Come rilanciare gli studi d’architettura e d’ingegneria

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Un patto tra colleghi e politica per migliorare la qualità della vita e dare nuova linfa alla professione

Malgrado i recenti riconoscimenti del Fondo Monetario Internazionale, che accredita l’Italia di un incremento del Pil dell’1,6% nel 2018, il nostro rimane un Paese in crisi, penalizzato dall’eccesso di debito pubblico e dal basso tasso di occupazione. Da due decenni ormai, il territorio italiano, la sua organizzazione urbana, il suo sistema di servizi e mobilità sono sofferenti. All’interno dell’Unione europea il Belpaese è sceso nella graduatoria della “qualità della vita” rispetto a Stati ritenuti inferiori come la Spagna, il Portogallo e persino la Polonia. Per uscire dalla crisi economica più grave dell’ultimo secolo e ottenere il rilancio del Paese e delle condizioni di vita dei suoi abitanti, al sistema amministrativo italiano è quindi richiesto il passaggio da una gestione dell’emergenza, a una politica di generoso lancio di progettualità e di fiducia, che si traduca in un disegno organico, proiettato nell’arco di almeno due decenni, che ai sacrifici unisca riforme e investimenti.
 

Lago di Como, Villa d’Este, fotografia di Dario Fusaro

 
Tutto ciò richiede un rinnovato sentimento di appartenenza e di fiducia nelle capacità degli italiani nell’affrontare con successo anche le sfide di questo momento storico, come è sempre avvenuto nel passato. Gli “Stati generali” delle professioni del territorio ormai da due anni costituiscono l’unico tavolo comune a tutte le componenti della rappresentanza degli architetti e degli ingeneri. Adesso hanno l’occasione di proporre unitariamente alle forze politiche che si sono affrontate nella recente competizione elettorale di impegnarsi nel sostegno delle misure di medio e lungo periodo, anche con il coinvolgimento dei professionisti che, con l’esperienza e conoscenza tecnica delle problematiche complesse, consente loro di individuare le criticità prioritarie e fondamentali per il rilancio del Paese, attraverso un implemento sostenibile dell’industria delle costruzioni. Nella condivisione della necessità di ridurre al minimo il consumo del territorio, il rilancio del settore delle costruzioni rimane strategico per l’intera economia del Paese, anche in considerazione dell’immenso patrimonio di opere pubbliche, centri storici, periferie degradate e costruzioni produttive dismesse, da recuperare e riutilizzare. È necessario, quindi, chiedere a tutte le forze politiche di inserire nel programma di governo questo tema d’immensa portata, che è urgente e indispensabile lanciare, per garantire alle prossime generazioni un futuro qualitativamente migliore. Chi lo farà sarà ricordato nella storia del Paese, al pari dei grandi riformatori del passato. In merito al ruolo degli ingegneri e degli architetti, i temi sono molti e complessi, ma su tutti prevale la necessità di concordare una “moratoria” nel sistema di affidamento degli incarichi pubblici: un patto tra colleghi, liberi e dipendenti, con politica e pubblica amministrazione che consista – per un periodo di almeno 5-10 anni – nella rinuncia a un doppio lavoro per coloro che hanno già un reddito fisso da stipendio, a fronte di un analogo impegno nel sostegno del riordino delle retribuzioni pubbliche, anche attraverso comportamenti di lealtà fiscale da parte dei liberi professionisti. La pubblica amministrazione dovrebbe, inoltre, per lo stesso periodo, rinunciare ad attribuire gli incarichi in house, in funzione dell’accrescimento dell’efficienza dei procedimenti e dei controlli, nell’interesse pubblico della sopravvivenza degli studi d’architettura e d’ingegneria e dell’inserimento dei giovani nel mondo della produzione e del lavoro. Un tema che non si può risolvere nelle poche righe di questo articolo, ma che riguarda il presente di due generazioni di architetti e ingegneri e il futuro dell’intera categoria.  

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