il cui lanificio, nel 1861, era al primo posto fra le industrie della penisola con 800 operai. Crespi e Rossi, entrambi interessati a consolidare la propria immagine imprenditoriale, erano mossi da spirito filantropico nello studio della casa operaia modello. Come Schio, anche Crespi d’Adda si presta a un’indagine di ampio raggio inclusiva dei caratteri architettonico-urbanistici, sociologici, economici ecc. e a ciò ha concorso anche il fatto di avere sempre mantenuto la medesima destinazione produttiva (cotonificio e industria tessile fino alla dismissione nel 2003). 
A breve distanza da Bergamo, Crespi d’Adda è riconosciuto come il più significativo sistema urbano operaio del tardo Ottocento realizzato in Italia, la cui rilevante importanza è dovuta al fatto di avere conservata pressoché integra la propria fisionomia originaria per quanto attiene sia alla struttura urbana e al sistema delle architetture, sia alla destinazione produttiva.

La figura del committente Cristoforo Benigno Crespi e il ruolo del figlio Silvio Benigno

La distruzione dell’archivio privato della famiglia Crespi, avvenuta durante il secondo conflitto mondiale, ci priva di una documentazione utile a ricostruire, nel dettaglio, la vicenda imprenditoriale e sociale del cantiere dell’architettura. La storia architettonica di Crespi, chiara nei tempi, lo è meno nei suoi protagonisti. Il fondatore, Cristoforo Benigno Crespi (Busto Arsizio, 1833 - Milano, 1920), è l’esponente di una dinastia di cotonieri che aveva iniziato l’attività nel settore tessile a Busto Arsizio alla fine del Settecento, ma che seppe allinearsi al progresso tecnologico-industriale del tempo. Il contesto nel quale sorgono la fabbrica e l’intero villaggio è quello contadino, non ancora coinvolto nel processo di industrializzazione, di un territorio ricco di risorse idriche perché posto alla confluenza dei fiumi Brembo e Adda.
Si deve a lui, Cristoforo Benigno – il cui busto bronzeo domina la piazza del paese – al rientro da un viaggio a Manchester, l’idea della fondazione del villaggio all’interno del quale integrare il luogo del lavoro – la fabbrica – con il luogo degli affetti famigliari – le case degli operai, dei direttori e capi reparto – convinto di potere offrire all’operaio e alla sua famiglia un livello di vita superiore a quello diffuso a quell’epoca. Da ciò deriva anche l’idea di dotare il villaggio di strutture che potessero garantire alla comunità una sicura autosufficienza: l’ambulatorio, la centrale termica per la produzione di acqua calda, i bagni pubblici, i lavatoi, il dopolavoro, la chiesa, la scuola, il teatro, il cimitero, e grandi spazi verdi (fig. 1). 

Fig. 1. Crespi d’Adda, vista dall’alto

Il villaggio cresce nell’arco di un quindicennio o poco più e si completa con il passaggio della direzione dello stabilimento al figlio Silvio Benigno (1868-1944). Lo schema urbano formato da piccole case indipendenti è conosciuto dal Crespi junior durante il viaggio in Inghilterra, sebbene l’idea prima sia derivata a suo padre, Cristoforo Benigno, dai documentati rapporti con l’industriale Alessandro Rossi, di cui scrive lo stesso Silvio Benigno nel suo Il villaggio operaio Crespi a Capriate, pubblicato nel 1894 in “L’edilizia moderna”. Conclusa la propria formazione giuridica preso l’Ateneo pavese, affiancata da soggiorni estivi e da tirocini di lavoro negli stabilimenti cotonieri di Francia, Germania e Inghilterra, Silvio Benigno sollecita il padre a mutare l’iniziale disegno nel quale forse erano previsti più edifici plurifamiliari, orientandolo al disegno di un diverso piano, secondo altri criteri che contemplassero case mono e bifamiliari. Dal 1889 Silvio Benigno entra nella fabbrica paterna e qualche anno dopo, nel 1892, sorgono le villette mono e bifamiliari (fig. 2), si aprono i cantieri del castello, la monumentale residenza di famiglia progettata da Ernesto Pirovano (Milano, 1866-1934), della scuola, del teatro e della chiesa (fig. 3 e 4).

