Cultura e tutela del paesaggio: un esempio di vincolo paesaggistico “vestito”

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A fronte di numerosi episodi di scarsa attenzione, talora di scempi, del paesaggio italiano, si devono segnalare alcuni interventi importanti, degni di nota, proposti dopo il 2008 dalle Soprintendenze per i beni architettonici e paesaggistici. Si tratta di importanti operazioni di tutela di ampi ambiti territoriali, di pianura, di alta collina, lacuali ecc., che, con l’emanazione del dispositivo ministeriale di tutela comprensivo del quadro normativo e cartografico che ne costituisce parte integrante, hanno sottratto dette aree al reale pericolo di usi impropri quando non addirittura a una possibile eventualità di trasformazione/alterazione incongrua.

La proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico, elaborata sulla base del dettato dell’art. 138 delCodice dei beni culturali e del paesaggio nasce dall’esame e dal riconoscimento di specifiche caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche proprie delle aree e/o immobili che abbiano significato e valore identitario del territorio in cui cadono, e contiene le prescrizioni, le misure e i criteri di gestione indicati dall’art. 143 (Piano paesaggistico) comma 3. L’iter attuativo che formalizza la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico richiesta dall’art.138 del Codice dei beni culturali e del paesaggio è piuttosto complesso se si considera che la dichiarazione istruita dalla Soprintendenza deve essere proposta alla Commissione regionale per il patrimonio culturale, istituita presso il Segretariato Regionale, secondo quanto disposto dal DPCM n. 171 del 29 agosto 2014 (Art. 33, comma 1 lettera L) e in una seconda fase essere esaminata dalla Commissione Regionale istituita presso la Regione di competenza.

Nel più ampio quadro delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico (i vincoli paesaggistici) emesse ai sensi dell’art. 138 del D. Lgs. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, sulla base di quanto statuisce l’art. 131 del Codice stesso, ovvero che il paesaggio “è costituito da un territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani, e dalle loro interrelazioni”, vi sono state alcune proposte di vincolo paesaggistico, da sud a nord Italia, di grande rilevanza in quanto dirette a stabilire una specifica disciplina di tutela, rispondente agli elementi peculiari e al valore di quegli specifici ambiti paesaggistici.

Mi riferisco alla proposta di vincolo del territorio comunale di Irsina, provincia di Matera; agli studi di progetti finalizzati alla valorizzazione culturale e ambientale della Val di Chianacome museo territoriale legato alla storia della bonifica idraulica; al progetto d’interesse regionale della Regione Toscana, per la tutela, la valorizzazione e la gestione del patrimonio culturale delle aree soggette a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 1497/1939, in particolare l’ambito della collina del comune di Monte San Savino (Arezzo); all’ambito paesaggistico del Parco Regionale dell’Abbazia di Monteveglio (Bologna) istituito con la Legge Regionale 14 aprile 1995, n. 39 e la cui disciplina di tutela è stata di recente definita.

In questa veloce e non esaustiva panoramica di azioni volte alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio, si devono ricordare le dichiarazioni del 2008-2009 e del 2010, messe a punto rispettivamente dalle Soprintendenze di Lombardia e Veneto. Mi riferisco, in particolare, alla dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area retrostante la riviera del lago di Garda per i comuni di Desenzano e Sirmione; alla dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area di Porta Ticinese, Parco delle Basiliche, piazza Vetra ed ex Conca del Naviglio ai sensi dell’art. 136 lettere c) e d) del D. Lgs. 42/2004; alla dichiarazione di notevole interesse pubblico delle piazze Bernini, Aspromonte, Guardi, Carlo Erba e Aspari ai sensi dell’art. 136 lettere c) e d) del D. Lgs. 42/2004. Si tratta di interventi molto importanti, finalizzati a una corretta gestione delle trasformazioni di detti ambiti, che tengono conto dei caratteri identitari e dei valori paesaggistici che li connotano. Ciò significa che l’attenzione è su aspetti e tipologie di intervento considerati particolarmente significativi rispetto alle finalità di tutela e di valorizzazione, nonché alla specificità delle aree oggetto della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

