Si rafforza la crescita in Italia ma pesa l'eredità della crisi

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Positivo il 2017 e buone le prospettive a breve, ombre dalla demografia per la crescita di più lungo periodo

Nel 2017 la crescita dell’economia mondiale è andata ben oltre le attese: sono infatti in gran parte rientrati i timori, che erano molto diffusi tra gli investitori ancora a fine 2016, per i potenziali effetti negativi sul quadro politico-economico internazionale di una serie di consultazioni popolari (referendum sulla Brexit, elezioni presidenziali negli Stati Uniti e in Francia, voto in Germania).

La crescita si è rafforzata anche nell’area euro. In Italia, i primi tre trimestri dell’anno e le anticipazioni sul quarto mostrano un’accelerazione della crescita dell’economia, che si lascia definitivamente alle spalle la più lunga recessione dal dopoguerra.

 
 


 

Nel 2017 e anche nel 2018 il Pil crescerà dell’1,5%, mezzo punto in più rispetto al biennio precedente.

Con questi numeri, alla fine del 2018 l’Italia recupererebbe la caduta del Pil causata dalla seconda recessione (2011-2013), ma rimarrebbe ancora distante rispetto ai livelli pre-crisi del 2008. Per completare il recupero, l'economia italiana dovrebbe accelerare ma la ripresa appare legata alle dinamiche del ciclo internazionale, soprattutto nell'area euro, piuttosto che a un rafforzamento della struttura produttiva del Paese. I ritmi di crescita della nostra economia, inoltre, continuano a rimanere inferiori anche nei confronti di quei Paesi, come la Spagna, colpiti in modo altrettanto pesante dalla lunga recessione. Diventa quindi importante, per la nostra economia, capire se la fase di crescita dell’area euro segnala l’inizio di un nuova fase.

Le tesi che si contrappongono sono due.

La prima sostiene che l’accelerazione del 2017 è “transitoria”, avrebbe cioè una natura ciclica, legata a un contesto esterno particolarmente favorevole (rafforzamento dell’area euro, politica monetaria espansiva e tassi d’interesse ai minimi storici, borse in recupero, prezzo del petrolio basso, politiche di bilancio di segno neutrale). Un’altra tesi, più ottimista, vede nella fase attuale i segnali di un nuovo periodo di crescita che avrebbe posizionato l’area-euro lungo un trend di crescita più sostenuto.

 

PIL NELLE MAGGIORI ECONOMIE E TREND DI LUNGO PERIODO

 

Fonte: Congiunturaref, n. 19/2017

 

 
 

Al momento, tuttavia, si può solo osservare che la produzione dell’area euro si è stabilizzata su valori inferiori di circa il 10% rispetto al trend pre-crisi, ma soprattutto che la Grande depressione ha approfondito le distanze tra Paesi, in particolare dalla Germania, che si è posizionata su un trend di crescita superiore a quello pre-crisi. Un ruolo importante nella crescita dell'economia tedesca è stato giocato dalle esportazioni e dalle costruzioni, ma anche, come è stato osservato da più parti, dall’aumento del flusso di immigrati (la Germania, con il 15% della popolazione, ha una quota di immigrati tra le più alte in Europa).

Le altre tre economie dell’area euro sono invece ancora lontane dai livelli pre-crisi. La Spagna, tuttavia, registra una ripresa più sostenuta, superiore al 3% in media annua. L’Italia, che già prima della crisi cresceva meno, si sta allontanando ancora di più in termini di sviluppo.

 
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È stato notato, ad esempio, che la Spagna ha in pratica raggiunto nel 2017 i livelli del Pil pro-capite dell’Italia, colmando in poco più di 20 anni un gap che era di 20 punti percentuali nel 1995.

Secondo recenti studi, anche del FMI, sulla minore crescita dell’economia italiana degli ultimi due decenni pesa anche il progressivo invecchiamento della popolazione; nel lungo periodo questi andamenti demografici, come illustrato nel successivo articolo, potrebbero ulteriormente ampliare le divergenze nel grado di sviluppo delle diverse economie dell’eurozona.

 

 

 

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