   Fig. 2. Crespi d’Adda, villette bifamiliari per le maestranze
  Fig. 3. Ernesto Pirovano, il castello, residenza della famiglia Crespi
   Fig. 4. Pietro Brunati, la chiesa, Crespi d’Adda

Il villaggio si completa con la casa del parroco (fig. 5), quella del medico, la cucina economica entro la fine del secolo e, in apertura al Novecento, con la realizzazione (1907) del cimitero progettato da Gaetano Moretti (Milano,1860-1938). 

Fig. 5. Crespi d’Adda, la casa del parroco

La fabbrica, gli edifici pubblici e religiosi, le tipologie dell’architettura per la residenza, il sistema urbano nel paesaggio dell’Adda 
Il sistema urbano di Crespi d’Adda è caratterizzato dall’incrocio di due assi stradali ortogonali con orientamento nord-sud – di cui quello principale è parallelo al corso del fiume e traguarda sul mausoleo della famiglia Crespi in corrispondenza dell’ingresso allo stabilimento dominato dalla ciminiera della centrale termica, poggiante su una base ottagona con elementi decorativi neoromanici e ad archetti pensili (fig. 6).

Fig. 6. Crespi d’Adda, la ciminiera della centrale termica

Il neoromanico e il neorinascimento sono i codici stilistici dominanti nelle architetture per il lavoro di questo villaggio, peraltro in linea con la cultura neomedievalista e “lombardesca” diffusa nella regione fin dal primo Ottocento (enfatizzata e sottolineata negli edifici dalla profusione della decorazione in cotto nei fregi e nelle ghiere, e che forma piccoli rosoni nella fabbrica con tetti a sheds) (fig. 7), all’interno del quale una attenta gerarchia sociale differenziava gli edifici plurifamiliari abitati dagli operai, i palazzoni a tre piani posti sulla destra all’ingresso del villaggio, i primi ad essere costruiti fra il 1880 e il 1885, dalle palazzine mono e bifamiliari, tutte dotate di una piccolo orto-giardino, dalle 14 eleganti villette liberty destinate ai direttori e capi reparto.

Fig. 7. Crespi d’Adda, la fabbrica, particolare edifici con copertura a shed

I palazzotti (fig. 8) sono edifici a pianta rettangolare, caratterizzati da un numero regolare di cinque finestre con imposte in legno a due battenti per ogni piano sui lati lunghi e tre su quelli corti, con tetto mansardato. Gli edifici, paralleli alla via di accesso al paese, sono costruiti in laterizio coperto di calce e intonacati di bianco; modanature in cotto incorniciano le finestre con lieve incurvatura ad arcoscemo; un cornicione in cotto corre lungo l’intera cimasa dell’edificio.

Fig. 8. Crespi d’Adda, palazzotti per le maestranze

Le case degli operai, mono o bifamigliari, sorgono arretrate rispetto al ciglio stradale, dislocate a gruppi di tre o di cinque per ogni alto di strada all’interno di un reticolato viario che delimita rettangoli internamente suddivisi da quadrati regolari per la superfice di ogni casa, compreso l’orto-giardino. Queste palazzine sono caratterizzate da una planimetria quadrata, con alzato su due piani compreso il piano terreno; una sola entrata e una sola scala che conduce al piano superiore. Il materiale usato è il laterizio rosso coperto da calce e intonaco bianco dato a tutte le abitazioni operaie.

Fig. 9. Crespi d’Adda, il lavatoio pubblico

Completano il sistema urbano la chiesa (1892-93), progettata da Ernesto Pirovano ed esemplata su quella bramantresca di Busto Arsizio, il castello neomedievale residenza della famiglia Crespi, progettato da Ernesto Pirovano (1894-1897) coprotagonista con Moretti della vicenda costruttiva del villaggio, la scuola elementare, il teatro, il lavatoio pubblico (1878) (fig. 9), il villino del medico e quello del parroco costruiti sulla collina che domina la piazza della chiesa, due centrali elettriche, una centrale termica, il serbatoio circolare per l’acqua, sopraelevato su esili pilastri (fig. 10).