Nel 2009 l’allora Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso mise a punto la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area prealpina dell’Alta Marca Trevigiana compresa fra i comuni di Valdobbiadene (Treviso) e Segusino (Treviso) ai sensi degli artt. 138 comma e 141 del D. Lgs. 42/2004 e smi., che si concluse positivamente con l’emanazione del D. M. del 30 settembre 2010 ai sensi dell’art. 141 comma del D. Lgs. 42/2004.

Si è concluso positivamente anche l’iter dei nuovi 5 vincoli paesaggistici di Roma Capitale. Si tratta, più precisamente, della dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’ambito meridionale dell’Agro Romano compreso fra le vie Laurentina e Ardeatina; dell’agro romano orientale (Barcaccia) e dell’agro romano occidentale (Tenuta Gallesina e Torretta dei Massimi), pubblicati sui supplementi al n. 84 del BUR del 21 ottobre 2014; il vincolo paesaggistico dell’agro romano settentrionale (Casal del Marmo) è stato pubblicato sul n. 86 del BUR del 28 ottobre 2014.

Per ulteriori considerazioni e approfondimenti sono utili le relative relazioni paesaggistiche, con l’allegato perimetro dell’ambito territoriale decretato, e soprattutto la consultazione del sitap.beniculturali.it, con la cartografia in formato vettoriale del complesso dei beni paesaggistici tutelati ai sensi dell’art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il SITAP è il sistema webgis della Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee finalizzato alla gestione, consultazione e condivisione delle informazioni relative alle aree vincolate ai sensi della vigente normativa in materia di tutela paesaggistica.

 


Fig. 2. Travo (Piacenza), l’ambito fluviale del Trebbia
 

Un recente esempio di vincolo paesaggistico: l’area del Monte Pillerone - Castello di Montechiaro (Piacenza)

La proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di questa area compresa parte nel Comune di Travo e parte in quello di Rivergaro, in val Trebbia (Piacenza), era nata nel 2010-2011 di concerto con entrambe quelle Amministrazioni Comunali, sul cui territorio già esisteva un vincolo paesaggistico del 1 agosto 1985. Il nuovo vincolo non solo amplia il perimetro di tutela dichiarato con il precedente decreto del 1 agosto 1985 ex lege 431/1985, identificativo di un’area ma privo delle prescrizioni d’uso, bensì si configura come un vincolo “vestito”, ossia corredato delle norme e delle prescrizioni previste dall’art. 140 comma 2 del Codice (la dichiarazione di notevole interesse pubblico detta la specifica disciplina intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e dai caratteri peculiari del territorio considerato. Essa costituisce parte integrante del piano paesaggistico e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di dichiarazione o revisione del piano medesimo).

Il territorio è stato suddiviso in quattro ambiti: l’ambito fluviale; l’ambito del paesaggio agrario pedecollinare; l’ambito del paesaggio naturale agrario di collina; l’ambito del paesaggio agrario di collina. Il quadro di insieme si configura come un mosaico paesisticamente unitario, ma non monotono, di terreni coltivati, interrotto da masse boscate come quella, compatta e continua, presente sulle pendici del monte Pillerone. Il nuovo perimetro di vincolo risulta pertanto definito dai confini fisici degli elementi naturali (masse boscate, rii, bacini idrografici) e antropici, quali per esempio le infrastrutture stradali e i centri abitati che caratterizzano il territorio (figg. 1, 2).

 

Il contesto

Il territorio in argomento si configura particolarmente ricco di tradizioni agricole locali che le nuove tecnologie non hanno annullato. L’impianto fondiario rappresentato dai cabrei e dalla cartografia storica dei secoli XVII-XIX ha riscontri negli impianti catastali attuali, nella pressoché immutata dislocazione degli edifici rurali raggruppati, soprattutto negli ambiti pedecollinari. Il paesaggio è qui variamente diversificato da caratteri morfologici e naturalistici, ed è stato interessato da mutevoli processi di antropizzazione evidenziati dalle infrastrutture stradali.

