Il Report SocialeQuando i numeri non bastano

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Il nuovo documento “racconta” i valori di Inarcassa e comunica gli impegni assunti e le strategie

Alla tradizionale filiera di rendicontazione mancava un tassello importante che parlasse non solo attraverso il rigore dei numeri ma con la passione dei valori in cui crediamo. Sono questi i presupposti su cui si sviluppa il Report Sociale, avviando un processo di comunicazione che contemperi la volontà di condividere valori e strategie con il desiderio di descrivere gli impegni assunti e la valenza delle azioni poste”. Parole, quelle del Presidente di Inarcassa Giuseppe Santoro, che raccontano perché l’Associazione ha voluto, nel sessantesimo anno di attività, far uscire il “primo numero” del proprio Report Sociale. Un atto volontario, in assenza di obblighi specifici in materia, frutto dei valori e dei convincimenti degli amministratori, come tante altre scelte importanti del passato; dall’introduzione dell’Asset Allocation a quella del Risk Manager e della Banca Depositaria.
 
La stessa denominazione di “Report” ne vuole sottolineare il carattere volontario mettendo in evidenza, al tempo stesso, la determinazione ad avviare un processo di comunicazione che offra ai lettori una prospettiva diversa e complementare rispetto a quella dei bilanci tradizionali. È l’avvio di un percorso che, attraverso i suggerimenti e i feedback degli stakeholder, si auspica possa contribuire alla reciproca consapevolezza, alla diffusione della partecipazione e del senso di appartenenza, a sostegno della mission e degli interessi delle categorie. Motivazioni peraltro sottese al generale processo di evoluzione delle rendicontazioni, legato a fattori quali l’evoluzione del concetto di stakeholder, la globalizzazione, la crescita tecnologica. Molto spesso, oramai, a fronte di prodotti di mercato con caratteristiche tecniche molto simili, ciò che fa la differenza e orienta il consumatore verso un competitor piuttosto che un altro è la qualità dei servizi offerti. Così, a fianco dei classici parametri di magazzino, subentra l’esigenza di valutare anche i cosiddetti “intangibili”, elementi che sfuggono ai classici metodi di misurazione. I bilanci tradizionali non riescono ad assolvere a questa funzione e questo ha determinato il diffondersi di rendicontazioni di tipo diverso, sociale, di mandato, di genere; tutte con l’obiettivo di complementare il linguaggio dei numeri con quello dei valori. Un tema che, in generale, non può non essere sentito da chi opera nel campo dei servizi, a maggior ragione se connessi a valori primari e costituzionalmente tutelati, come nel caso della previdenza e dell’assistenza.
 
La privatizzazione, un’opportunità a due facce
In questo primo numero del Report Sociale, Inarcassa, in poco meno di cinquanta pagine, racconta se stessa dalle origini ad oggi, con un focus sulla privatizzazione. Un momento di forte riconoscimento per le categorie professionali che, tuttavia, ha avuto una valenza molto significativa anche per lo Stato. Il Governo Ciampi, infatti, aveva stimato che la sua attuazione avrebbe consentito di ridurre le previsioni di spesa, nel solo triennio 1994-1996, per 240 miliardi di lire1 (circa 183 milioni di euro).
Si trattava di una svolta importante nel panorama della previdenza italiana, che ha visto la riorganizzazione del settore in un mix di autonomia e visione policentrica dell’ordinamento, fondata su un forte pluralismo sociale, istituzionale, politico ed economico. Ciononostante, la Pubblica Amministrazione ha mostrato, nel tempo, una sorta di diffidenza verso questo riconoscimento, che pure era stato legislativamente sancito e mai modificato. Un atteggiamento che traspare dalla contraddittorietà tra la volontà del legislatore e i successivi provvedimenti di matrice governativa o amministrativa, che hanno coinvolto le Casse in un’altalenante inquadramento tra il pubblico e il privato. Nascono private perché non possono ricevere garanzie o finanziamenti pubblici, diventano pubbliche nel momento in cui, in nome della “spending review”, sono chiamate a versare allo Stato le economie della gestione. La Corte costituzionale, nelle sue pronunce, ha invece sempre sostenuto2 la “scelta di dotare le Casse di previdenza di un sistema di solidarietà endo-categoriale basato sulla comunanza di interessi degli iscritti”, un sistema nel quale ogni libero professionista, attraverso la contribuzione, concorre alla previdenza dell’intera categoria e che trova nella sostenibilità uno dei principi cardine della mission.
 