Fig. 10. Crespi d’Adda, serbatoio sopraelevato per acqua a corona circolare


La storia architettonica di Crespi è sufficientemente chiara, come abbiamo visto, nei tempi di costruzione. La prima parte della fabbrica, con le prime case operaie che costituivano un insieme di costruzioni nella parte bassa del paese, furono costruite fra il 1878 e il 1880. Non si conosce il nome del progettista, e il nome dell’ingegnere P. Brunati, compare per la prima volta sulla rivista “Edilizia Moderna” dell’agosto 1894 come direttore dei lavori di costruzione della chiesa “e delle altre importanti costruzioni industriali del sig. cav. Crespi”, il che non risolve il problema dell’individuazione del nome dell’architetto. I primi corpi di fabbrica sorgono arretrati rispetto alla strada, lungo la quale si allineano i magazzini e gli uffici eretti successivamente.
Sono edifici caratterizzati da un leggero neomedievalismo ispirato alla lezione di Camillo Boito, mentre citazioni neogotiche più marcate connotano i corpi della fabbrica e quelli destinati a uffici eretti nel 1925. Allineato a questo “lombardismo” stilistico sono le villette sorte dopo il 1890 con cornici marcapiano, ghiere in cotto in una ricercata unità di ambiente.
I nomi emergenti legati alle architetture del villaggio sono quelli, prima citati, di Gaetano Moretti e Ernesto Pirovano.

Al Moretti è tradizionalmente attribuita la progettazione dell’industria tessile di Crespi, i cui opifici possono raggrupparsi in sei blocchi architettonici a pianta rettangolare paralleli tra loro e rispetto ai due assi viari di corso Mazzini e corso Donizetti. Tre di questi tra cui il corpo d’entrata con un’alta ciminiera (fig. 11) sono separati internamente da un grande e lungo cortile; gli altri tre, più prossimi alla sponda del fiume, uniti sulla destra a una torre quadrata merlata collegata a una piccola diga in laterizio rivestito da pietre di ceppo in bugne rettangolari, gettata su un canale dell’Adda. Fra il 1895 e il 1906 sorgono le due grandi costruzioni prospicienti corso Mazzini e corso Donizetti e il prolungamento della parte retrostante con cinque capannoni e il grande volume parallelepipedo con il fumaiolo del corpo d’entrata che è posto frontalmente all’asse principale del sistema viario del paese. Dietro al corpo d’entrata, un’alta ciminiera dalla esile rastremazione cilindrica è ingentilita da motivi decorativi in cotto.

Fig. 11. Crespi d’Adda, ingresso alla fabbrica con ciminiera e palazzine uffici

In basso, la ciminiera è inglobata alla base da un portale a tre archi con semicolonne e capitelli che sorreggono un alzato di cuspidi in cemento con pennacchi in ferro battuto, realizzati da Alessandro Mazzucotelli.
A Ernesto Pirovano, divenuto presto architetto di fama come vincitore di concorsi fra i quali il cimitero di Bergamo, spetta l’invenzione progettuale del castello, la residenza della famiglia che si vuole finita nel 1897, arricchito da motivi veneto moreschi e dall’utilizzo di materiali diversi: dal ceppo di Brembate che forma lo zoccolo del basamento, al cotto rosso materiale dominante, al cemento, in un pastiche cui non è estranea la cultura milanese del tempo. La villa dei Crespi spiccava e ancora oggi spicca sulle architetture dell’intero villaggio, composta da quegli elementi architettonici e decorativi che in minore misura erano utilizzati anche nelle palazzine per gli impiegati, l’asilo, la fabbrica. Sull’altro lato della strada, e a breve distanza dalla villa-castello di famiglia, sorge la chiesa realizzata fra il 1891 e il 1893 su progetto dell’ing. Brunati, a pianta centrale coperta da cupola ottagonale.
A Gaetano Moretti spetta l’imponente mausoleo della famiglia (fig. 12) che, in forma di piramide a gradoni realizzato con un blocco compatto di calcestruzzo, domina l’intero campo cimiteriale verso le sepolture a terra. Per la costruzione del cimitero fu indetto un concorso pubblico, bandito nel 1896, che scelse il progetto di Moretti. I lavori avviati nello stesso 1896 si conclusero però solo nel 1907.

