Caserme e forti, una nuova vita dopo le dismissioni

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Dopo la riforma delle forze armate, molti edifici militari possono essere salvati dal degrado
La riforma della Forze Armate e la fine della Guerra Fredda hanno portato a una consistente riduzione del numero dei militari. Di conseguenza molte storiche caserme ed edifici sono stati dismessi. Cosa farne ora? Un interrogativo posto al centro del Convegno Internazionale che si è tenuto lo scorso giugno, promosso dall’Università degli Studi di Cagliari (DICAAR), dal Polo Museale della Sardegna (MIBACT), dall’Istituto Italiano dei Castelli e dall’Università di Edimburgo (ESALA) in occasione del 150° anniversario della dismissione delle piazzeforti militari italiane. Location del convegno, l’arcipelago della Maddalena, che per la sua storica identità difensiva costituisce un microcosmo particolarmente significativo per riflettere su principi e sulle linee guida per la protezione dei paesaggi militari internazionali. Sul tavolo del dibattito casi studio, percorsi di ricerca e iniziative istituzionali articolati in quattro sessioni tematiche e due sessioni speciali riguardanti la conoscenza, la salvaguardia e la valorizzazione dei paesaggi militari storici. Nel convegno i relatori si sono concentrati sull’interazione tra le attività militari e il territorio, ovvero su come si possa oggi riconoscere, interpretare e tutelare questa memoria, talvolta scomoda, che alterna ricordi di guerre e violenze a più rassicuranti messaggi di sicurezza, commemorazione, pace.
 
Il tema del recupero e della valorizzazione del patrimonio edilizio militare è stato anche al centro di una ricerca inter-ateneo sviluppata dai Dipartimenti di Ingegneria delle Università di Roma, Trento, Pavia, Napoli, curata da Franco Storelli e Francesca Turri nell’ambito dei Progetti di ricerca di interesse nazionale (2005-2007). Lo studio si è concentrato su interventi relativi a uno o più edifici, spesso parte integrante di tessuti urbani, oltre a quegli edifici che costituiscono elementi di più vasti insiemi specializzati e distribuiti negli ambiti regionali. Il vastissimo patrimonio dell’architettura militare in Italia è quanto mai complesso e spazia dai manufatti di servizio agli acquartieramenti, dalle fortificazioni alle strutture aeroportuali, senza dimenticare gli arsenali marittimi. Complessa anche la catalogazione delle tipologie esistenti. L’insieme di molti di questi edifici, finché in attività, è stato salvaguardato dai fenomeni di abbandono e decadimento che invece hanno interessato altri complessi militari dismessi negli ultimi 5-10 anni, privandoli dei caratteri originari a seguito della progressiva perdita di operatività. La prospettiva di una nuova stagione di dismissioni, che in alcune città come per esempio Piacenza, riporta in primo piano il tema della riconversione di architetture e territori particolarmente vulnerabili. Nella città emiliana, infatti, sono stati dismessi alcuni importanti nuclei militari ed ex conventuali come la Caserma Vittorio Alfieri nel seicentesco ex convento delle Benedettine, la Caserma Cantore nel cinquecentesco ex convento dei Canonici Lateranensi di S. Agostino, la caserma Jacopo Dal Verme in una delle pertinenze del seicentesco Palazzo di Madama Farnese. La valorizzazione di questi beni, talvolta, è connessa al loro inserimento, nell’ambito degli strumenti di pianificazione urbanistica, tra gli edifici passibili di trasferimento al comune di Piacenza, ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D.Lgs. 85/2010. Tra gli immobili oggetto delle procedure di valorizzazione ai sensi del citato D.Lgs. 85/2010 sono il Torrione e il Bastione di Porta Borghetto, Bastione Corneliana, l’ex Caserma Zanardi Landi. Le destinazioni d’uso previste, oltre a quelle pubbliche finalizzate alla riqualificazione dell’area, riguardano funzioni residenziali, terziarie, commerciali e di servizio.
Piacenza, ex Caserma Vittorio Alfieri, già convento delle Benedettine, particolare

Il quadro che deriva dall’analisi dell’architettura del patrimonio militare in Italia è estremamente complesso e mostra una realtà ricca di manufatti di modesta qualità e immobili di indubbio pregio architettonico, specie se li si considera in rapporto agli ambiti e ai contesti naturalistici o urbani. Da qui la necessità che la destinazione futura di edifici così eterogenei per tipologia e dimensione sia valutata “caso per caso”, per la variabilità delle diverse possibilità di recupero e riutilizzo. Lo studio di Storelli e Turri ha analizzato alcune peculiari realtà urbane a Roma come nell’area nord occidentale fra Piemonte e Lombardia, fino a Piacenza. Si tratta di un denso volume (Palombi editore, 2014) che ha disvelato una realtà dell’architettura militare molto diversa da quella di strutture anonime e disadorne alle quali solitamente si associa l’idea di caserma nel paesaggio urbano.
Strutture e aspetto degli edifici sono caratterizzati da elementi tecnici e sistemi costruttivi legati alla produzione e alle competenze di maestranze locali. E sono anche i contesti locali a suggerire i possibili riusi. Le ipotesi di recupero devono infatti nascere dalla lettura dei singoli insediamenti nei rispettivi contesti, dalla conoscenza dei grandi spazi e dai necessari interrogativi sul migliore utilizzo possibile, dalla scelta delle modalità di intervento tecnico più appropriate. L’analisi del ricco e articolato patrimonio militare deve necessariamente avvenire su più piani per individuare le destinazioni d’uso compatibili al fine di arrestare il degrado di questi beni, attivare processi di sviluppo locale, renderli fruibili alla collettività nel rispetto dell’identità e del sistema costruttivo originario.
Piacenza, ex Caserma Vittorio Alfieri già convento delle Benedettine, interno del fabbricato dell’inizio del XX secolo

Ovvero alla base di qualsiasi intervento di recupero deve esserci la ricerca del necessario equilibrio fra conservazione e trasformazione. Inoltre, negli interventi di conservazione e di valorizzazione del patrimonio edilizio esistente, non si può più prescindere dall’affrontare le problematiche riguardanti la sostenibilità, la riduzione dei consumi energetici e il risparmio di risorse. Temi articolati e complessi, che necessariamente richiedono un’idea progettuale aperta e capace di esercitare un controllo su tutte le possibili implicazioni del progetto.
Per il futuro di questo ricco e articolato patrimonio architettonico sono imprescindibili, quindi, il dialogo interdisciplinare, lo studio e la condivisione di metodologie di analisi dei siti e dei loro contesti, la sottoscrizione di protocolli di monitoraggio e manutenzione, strategie mirate alla valorizzazione culturale, economica e sociale, progetti di restauro e riconversione ad uso civile (residenziale, sociale, culturale, produttivo, turistico) o militare. Conoscere per valorizzare le potenzialità originarie degli immobili potrà essere garanzia di interventi esemplari e di visibilità, ma potrà costituire un campo di sperimentazione per soluzioni edilizie innovative, uso di materiali compatibili, sistemi di impianto evoluti in grado di integrarsi con le caratteristiche materiche e tecniche delle costruzioni storiche, nel rispetto dell’identità di queste architetture.

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