Stazione Flüelen, la “porta” nord della Galleria di base del Gottardo. Foto Swiss Travel System
 
 
Sostenibilità a tutto tondo
“L’utilizzo di una prospettiva diversa da quella economica e dal mero calcolo attuariale è anche l’occasione per declinare nuovi spunti di riflessione, nel quadro del mandato elettivo che ci è stato affidato e che raramente abbiamo potuto illustrare nei bilanci annuali“, spiega Santoro. Ma cosa vuol dire oggi essere sostenibili? Anche questo è un concetto che ha subito una profonda trasformazione. Alla salvaguardia del capitale economico si sono aggiunte quella del capitale umano (gli individui e la società) e di quello naturale (le risorse naturali e l’ambiente). Essere capaci di migliorare in modo durevole gli indicatori economici non basta più. Il presupposto dello sviluppo è quello di saper garantire alle generazioni future lo stesso capitale di quella attuale (equità). Comunemente, quando si parla della sostenibilità delle Casse, lo si fa in termini prettamente economici, accezione che sottende anche l’attuale sistema di controllo esterno. Tuttavia, nello svolgimento della mission, gli amministratori non possono non tener conto di tutte e tre le componenti: economica, ambientale ed equitativa. Gli aspetti economici trovano spazio nei rendiconti annuali e nelle proiezioni di lungo periodo dei bilanci attuariali, chiamati ad attestare l’equilibrio dei conti. Quelli ambientali misurano sia le ricadute dirette del welfare sul benessere degli associati e delle loro famiglie sia gli effetti positivi che gli stessi associati assicurano, tramite gli investimenti della propria Cassa, al Paese. Quelli equitativi, infine, sono imprescindibili nella gestione del welfare anche in ragione delle ricadute intergenerazionali. Il Report Sociale racconta come, nel corso del tempo, Inarcassa ha declinato il principio dello sviluppo sostenibile all’interno della vision, dei valori e dei singoli obiettivi operativi.
 
Conti in sicurezza
Gli anni Duemila hanno visto il tema della sostenibilità economica al centro dei dibattiti dell’Associazione. L’evoluzione del contesto di riferimento rendeva necessario introdurre un sistema che garantisse l’equilibrio permanente dei conti e, con questo, la certezza del pagamento delle prestazioni future alle giovani generazioni. L’andamento di alcune variabili demografiche e socio-economiche – quali il progressivo invecchiamento della popolazione, la discesa del tasso di natalità e la flessibilità del mercato del lavoro – metteva in difficoltà i sistemi previdenziali di tipo tradizionale. Su queste basi è nata la riforma del 2008, con l’obiettivo di rispettare gli obblighi normativi, garantire pensioni adeguate e introdurre nuove forme di welfare a tutela di una popolazione sempre più vecchia. I provvedimenti successivi, conseguenti alle regole imposte dal Governo Monti con la riforma Fornero, non hanno quindi trovato la Cassa impreparata ed hanno costituito un’imperdibile opportunità di stabilizzazione dell’economia del Paese, rispetto alla quale le Casse hanno fatto la loro parte garantendo la solidità e l’equilibrio della previdenza privata.
 
Dettaglio della Galleria di base del Gottardo. Foto Swiss Travel System
 
 
Ma non solo…
Il 2012 è stato l’anno in cui si è passati dal metodo di calcolo retributivo a quello contributivo in base prorata, assicurando l’equilibrio economico e finanziario della Cassa a 50 anni senza però dimenticare le valenze solidaristiche del sistema retributivo. “Crediamo nel bene comune, un bene fondato sulla solidarietà e la condivisione”, sostiene il Presidente. Una riforma ispirata a principi di adeguatezza, equità e solidarietà, come testimoniano istituti quali il mantenimento, a determinate condizioni, delle pensioni minime; la destinazione di parte del contributo integrativo ai montanti pensionistici; il riconoscimento di un accredito figurativo per agevolare i giovani professionisti e l’introduzione del contributo volontario, teso ad accrescere la prestazione previdenziale. Un provvedimento che ha introdotto, a garanzia della solidarietà e dell’equità infra e inter generazionale, la rivalutazione dei contributi attraverso la rivalutazione biennale del tasso, nel rispetto della sostenibilità di lungo periodo, con parte del rendimento realizzato sul patrimonio della Cassa. Ma l’equità non è un valore da applicare solo ai rapporti tra generazioni. Al contrario è un principio fondante anche nella gestione dei rapporti, tra e con gli associati. Al coraggio delle riforme, non certo indolori per categorie pesantemente segnate dalla crisi economica, non può infatti non contrapporsi il rigore nella verifica del rispetto degli adempimenti contributivi. Il mancato versamento degli importi dovuti, specialmente in regime contributivo, mette a rischio la pensione futura. La previdenza è però una conquista sociale irrinunciabile, una forma di risparmio che investe sulla continuità sostanziale del tenore di vita. In questo senso è una regola che vale per tutti, il cui mancato rispetto, oltre a rappresentare un danno per chi non adempie, configurerebbe, se non gestito con le giuste leve, un ingiustificato privilegio nei confronti di tutti coloro che, con fatica, curano puntualmente i propri obblighi.
 