La realtà storica, paesaggistica e architettonica di questo vasto ambito della val Trebbia ha precipui connotati. I principali elementi naturali che caratterizzano questo territorio sono le aree boscate, il sistema idrografico e quello dei crinali. Lungo il corso del fiume Trebbia e i due principali percorsi stradali costituiti dalla SS 45 e dalla SP 40, si distendono paesaggi locali di rilevante e peculiare valore ambientale, comprendenti il bosco del monte Pillerone, un reticolo stradale storico, un diffuso sistema insediativo storico, costituito da castelli e da un articolato sistema di architetture composto da nuclei di interesse storico-testimoniale e storico-tipologico di edilizia rurale. La massa boscata, unitamente alla morfologia del Pillerone (600 m s.l.m.), costituisce un elemento di grande visibilità rispetto alla prima fascia collinare della valle del Trebbia, percepibile da un vasto contesto circostante (fig. 3). Concorrono a caratterizzare questo quadro di insieme, presenze boschive in forma frazionata, e/o in formazioni lineari lungo le strade poderali, i canali e i corsi d’acqua, costituendo una integrata composizione tra paesaggio agrario ed elementi antropici (edifici rurali, residenza dominicale, chiesa). Il reticolo idrografico è qui caratterizzato dalla presenza dominante del fiume Trebbia che nasce in territorio genovese, entra in territorio emiliano nei pressi del comune di Ottone e prosegue nell’attuale provincia di Piacenza per sfociare nel Po dopo un percorso di 116 km.

I castelli di Statto, Travo, Scrivellano, Pigazzano e Montechiaro sono le strutture fortificate storiche più significative (figg. 4, 5). La presenza di un elevato numero di fortilizi superstiti in questa parte della media val Trebbia è testimonianza eloquente della politica viscontea di investiture feudali. Dal Rinascimento e, in particolare, dal 1545, Piacenza e il suo territorio entrarono a far parte dello stato farnesiano (1545-1731) creato da papa Paolo III per il figlio Pier Luigi. I Farnese, come noto, favorirono ampiamente l’aristocrazia locale, sicché alle antiche e potenti casate dei Landi e degli Anguissola, altre se ne aggiunsero, di più recente intitolazione.

L’importanza dei castelli di Pigazzano, Scrivellano e Montechiaro, antichi possedimenti degli Anguissola, è attestata da una grande carta manoscritta del 1625, elaborata da Alessandro Bolzoni ingegnere e architetto di casa Farnese, autore anche di un trattato, ancora manoscritto, Dell’Architettura(1610).

Nucleo storico è anche quello di Montechiaro, sull’omonimo colle, in comune di Rivergaro. Il castello Anguissola, poi Morando, di Montechiaro (fig. 5), aveva funzione strategica di sbarramento della valle e aveva un alto valore difensivo sia per le incursioni da monte verso sud, sia da valle, verso nord. Fra Sei e Settecento la media valle del Trebbia cominciò a divenire ambito territoriale privilegiato per la residenza suburbana della locale aristocrazia. A Rivergaro capoluogo, il marchese Ranuzio Anguissola, sul volgere del Settecento, promosse la trasformazione dell’antico maniero in villa, dotandola di una grande parco.

All’inizio dell’Ottocento fu progettata la Route 212 che collegava Piacenza a Genova, via Bobbio. I lavori, avviati in età napoleonica, furono portati avanti da Maria Luigia nel tratto a valle, e dai re di Sardegna nel tratto da Bobbio a Genova. Il cantiere, documentato fino al 1857, ha di fatto delineato l’asse viario della attuale SS 45, tracciato portante della val Trebbia.

