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Zocca: 7 Febbraio 1952 nasce un mito – Vasco Rossi

Vasco non usa il mio nome... Vittorio, ma mi chiama “Victoir” (chissà perché?) dal giorno in cui ci siamo conosciuti.
Lui aveva visto il mio progetto del MEUS, il Museo Europeo degli Studenti, del quale un amico comune gli aveva parlato. Poi venne a casa per vedere dall’alto lo skyline della città. Il giorno dopo, lo ricambiai accettando l’invito a visitare la sua sede operativa, in via dei Maceri, in uno scantinato poco luminoso di un piccolo e anonimo condominio.
 
Foto 1 - Casetta Eremo Foto 1: Casetta Eremo
 
La location, con le finestrelle in alto che prendevano poca luce da un cortile-parcheggio, era, a dire il vero, assai poco accattivante, oltre che scarsamente funzionale e sicuramente poco efficace per la creatività di un artista. Non era tecnologica, non era bohemien, insomma “non era”!

Foto 2: Casetta Eremo, interno


Era invece palese la sua necessità di un luogo diverso e stimolante. Fu una lunga chiacchierata che mi permise di focalizzare meglio quel Vasco che fino ad allora avevo conosciuto solo come “personaggio”.
Ogni suo “vorrei” esprimeva una esigenza pratica, ma sottendeva anche un bisogno emotivo.
Mi incaricò così di realizzare per lui una nuova sede molto vicina a quella dove ci eravamo incontrati in via dei Maceri la prima volta. Fu molto stimolante la progettazione di quegli spazi, in cui i pensieri, le emozioni, gli stati d’animo dell’artista si sarebbero trasformati nelle parole e nella musica che poi migliaia di persone avrebbero applaudito. Ed era eccitante per me l’idea che, seppure in piccolissima e remota parte, il mio lavoro avrebbe contribuito alla realizzazione di molte delle sue composizioni.
Ci volle circa un anno per realizzare quella sede, che lui disse essere magica, e che ancora oggi lo rende orgoglioso di avermi scelto come suo architetto.
Mentre il nostro rapporto si andava trasformando in un’amicizia che mi rendeva partecipe di quel mondo creativo che lo aveva fatto diventare un mito per migliaia di italiani di ogni età, Vasco mi affidò la ristrutturazione della sua abitazione detta “Eremo”. Conobbi sua moglie Laura, che mi affiancò nelle scelte più personali e il figlio Luca (creativo quanto Vasco nel mondo dell’immaginario!). Io stesso da quegli incontri uscivo con valori e trasformazioni che fino a un anno prima non erano immaginabili e per questo sento di dovere a Vasco la riconoscenza di avermi fatto crescere verso dimensioni nuove e inaspettate.
Intanto l’aspetto e le funzioni abitative della casa vennero modificate, adeguate come un vestito alla misura di chi l’abitava, come pure gli spazi esterni, consentendo a una famiglia speciale, libertà e privacy a un tempo.
Le tante confidenze che Vasco mi dedicava diventavano funzionali a realizzare quegli equilibri ambientali che si riflettevano nella sua essenziale e sintetica espressività creativa, capace, con poche e semplici parole, di raggiungere il cuore del suo pubblico.
Poco prima di spostarsi nella nuova abitazione di Bologna, mi fece realizzare una piccola dipendenza nel giardino: venne un vero gioiello (vedi foto 1 e 2 Casetta Eremo).
 