Fig. 12. Gaetano Moretti, Cimitero, mausoleo della famiglia Crespi


Il sistema urbano e l’attività edilizia di questo interessante villaggio operaio si concludono con la costruzione delle ville per i dirigenti, erette nel decennio 1920-1930 fuori dall’ambito del nucleo centrale delle case operaie prima citate, e con le 14 ville (fig. 13) per la classe dirigenziale, che riflette una gerarchizzazione delle classi sociali nell’ambito delle maestranze presenti a Crespi d‘Adda. Si tratta di ville erette nella zona nord-est, ai margini dell’area verde boscata che arriva a lambire il cimitero. Progettate da Ernesto Pirovano fra il 1921 e il 1925, queste eleganti costruzioni con articolazioni planimetriche varie e varietà di soluzioni negli alzati, con l’utilizzo di un conglomerato locale, del legno e del cemento, tradiscono influenze dal Sommaruga che, fra il 1907 e il 1915, aveva realizzato una serie di grandi ville a Sarnico, a Lanzo e a Varese.

Fig. 13. Ernesto Pirovano, villa per dirigente, Crespi d’Adda


La Centrale idro-meccanica/elettrica
Fu subito chiaro a Cristoforo Benigno Crespi che il suo progetto poteva attuarsi solamente alla condizione di avere a disposizione energia sufficiente a far muovere i fusi e telai del futuro cotonificio e a costi concorrenziali, quindi la scelta di quel triangolo di terra boscato compreso fra il fiume Adda e il Brembo gli apparve subito come un territorio nel quale poteva sviluppare la propria impresa. La quantità abbondante di acque che perennemente lambivano quell’area fu la scintilla che fece scoccare in Crespi l’idea che fosse l’area ideale per la costruzione del suo opificio.
Il primo atto che l’imprenditore si accinse a redigere fu la richiesta al Comune di Capriate d’Adda della concessione di derivazione, tramite un canale artificiale, delle acque del fiume Adda sul quale costruire una centrale idromeccanica per la produzione di forza motrice. Era il 1875.
Nel 1877 ottenne la concessione di derivazione per 60 m3/s per 90 anni. Fu immediatamente costruita la prima centrale idromeccanica con l’installazione di tre turbine a reazione Francis (fig. 14) sviluppate dell’ingegnere inglese naturalizzato americano James B. Francis nel 1848.

   Fig. 14. Crespi d’Adda, girante della turbina
                Francis, centrale MCMIX

