Agevolazioni fiscali, così le Casse investono nell’economia reale

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Inarcassa ha ottenuto un credito d’imposta di 11,5 milioni di euro

Grazie alla legge 190/2014 gli enti previdenziali possono richiedere un beneficio fiscale qualora fossero presenti in portafoglio determinati investimenti particolarmente orientati al sostegno dell’economia reale. L’ammontare assoluto del credito d’imposta di cui si aveva diritto ad usufruire era pari al 6% dello stock di investimenti in quote di capitale o debito di società italiane o comunitarie operanti prevalentemente in ambito infrastrutturale – come nel turismo o nel settore energia e tlc – nonché in fondi che investissero prevalentemente in strumenti finanziari di società italiane o comunitarie non quotate. Gli investimenti oggetto di questo beneficio erano dunque riconducibili a investimenti in attività di carattere finanziario a medio/lungo termine orientati all’economia reale, in un momento nel quale l’intervento del sistema bancario a sostegno di queste categorie di impresa era fortemente limitato dall’attività di ristrutturazione dei patrimoni degli istituti finanziari. L’aliquota del 6% era stata individuata come differenza tra il livello corrente dell’aliquota sui proventi finanziari applicata nella misura del 26% e l’ammontare dell’aliquota sostitutiva nella misura del 20% (bonus fiscale del 6%), che costituiva la percentuale impositiva sui proventi finanziari delle Casse di previdenza prima dell’ultimo rialzo introdotto con la legge 23 giugno 2014, n. 89 (a sua volta innalzata dal precedente 12,5% con il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138). Per evitare investimenti ai soli fini speculativi, era fatto obbligo di detenere l’investimento per almeno cinque anni o, in caso di cessione o scadenza dello strumento prima del quinquennio, il corrispettivo conseguito doveva essere reinvestito entro 90 giorni in analoghe attività. La significativa presenza di investimenti collegati all’economia reale (titoli azionari quotati, fondi di private equity e di debito) nel portafoglio di Inarcassa, compatibilmente con i vincoli di rischio/rendimento fissati dall’Asset Allocation Strategica, ha permesso di utilizzare nel biennio 2015-16 investimenti rientranti nel perimetro oggetto di agevolazione fiscale per un ammontare pari a circa 200 milioni di euro. La Cassa ha dunque ottenuto il riconoscimento di un credito di imposta (utilizzato negli esercizi fiscali successivi a riduzione del carico fiscale) di circa 11,5 milioni di euro (sugli 80 milioni complessivamente stanziati dal governo a beneficio di tutti gli investitori istituzionali previdenziali di primo e secondo pilastro). Questi investimenti permarranno come asset immobilizzati almeno per cinque anni proprio per rispettare il criterio di sussistenza dei benefici fiscali richiesti. La normativa in materia si è successivamente evoluta con la legge di Bilancio 2017 che è andata a sostituire, abrogandola, la normativa sul credito di imposta, introducendo forme di agevolazione per l’impiego di capitale nei cosiddetti “investimenti qualificati”, cioè le azioni o quote di imprese residenti in Italia o in paesi UE-SEE (Spazio economico europeo) nonché le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio, ugualmente residenti nello Spazio economico europeo, che investono prevalentemente negli strumenti finanziari di seguito indicati.
 

Dati a fine dicembre 2017

 
In base alla nuova normativa è possibile destinare fino al 5% del patrimonio ad investimenti qualificati beneficiando dell’esenzione sui redditi di natura finanziaria (redditi di capitale e diversi) derivanti da questi investimenti a condizione che si detengano per almeno cinque anni. A differenza della previgente normativa, dunque, il perimetro dei cosiddetti investimenti qualificati si allarga, non essendo limitato ai settori prevalentemente infrastrutturali. L’agevolazione di cui si beneficia non è solo pari al 6% bensì all’intero 26% originariamente previsto (totale esenzione); ma il montante su cui applicare questa agevolazione non è più lo stock di investimenti realizzati (come nel caso dei recenti investimenti nel biennio 2015-16 da parte di Inarcassa) ma l’eventuale reddito prodotto dagli investimenti individuati (sotto forma di proventi e capital gains) e realizzati a partire dal 1° gennaio 2017. L’ammontare di questi investimenti non può peraltro eccedere il 5% del patrimonio (circa 500 milioni di euro a valori di patrimonio corrente nel caso di Inarcassa). Anche questa volta, in caso di rimborso o di scadenza dei titoli oggetto di agevolazione prima dei cinque anni, le somme conseguite possono essere reinvestite entro novanta giorni in altri strumenti finanziari di pari natura affinché non si perda l’agevolazione tributaria, che altresì viene meno in caso di cessione volontaria prima dei 5 anni di detenzione continuativa.
Anche in questo caso, nel portafoglio di Inarcassa sono stati individuati investimenti che rientrano nel perimetro indicato dalla normativa. Inoltre, il Consiglio di amministrazione dell’Ente ha deliberato lo scorso dicembre di richiedere il beneficio dell’agevolazione fiscale sui redditi futuri che si otterranno su una porzione di portafoglio (per il momento esclusivamente concentrata nell’ambito dei titoli azionari quotati sul mercato domestico) pari a circa 186 milioni di euro (circa l’1,8% del patrimonio). Nel recente passato si è ritenuto opportuno che la quota destinata agli asset reali italiani fosse piuttosto significativa all’interno del patrimonio della Cassa ma la sua composizione è stata comunque concepita in modo da non stravolgere il profilo di rischio/rendimento del portafoglio. In ogni caso, seppur cercando di ottimizzarne gli effetti dal punto di vista reddituale, il tema delle agevolazioni fiscali non può costituire l’unico presupposto per destinare ulteriori risorse verso gli asset reali italiani.  

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