   Foto 3: Diabolik, edizione speciale
 
Utilizzò questa dipendenza solo per un attimo, perché la sicurezza della casa fattagli a Bologna sostituì quel magico ritiro che avevo pensato come la sua cellula creativa.
Al primo concerto al quale mi invitò, prima della esibizione mi volle accanto a lui negli spazi riservati e mi resi conto del privilegio che mi stava offrendo, ma capii anche che avermi vicino lo faceva sentire meno ansioso nell’attesa di comparire davanti ai 60/70 mila fan in adorazione.
Per quanto mi aveva raccontato della sua prima esibizione a Modena, non dimenticava che tra il pubblico di quindici o venti persone c’era un ragazzo che mentre lui cantava gli lanciava addosso delle palline di carta, e Vasco era riuscito a non reagire.
A volte, nel corso della messa a punto di qualche progetto, mi raccontava di come, già a quattordici anni, a Zocca, avesse creato piccole aggregazioni di ragazzi come lui animati dal desiderio di fare musica.
Nasceva così, ispirato dai gruppi inglesi, il primo insieme: “I Killers”, poi trasformatosi nei “Little boys”.
Nel 1973, comprendendo l’importanza della comunicazione creò “Punto Radio”, in cui era D.J. e comunicatore, condividendone con Massimo Riva e Gaetano Curreri le successive evoluzioni.
La musica pop diventava sempre più vicina alla vena creativa del gruppo che, rinominatosi “Le cinque lire”, fece uscire nel 1979 il primo disco “Non siamo mica gli americani”, in cui Vasco aveva composto uno dei pezzi divenuto poi pietra miliare della sua carriera: “Alba Chiara”, che in chiusura di ogni suo concerto il pubblico ancora oggi gli chiede.
Fra i miei ricordi c’è quello di avere regalato a Vasco un occhiale un po’ folle, ma adatto a lui: le lenti erano contenute in una montatura formata da due chitarre, che indossate lo suggestionarono molto.
Quando nel Natale del 2010 Vasco era a Los Angeles, mi mandò un selfie in cui portava quegli occhiali, accompagnato dai suoi auguri: “all’amico Victoir”.
Al rientro in Italia, quando preparò il concerto di Milano, mi fece la sorpresa di indossarli mentre proponeva Alba Chiara e alla fine li lanciò ai fan accalcati sotto al palco e non so se chi di loro li ha potuti prendere sia riuscito ad averli intatti, perché le mani alzate erano tante.
Negli anni a venire anche il suo orizzonte culturale si sarebbe ampliato, mentre la sua biblioteca si incrementava di testi di filosofia e psicologia. Parlandomi delle sue letture, intuivo che queste gli permettevano di allargare i suoi spazi di cultura espressiva, assimilando modalità comunicative molto più ampie rispetto al passato. Al suo fianco c’era l’amico Stefano Bonaga, docente di antropologia filosofica dell’ateneo bolognese e ottimo consigliere culturale. Quando i genitori di Vasco lo iscrissero al Collegio Salesiano di Modena, scappò, convincendo i genitori che voleva iscriversi a pedagogia e andò ospite da una sua zia che abitava nei pressi dei Giardini Margherita a Bologna; anche questa scelta di lì a poco lo riportò a Zocca, facendogli capire che il suo futuro sarebbe stato legato al mondo della musica. Oggi Vasco Rossi è un mito e, pur in un momento come quello attuale del Covid-19, è riuscito a rinnovarsi con un segno di vitalità fatto idealmente del suo incontro con Diabolik ed Eva Kant (sua fan sfegatata), pubblicando un’edizione speciale fuori commercio che mi ha dedicato (foto 3: Diabolik edizione speciale).
Il titolo è “Un colpo spericolato” e il fumetto ha per protagonisti Vasco, Diabolik ed Eva Kant.
A Vasco piacciono le visioni impossibili e le occasioni in cui può sorprendere le persone a lui vicine, come fece con me.
Quando stava scrivendo per Patty Pravo “E dimmi che non vuoi morire” (Sanremo 1997), sapendo che per me lei era un mito e che era stata la prima star a congratularsi con me per la realizzazione di un Piper Club con luci psichedeliche speciali che non aveva mai visto, non immaginavo che mi avesse convocato con un pretesto e che il vero motivo era quello di farmi incontrare Patty Pravo.
 
Vittorio Camerini e Vasco Rossi Vittorio Camerini e Vasco Rossi
 
Nella nuova sede, mio compagno di viaggio era stato Guido Elmi, che mi aveva affiancato nella creazione dello studio di registrazione e che era sempre stato suo produttore e manager, ma che il 31 luglio del 2017 volò in cielo, dando un grande dispiacere a Vasco che con lui aveva raggiunto i più alti livelli della musica italiana.
La grande capacità di Vasco è stata anche quella di mantenere coeso il gruppo che aveva creato a Zocca, aggiungendo la grande professionalità del suo staff ed avendo un coordinatore come Floriano Fini e una comunicatrice come Tania Sachs, che da Milano ha diretto con enorme capacità il percorso professionale del Blasco...
Se continueremo a scrivere di musica, nel prossimo articolo parleremo di Bologna “Città del jazz”, a testimonianza della vocazione dell’Emilia-Romagna, con la sua ampia schiera di personaggi della musica: Dalla, Pavarotti, Morandi, Zucchero, Carboni, Bersani, Guccini, Casadei, Cremonini, Curreri e tanti altri.

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