Queste turbine trasmettevano il moto tramite riduttori, pulegge e cinghie di trasmissione aeree ai telai e ai fusi.
Questo complesso sistema di trasmissione dell’energia negli anni aveva causato numerosi incidenti anche mortali alle maestranze e l’imprenditore Silvio Crespi, succeduto al padre Cristoforo, consapevole che la produttività della fabbrica si basava in modo particolare sull’ambiente e sul benessere degli operai nell’opificio, fu molto attento alla sicurezza sul lavoro (nel 1894 aveva pubblicato un libro per la casa editrice Ulrico Hoepli Dei mezzi di prevenire gli infortuni e garantire la vita e la salute degli operai nell’industria del cotone in Italia) e fu fra i primi ad assicurare gli operai contro gli infortuni, e non appena si rese disponibile in Italia un’altra possibilità di produzione e trasmissione di forza motrice (energia elettrica) l’adottò.
Negli anni 1908-1909 fu demolita la centrale idromeccanica e costruita la nuova centrale denominata MCMIX per la produzione di energia elettrica da acqua fluente. Con un salto nominale di 4,83 metri le tre turbine Francis installate potevano generare una potenza di 750 kW cadauna e una potenza al generatore di 900kVA. I tre gruppi di turbine e alternatori furono costruiti dalla Tecnomasio Brown Boveri e permisero allo stabilimento industriale di essere più efficiente e produrre a costi minori e di eliminare le cause di incidenti sul lavoro dovuti agli organi di trasmissione del movimento ora non più necessari.
Il nuovo edificio posto trasversalmente al canale di derivazione costruito per ospitare la centrale idroelettrica fu progettato per una funzionalità ben definita. Si configura con una architettura eclettica, fra classicismo e neogotico, costruita con materiali dell’ambiente sedimentario fluviale (ceppo d’Adda, un conglomerato formato dalla litificazione naturale di depositi fluviali pleistocenici).
La centrale si sviluppa su tre livelli di cui il livello -2, dove sono ubicate le turbine, è completamente immerso, il livello -1, dove sono ubicati gli organi di trasmissione fra turbina e alternatore, e il livello 0 (galleria) dove sono ubicati gli alternatori e i quadri elettrici e il pulpito di comando. Il disegno dell’interno della galleria è stato sviluppato dall’architetto Ernesto Pirovano che in modo suggestivo ha interpretato questo spazio produttivo come spazio scenografico: pavimento in legno, decorazioni parietali dipinte a tempera e gli stessi finimenti in acciaio e ghisa presentano lavorazioni che ne esaltano la raffinata ricercatezza. La centrale rimase operativa fino al 1992. Nel 2003 lo stabilimento fu dismesso e la centrale abbandonata al degrado e ai vandalismi, fino al momento in cui nel 2010 si rinnova la concessione di derivazione per lo sfruttamento idroelettrico delle acque e si rende così possibile la ristrutturazione dell’intero sistema produttivo di energia elettrica (fig. 15 e 16).

Fig. 15. Crespi d’Adda, centrale idroelettrica restaurata, particolare con sgrigliatore

 

Fig. 16. Crespi d’Adda, centrale idroelettrica restaurata, galleria sala macchine


Con un attento lavoro di restauro conservativo il livello 0 (galleria sala macchine) e l’involucro esterno dell’edificio hanno mantenuto i caratteri originari.
Ciò fu reso possibile dal miglioramento tecnologico delle macchine idrauliche ed elettriche di nuova installazione che, riducendo considerevolmente i volumi di ingombro, hanno permesso di posizionare la nuova parte tecnologica ai livelli -1 e -2 senza dover interferire con il livello 0. A livello della galleria si conservano nella loro suggestiva bellezza come moderne installazioni artistiche le carcasse esterne in acciaio degli alternatori, le macchine a servizio del funzionamento delle vecchie turbine e il pulpito di comando con i vari quadri elettrici risalenti all’epoca della costruzione (1909).
La nuova centrale idroelettrica oggi è tornata produttiva e sfrutta una portata massima di 60 m3/s con un salto nominale di 4,83 m. La portata ora alimenta solo due turbine Kaplan che forniscono ciascuna una potenza massima di 1141,3 kW e una potenza elettrica di 1200kVA.


Dalla visione diretta e dall’analisi dell’architettura del villaggio di Crespi d’Adda emerge la predilezione per il neogotico e per la cultura lombarda più in generale e si evidenzia l’interazione di due tipologie costanti, una di carattere tecnico-decorativo in relazione al materiale da costruzione: laterizio intonacato, laterizio vivo, conglomerato detto ceppo, legno; l’altra di ordine architettonico -funzionale in relazione alla permanenza di costanti tipologiche nei moduli planimetrici geometrici, nei rapporti di dislocazione simmetrici rispetto a una suddivisione a scacchiera del piano urbanistico. Il fascino di Crespi d’Adda deriva dalla conservazione quasi perfetta del suo tessuto urbano e dal felice rapporto con la natura del paesaggio dell’Adda.ano e dal felice rapporto con la natura del paesaggio dell’Adda. 

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