Le ricadute “ambientali” della gestione: welfare e finanza
Agiamo con la consapevolezza di dover dare risposte concrete a bisogni reali. Non per un giorno ma durante tutto l’arco della vita. La consapevolezza dei cambiamenti demografici e della professione ha indotto, negli amministratori, la convinzione che il welfare non sia soltanto un indispensabile strumento di protezione sociale, ma possa rappresentare, attraverso la cura della salute e del benessere della persona, un sostegno al mercato del lavoro e, conseguentemente, un volano per sostenere la crescita. Da erogatore di pensioni Inarcassa si è trasformata in un vero e proprio operatore di Welfare. Molti sono i servizi mirati alla sicurezza sociale, alla tutela sanitaria e al sostegno della libera professione, in favore di una popolazione cresciuta di numero e tendenzialmente più “proletarizzata”.
Ogni anno vengono impiegati nel “welfare integrato” circa 100 milioni di euro. Si tratta di interventi che mirano a correggere la persistente asimmetria che oggi esiste, nell’erogazione delle coperture, tra professionisti e lavoratori dipendenti. Asimmetria che trova le sue origini nella mancanza, a livello nazionale, di politiche assistenziali per i liberi professionisti. Si è voluto costruire un sistema di garanzie che ambisce ad accompagnare il professioni sta, non solo durante la sua carriera professionale ma anche e soprattutto nella fragilità che caratterizza le fasi più avanzate della vita. La copertura, negli anni, si è sempre più arricchita di misure socio-sanitarie, attenta ai giovani e alle donne; ricca di servizi finanziari e di accesso al credito, di sussidi e altri strumenti di sostegno perché il welfare, come si sa, non è un concetto statico. Alle ricadute “ambientali” del welfare sul benessere degli associati e delle loro famiglie, i cui impatti sono rilevabili nella sezione del Report dedicata agli indicatori, si aggiungono, con effetto sul Paese, quelle derivanti delle attività di investimento della contribuzione. Inarcassa è un investitore istituzionale che considera la finanza al servizio della previdenza e la interpreta con la lente di chi, nelle proprie strategie, deve bilanciare il rischio degli investimenti e il rischio del Paese con il perseguimento di obiettivi di lungo periodo. Il patrimonio, che ha superato i 10 miliardi di euro e che significa assistenza, sostegno e protezione, è garanzia della tenuta del sistema e rappresenta la cerniera ideale che lega le diverse generazioni.
 
Lo storico trenino nei pressi della stazione Alp Grüm lungo la Ferrovia retica. Foto Ferrovia retica
Il paradosso fiscale
Nonostante il ruolo fondamentale che il patrimonio riveste l’attuale sistema fiscale, che ne tassa i rendimenti, riserva alle Casse un trattamento di minor favore rispetto a quello previsto per i Fondi pensione. Siamo quindi di fronte ad una evidente e poco comprensibile penalizzazione della previdenza privata obbligatoria rispetto a quella su base volontaria, che peraltro assolve ad una funzione integrativa. Un’asimmetria, anche in questo caso, che sottrae risorse alla progettazione di un welfare integrato e allargato del quale le categorie, indebolite e “proletarizzate” dall’attuale congiuntura, avrebbero bisogno per cercare di far fronte ad una delle peggiori crisi che abbia mai investito il Sistema Paese. 
 



 

“L’attenzione agli aspetti economici non deve distogliere la nostra Associazione dal valore morale dell’impegno previdenziale. La tutela del futuro pensionistico passa anche attraverso il benessere degli architetti e ingegneri liberi professionisti e il nostro operato sarà valutato non solo attraverso i numeri ma anche per come riusciremo a migliorare la qualità della vita dei nostri colleghi e delle loro famiglie. Ci aspettiamo, nel futuro, che il legislatore sappia assecondare il processo di evoluzione che le Casse hanno percorso e consentire loro di divenire efficaci “strumenti” di welfare per soddisfare i mutati bisogni dell’attuale società. Una società profondamente trasformata nella sua composizione demografica e di classi sociali, rispetto ai primi bisogni del dopoguerra, che furono di ispirazione per la fondazione delle Casse professionali”.

Arch. Giuseppe Santoro,

Presidente di Inarcassa

 

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