Oltre alle emergenze religiose e alle architetture auliche –i castelli di Pigazzano e di Montechiaro – si registra la presenza di caseggiati minori dotati di un corredo di pertinenze a uso dei contadini. L’analisi della cartografia storica che fin dal Settecento è stata prodotta con sistematicità, restituisce la situazione del processo di frammentazione particellare, la presenza di insediamenti, strade, canali, mulini, edifici di servizio e altre strutture produttive, oltre gli usi del suolo e anche l’assetto distributivo delle proprietà e, per alcune epoche, soprattutto per il XIX secolo, registra anche la presenza di elementi minuti e di dettaglio, come alberi, filari, ponti, caratteri costruttivi della rete stradale. L’analisi di questo materiale ha permesso l’individuazione dei sistemi funzionali storici esistenti sul territorio soprattutto nel XVIII e XIX secolo. Lo studio della cartografia storica, delle mappe e dei cabrei dei possedimenti dei casati Anguissola, Scotti e Morando, attesta che il sistema insediativo storico è disposto o lungo la principale direttrice fluviale del Trebbia o situato in corrispondenza della fascia che include la zona pedecollinare (Scrivellano, Pigazzano in comune di Travo; Montechiaro e Rallio in comune di Rivergaro).

 

 
Fig. 1. Tavola con l’individuazione dell’area oggetto del vincolo paesaggistico

 

 

Fig. 3. Il monte Pillerone visto da Montechiaro

 

 

Fig. 4. Statto (Piacenza), il castello Anguissola
e il paesaggio visti da sud, dalla strada Provinciale 40

 

 

Fig. 5. Montechiaro (Piacenza), il castello
Morando visto da ovest dalla Statale 45


 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

Per concludere

Il notevole interesse pubblico di questo vasto territorio attraversato dal corso del fiume Trebbia, è determinato dalla mutevole varietà del paesaggio agrario, nel suo articolarsi in quattro distinti ambiti: fluviale, di pedecollina, naturale di collina e naturale agrario di collina. All’interno di questi quattro specifici ambiti di paesaggio sussistono importanti sistemi storici insediativi, come quello di Montechiaro, dove la struttura fortificata ha il corredo degli edifici di servizio, del giardino, dei campi coltivati, della vigna. In alcuni borghi gli impianti architettonici storici sono legati tra loro da relazioni simboliche più che fisiche come nel caso della chiesa parrocchiale di S. Ilario a Rallio e dell’oratorio di S. Giuseppe ad Acquesio sotto, manufatti religiosi che, emergendo a distanza sul territorio, ne identificano lo storico nucleo abitato. In altri casi tali relazioni comunicative tra i vari impianti architettonici storici sono fondamentalmente affidati ancora alla vecchia rete stradale interpoderale. Il paesaggio di questi specifici contesti territoriali è quindi sottolineato da una rete relazionale che segue gli schemi di comunicazione e di scambio determinati dai vecchi tracciati stradali.

