L'esperienza, Grazia Ambrosio
Grazia Ambrosio è stata assunta a Inarcassa il 1° dicembre 1977. È una delle colonne portanti dell’Associazione con una lunghissima esperienza all’interno dell’Ufficio Prestazioni. Ci racconta come è cambiata nel tempo l’Associazione e – con essa – il suo lavoro
Come è iniziata la sua carriera a Inarcassa? «Quando sono stata assunta l’ente aveva un altro nome. Aveva anche uno status giuridico diverso e diversa era anche la sede: quella storica di via Rubicone 11. Ero molto giovane: Il concorso a Inarcassa venne pubblicato il giorno del mio diciottesimo compleanno. Le prove si svolsero l’anno dopo in prossimità della Maturità ma decisi di provarci comunque e sostenni le prove selettive. E venni assunta».
Come è cambiata la Cassa in questi decenni? «Le pratiche un tempo erano gestite manualmente. Poi si decise di affidarsi a un centro meccanografico per coordinare le attività degli impiegati con un numero di iscritti in crescita. Le norme erano molto semplici ma tutto cambiò nel 1981 con l’emanazione di una nuova normativa che rese più articolata la gestione della Cassa. Nel 1988 la struttura venne spostata nell’attuale sede e a ogni impiegato fu dato un pc, una rivoluzione. Altro passaggio chiave nel 1996 con la trasformazione in associazione privata. I dipendenti hanno avuto all’epoca la possibilità di rientrare nel pubblico. Ma, come me, molti non lo fecero».
Com’è cambiato il suo lavoro? «Appena assunta venni destinata all’Ufficio Prestazioni che si occupa di pensioni. Sono rimasta lì fino a oggi. All’inizio il lavoro era di tipo esecutivo. Nel 1991, dopo aver superato un concorso della Cassa, iniziai a occuparmi del processo istruttorio dei trattamenti previdenziali. Ciò mi consente di aiutare gli iscritti a Inarcassa. Certo, con il passare del tempo è difficile anche vivere il cambiamento con leggerezza, ma ho sempre guardato avanti senza farmi abbattere».
Che cosa ha rappresentato nel tempo per lei Inarcassa? «Ha rappresentato una gran parte del mio vissuto, sia dal punto di vista umano che professionale. È stata una vera palestra di vita. A 19 anni ho dovuto capire che i colleghi non erano compagni di scuola o insegnanti. Nel corso degli anni Inarcassa ha accompagnato la mia vita. È stata e continua a essere una bella esperienza. In 40 anni di lavoro non mi è mai mancato l’entusiasmo. Mi ritengo privilegiata perché ho lavorato in un’Associazione funzionante che si è sempre rinnovata.
Soddisfazioni e qualche rimpianto. «Ho la fortuna di svolgere un lavoro che mi è sempre piaciuto. Inoltre, sapere di essere stimata dai colleghi e dal mio Responsabile è importante. A posteriori forse non sarebbe stato sbagliato cambiare attività, sempre all’interno di Inarcassa, e conoscere altre realtà, per avere una visione più ampia».
Oggi i giovani vivono grosse difficoltà nel mondo del lavoro. Un consiglio? «Devono mettersi in gioco e cercare di raggiungere i loro obiettivi. Capisco che non è semplice, ma non lo era nemmeno ai miei tempi. Tenacia e realismo sono gli elementi che premiano. Inoltre, devono fare tesoro delle indicazioni di coloro che hanno una collaudata esperienza nel settore. Far proprie le conoscenze che vengono trasmesse è un privilegio da cogliere ». ■
Come è iniziata la sua carriera a Inarcassa? «Quando sono stata assunta l’ente aveva un altro nome. Aveva anche uno status giuridico diverso e diversa era anche la sede: quella storica di via Rubicone 11. Ero molto giovane: Il concorso a Inarcassa venne pubblicato il giorno del mio diciottesimo compleanno. Le prove si svolsero l’anno dopo in prossimità della Maturità ma decisi di provarci comunque e sostenni le prove selettive. E venni assunta».
Come è cambiata la Cassa in questi decenni? «Le pratiche un tempo erano gestite manualmente. Poi si decise di affidarsi a un centro meccanografico per coordinare le attività degli impiegati con un numero di iscritti in crescita. Le norme erano molto semplici ma tutto cambiò nel 1981 con l’emanazione di una nuova normativa che rese più articolata la gestione della Cassa. Nel 1988 la struttura venne spostata nell’attuale sede e a ogni impiegato fu dato un pc, una rivoluzione. Altro passaggio chiave nel 1996 con la trasformazione in associazione privata. I dipendenti hanno avuto all’epoca la possibilità di rientrare nel pubblico. Ma, come me, molti non lo fecero».
Com’è cambiato il suo lavoro? «Appena assunta venni destinata all’Ufficio Prestazioni che si occupa di pensioni. Sono rimasta lì fino a oggi. All’inizio il lavoro era di tipo esecutivo. Nel 1991, dopo aver superato un concorso della Cassa, iniziai a occuparmi del processo istruttorio dei trattamenti previdenziali. Ciò mi consente di aiutare gli iscritti a Inarcassa. Certo, con il passare del tempo è difficile anche vivere il cambiamento con leggerezza, ma ho sempre guardato avanti senza farmi abbattere».
Che cosa ha rappresentato nel tempo per lei Inarcassa? «Ha rappresentato una gran parte del mio vissuto, sia dal punto di vista umano che professionale. È stata una vera palestra di vita. A 19 anni ho dovuto capire che i colleghi non erano compagni di scuola o insegnanti. Nel corso degli anni Inarcassa ha accompagnato la mia vita. È stata e continua a essere una bella esperienza. In 40 anni di lavoro non mi è mai mancato l’entusiasmo. Mi ritengo privilegiata perché ho lavorato in un’Associazione funzionante che si è sempre rinnovata.
Soddisfazioni e qualche rimpianto. «Ho la fortuna di svolgere un lavoro che mi è sempre piaciuto. Inoltre, sapere di essere stimata dai colleghi e dal mio Responsabile è importante. A posteriori forse non sarebbe stato sbagliato cambiare attività, sempre all’interno di Inarcassa, e conoscere altre realtà, per avere una visione più ampia».
Oggi i giovani vivono grosse difficoltà nel mondo del lavoro. Un consiglio? «Devono mettersi in gioco e cercare di raggiungere i loro obiettivi. Capisco che non è semplice, ma non lo era nemmeno ai miei tempi. Tenacia e realismo sono gli elementi che premiano. Inoltre, devono fare tesoro delle indicazioni di coloro che hanno una collaudata esperienza nel settore. Far proprie le conoscenze che vengono trasmesse è un privilegio da cogliere ». ■
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