Lo storico insediamento antropico in questi specifici ambiti di paesaggio ha contribuito a meglio definire le singole caratteristiche insediative di ognuno, soprattutto in relazione al diversificarsi delle caratteristiche morfologiche delle aree insediate. In particolare, per ciò che riguarda gli insediamenti dei castelli, il territorio offre un chiaro esempio di come le strategiche localizzazioni di questo tipo di impianti abbiano trovato una più che giustificata correlazione tra l’assetto orografico e morfologico delle aree e i sistemi di collegamento tra i diversi versanti dell’Appennino piacentino. Tale assetto, che nel Settecento e nell’Ottocento ha acquisito una sua definitiva sistemazione con l’insediamento delle ville padronali che più di ogni altro sistema insediativo hanno contribuito a relazionare le parti di territorio agricolo tra loro, è stato, nel corso del Novecento, progressivamente alterato dai nuovi modelli insediativi che si andavano diffondendo nella campagna (fig. 6). L’uso incondizionato dei repertori tipologici e costruttivi legati ai processi della standardizzazione, infatti, ha prodotto un generale, costante e diffuso processo di svilimento delle caratteristiche storico culturali e identitarie dei luoghi, che tuttavia, nell’area in questione, contano episodi relativamente limitati per la continuità nelle modalità di produzione delle aziende agricole, legate a specifiche e specialistiche destinazioni d’uso del suolo agricolo. È soprattutto nei borghi storici maggiori dell’area in argomento che si avverte, più che altrove, il processo di trasformazione della morfologia insediativa, fenomeno dovuto principalmente all’incremento dell’urbanizzazione registrata soprattutto dall’ultimo dopoguerra ad oggi, specialmente lungo la direttrice della SS 45. In tali specifici contesti, risulta evidente la tendenza a determinare la forma insediativa, residenziale e produttiva, modulata su una ripetitiva tipologia architettonica e costruttiva che, nel dilatarsi sulle aree in fase di urbanizzazione, compromette la riconoscibilità dei luoghi storici e soprattutto del rapporto che intercorre tra questi e il contesto paesaggistico a cui sono strettamente correlati per significati simbolici e forma. La dichiarazione di notevole interesse pubblico, che rinnova e sostituisce il precedente vincolo di cui al D. M. del 1.08.1985, si pone pertanto l’obiettivo precipuo di contenere il dilagare indifferenziato del processo insediativo in atto, regolando tale processo in rapporto alle specifiche vocazioni definite nei singoli ambiti, al fine di garantire la conservazione di aree agricole che costituiscono il contesto tradizionale territoriale con la sua caratteristica di natura semicollinare e collinare, di paesaggio ondulato punteggiato di castelli e di edifici rurali.

Gli edifici storico monumentali più significativi (castelli, chiese ed edifici rurali) sono sottoposti a disciplina di tutela diretta. Si è così definito un sistema di tutela integrato che unisce tra loro, in modo correlato e compenetrato, le disposizioni di tutela monumentale con quelle della salvaguardia del contesto paesaggistico più largo. Significativo, a tale riguardo, è il caso del castello Morando di Montechiaro, dove il già definito provvedimento di tutela monumentale diretta non garantisce da solo la salvaguardia dei caratteri paesaggistici dell’invaso del fiume Trebbia e del monte Pillerone. Diviene quindi importante tutelare il sistema percettivo che si impernia sullo storico maniero e sul prospiciente monte Pillerone. Proprio per tutelare la valenza paesaggistica dei singoli ambiti la Soprintendenza ha redatto un apparato normativo di prescrizioni d’uso articolato in base alle caratteristiche specifiche di ciascun ambito, a partire dal confronto con l’attuale quadro normativo, locale (PRG-PSC dei comuni di Travo e Rivergaro) e provinciale (PTCP della provincia di Piacenza). Il quadro normativo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17.12.2014. Le norme sono differenziate per ogni ambito e definiscono le modalità di intervento e di trasformazione del territorio rispetto ai differenti usi presenti, ovvero: uso agricolo e silvopastorale; uso per attività di urbanizzazione; uso residenziale; uso produttivo, commerciale e terziario; uso turistico, sportivo e culturale; uso tecnologico; uso infrastrutturale e assetto vegetazionale. L’obiettivo è quello di garantire una trasformazione compatibile e rispettosa dei contesti paesaggistici esistenti, da cui la necessità di delineare una serie di parametri vincolanti, sia di tipo quantitativo – come ad esempio l’indicazione degli indici fondiari, dell’aumento massimo delle volumetrie rispetto allo status quo, delle altezze degli edifici ecc. – sia di tipo qualitativo – come nel caso della definizione delle tipologie edilizie, dei materiali costruttivi, delle finiture superficiali ecc. – tesi alla valorizzazione dell’intero territorio oltre che alla sua conservazione. 

 
Fig. 6. Fiorano di Travo (Piacenza), villa Tirotti

 
 
 
 
 
 
 

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